The Iceman, recensione

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Introduzione: non si diventa freddi per colpa di troppe delusioni, si nasce di ghiaccio, è inutile provare a sciogliersi poiché sarà solo un lago di sangue. No, di lacrime

Ebbene, ritorniamo seriamente a rituffarci nel Cinema. Ché, a furia di dare ascolto alle vostre incitazioni a una normale socialità, stetti per perdere disgraziatamente la mia unicità, la mia umanissima peculiarità, la mia stramberia emozionale, ovvero la mia rara alterità. Cominciai addirittura a intristirmi e a smarrirmi nel porcile delle vostre paranoie da uomini e donne senz’alcuna qualità se non il pregio, poco fine, dell’esibizionismo più mendace del mercimonio scevro d’ogni originalità. Di conseguenza ne risentì la mia spontaneità, la mia gustosa ilarità, la mia serena, contagiosa giovialità. E stetti per imputridirmi nell’animo, trasformandomi in un italiano medio che ironizza sulle sfighe del prossimo, maltrattandolo come Fantozzi e ridendogli dietro.

Ora, per piacere, basta. Finiamola con gli zotici, con le diagnosi altrui a buon mercato da laboratorio, debbo avere in gloria, oh, miei avari e di spirito poveri, nientepopodimeno che il Falotico.

Chi mi vorrà avere, non dovrà più fare lo sciacallo della mia anima e non dovrà lucrare di sue folli elucubrazioni deliranti sulle mie normali anomalie da uomo fortunatamente savio in una società poco sana ove quasi tutti si spacciano per nobili e santi.

Ché, a forza di voler recitare anch’io il buonismo ipocrita, vi mancò poco che, l’altro giorno, m’iscrivessi a un corso di Cucina.

Tanto, se sei come Matt Damon di Hereafter, non sarà il mastro cuoco Antonino Cannavacciuolo che, insegnandoti a preparare le uova al tegamino, friggerà la tua indole da Charles Dickens, il maestro per antonomasia dei melanconici mai veramente fottuti.

No, non concimatemi nel fetore della maggioranza delle persone. Avvezza a spettegolare sul prossimo, perfino sugli amici, giocando agli spioni.

Sì, stasera appresi pure che si può visualizzare l’altrui stato su WhatsApp per controllare gli spostamenti delle ultime attività della propria persona. Non so se desiderata, amata o odiata oppure della propria persona in quanto spersonalizzata da troppi sguardi indiscreti e malfidati.

La gelosia scatena il voyeurismo e induce ai sospetti più malevoli. Sospetto fa rima spesso con piccola borghesia meschina, indagatrice delle tue, per l’appunto, emozionalità, delle tue sane intimità, della tua inviolabile privacy che va rispettata, a prescindere, senza patrie potestà di sorta. Sì, che c’entra la patria potestà?

La gente per l’appunto sospettosa oppure invidiosa, in una parola guardona, con la scusa di fare i tuoi interessi e proteggerti da contatti possibilmente dannosi, intanto lancia occhiate bavose.

Al che, violandoti loro, ti sentirai violato nell’amor proprio e i pensieri tuoi più alti s’abbasseranno, come quaglie spolpate, nella visione porcellesca da collettivo spogliatoio…

Detto ciò, dopo questa necessaria prefazione, passiamo alla vera e propria recensione.

Tratto dal romanzo omonimo di Anthony Bruno, sottotitolato The True Story of a Cold-Blooded KillerThe Iceman è a tutt’oggi l’unico film decente, anzi piuttosto bello, di Ariel Vromen.

La storia dell’involontario criminale assassino per la mafia, Richard Kuklinski (Michael Shannon). Da non confondere col Kevin Costner della successiva regia di Vromen, ovvero Criminal.

La storia di un pover’uomo che, trovandosi indebitato sino al collo, asfissiato dagli strozzini, cominciò ad accettare lavori poco puliti pur di non svelare i famigliari panni sporchi.

Quindi, vi prese gusto, come si suol dire. L’iniziale vizietto cattivo esplose in maniera detonante nella sua anima già irreversibilmente traviata e spogliata d’ogni purezza incontaminata.

Al che, fu assoldato per divenire un sicario spietato. Dei più freddi e letali. Da non confondere col materico, somigliante Frank Sheeran/De Niro di The Irishman.

Pur di salvare l’onore e i segreti, comunque piuttosto normali, di famiglia, Kuklinski perse ogni residua sua umanità in modo irreversibile. Disumanizzandosi, animalizzato, in un iceberg vivente.

Un colosso inscalfibile e insensibile. Cioè, un mostro creato da una società mostruosa che non gli permise altra scelta speranzosa.

Un gran bel film che vidi con mia madre al Festival di Venezia del 2012.

Raramente, in vita mia, guardai un film sul grande schermo con mia madre. Per di più a una kermesse.

Ne serbo un bel ricordo. Poiché mia madre sta invecchiando, si sta ammalando fisicamente e non so quanto ancora vivrà.

Rimembro qui anche il mio primo incontra con la seconda ragazza con cui ebbi una relazione non soltanto pura e platonicamente sentimentale.

Io e lei c’incontrammo vicino casa sua dopo che, per due volte consecutive, non mi presentai all’appuntamento al buio.

Invero, gironzolai in macchina nei pressi dei luoghi da noi concordati e designati per poterci vedere dal vivo.

In entrambi i casi, la scrutai, senza farmi da lei vedere, da dentro l’abitacolo. Ma poi preferii tirare dritto…

La terza volta, non so perché, mi fermai. Lei tentò, come si suol dire, di sciogliere il ghiaccio.

Anzi, mi disse testualmente:

– Ma tu sei un ghiacciolo, sei un fantasma? Non ti credo. Non ti faccio nessun effetto? Non provi un pochino di calore? Sei una persona in carne e ossa?

La prima volta che amoreggiamo, a un certo punto, lei si alzò dal letto stizzita ma ancor un po’ attizzata. Dicendomi, da screanzata, di scansarmi perché stette per venirne fuori una stronzata. Ah ah.

– Non sei qui. Non mi è mai successa una cosa del genere. Che cazzo sta succedendo?

Con estrema freddezza, conservando una calma olimpica, le risposi:

– Io non sento niente. Dimmi, tu, che succede.

– Ecco, appunto! Non accade una minchia.

Dunque lei rabbrividì, sebbene fosse ancora molto calda.

Insomma, per farla breve, Michael Shannon fu bravissimo, è un grande mezzo matto come me poiché Revolutionary Road Take Shelter la dicono lunga…

Di mio, invece, dopo troppe esperienze indubbiamente dure, esperii troppi patimenti e ora sono veramente durissimo.

Sono uguale a Mickey Rourke da giovane.

Rourke che, infatti, sognò per anni d’interpretare Kuklinski in un altro biopic.

Questa è una recensione sui generis e, sinceramente, sono stanco di confessare puntualmente il mio statuario diario da uomo che sa il fatto suo anche se non lo dà a vedere facilmente.

Se non vi sta bene, adesso ficco… lo stato di WhatsApp su Privato e vado a letto.

Domani, sarà una nuova giornata ove dovrò farmi il culo.

Quindi, finitela di cazzeggiare.

Altrimenti un giorno non avrete una lira a forza di fare i duri dei poveri. Ecco, sarete davvero poverissimi. E non troverete neppure una Winona Ryder che, fra una bolletta e un abbonamento a Netflix andato a puttane, vi manderà a fanculo con dolcezza.

Abbiate fede.

Poiché, se perderete tutto, farete come un tipo che conobbi.

Disse a tutti:

– Sempre me ne fotterò. E, comunque, Dio sta lassù per punire i miserabili se un giorno nella merda finirò.

Io lo guardai e gli confessai la verità:

– A essere sinceri, nella merda ci stai già. Credi che, nell’aldilà, farai meno la fine del baccalà?

Stette per saltarmi alla gola ma, poco prima di strozzarmi, mi urlò:

– Purtroppo, amico, mi hai detto la verità. Ti ringrazio!

– Eh già.

– Da domani, la finisco di farmi pigliare per il culo da gente che vivrà eternamente nella più retrograda mentalità, che un giorno piangerà e poi riderà per allentare la noia di sopravvivere, raccontandosi cazzate in gran quantità. E la finisco di credere che un messia mi salverà.

– Eh già.

Per molto tempo, fui preso per persona cattiva. Sì, perché rivelo, in tutta onestà, la condizione umana nella sua nudità. E sono troppo vecchio per dare retta al Cinema di Muccino e credere agli ecumenismi retorici propugnati dalle canzoni di John Lennon.

di Stefano Falotico

 

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