La notte e la città (NIGHT AND THE CITY), recensione del remake con ROBERT DE NIRO & JESSICA LANGE

nightcityfalo 61680388_10213740296124507_8424448295199309824_o

Ebbene, oggi parliamo de La notte e la città (Night and the City).

Seconda prova registica di Irwin Winkler (premio Oscar, storico, veterano produttore di Rocky e di molte pellicole di Martin Scorsese, fra cui Toro scatenatoQuei bravi ragazzi e, last but not least, il già leggendario The Irishman). Qui, come dicevamo, nuovamente dietro la macchina da presa dopo il suo esordio come director, avvenuto esattamente l’anno prima con Indiziato di reato.

Film patrocinato dallo stesso Scorsese. Il quale, in tale pellicola appena sopra citatavi, comparve in un piccolo cammeo. Allo stesso modo d’Indiziato di reato, avente per protagonista Robert De Niro, La notte e la città vede svettare il grande Bob come interprete principale. Sì, neanche a farlo apposta, nientepopodimeno che l’attore più significativo della filmografia scorsesiana stessa, ça va sans dire…

L’indimenticabile, sempiterno Travis Bickle di Taxi Driver. Chi, sennò?

La notte e la città è il misconosciuto, potremmo dire, rifacimento di un omonimo, bellissimo film con Richard Widmark, del ‘50, da noi ribattezzato I trafficanti della notte.

Tratto, così come l’originale, dal libro di Gerald Kersh. In tale occasione, adattato da Richard Price (writer di Seduzione pericolosaIl colore dei soldiRansomThe Night Of, quest’ultimo a sua volta diretto da Steven Zaillian, sceneggiatore di The Irishman), La notte e la città dura un’ora e trequarti e uscì nei nostri cinema con un anno di ritardo rispetto alla sua statunitense distribuzione. Ovvero, sui grandi schermi italiani, peraltro a release limitata, fu presentato il 5 Marzo del 1993.

La notte e la città fu ampiamente snobbato dalla Critica nostrana e, a tutt’oggi, è un film che, malgrado la presenza, come dettovi, di De Niro e anche di Jessica Lange (entrambi avevano appena lavorato assieme in Cape Fear – Il promontorio della paura), in effetti, pochissime persone, compresi i cinefili più incalliti o che si dichiarino tali, conoscono o hanno visto almeno una volta in vita loro.

A differenza però delle italiane critiche impietose che gli piovvero addosso, a dispetto dello scarsissimo successo di pubblico riscontrato qui da noi, negli States il film fu ben accolto e, a tutt’oggi, ottimamente considerato a livello critico. Infatti, viene reputato un remake alquanto rimarchevole e nient’affatto trascurabile. Tanto da aver riscosso, sull’aggregatore di medie recensorie metacritic.com, un lodevole per quanto certamente non entusiasmante 61% di voti positivi, ricevendo plausi assolutamente lusinghieri.

Sinceramente, riguardato col cosiddetto senno di poi e rivisto con più obiettività, sganciandoci temporalmente dall’epoca in cui, per l’appunto, il film fu rilasciato al cinema, poiché in quel periodo De Niro fu all’apice della sua gloria divistica e dunque La notte e la città, rispetto a pellicole ben più importanti da lui interpretate in quegli anni suoi mirabili, non poco sfigurò, tale film di Winkler non è per niente da buttare. Anzi…

Questa la trama:

un avvocaticchio scalcagnato e un po’ truffaldino, Harry Fabian (De Niro), un signore sbruffone, furbetto, logorroico, vanesio e volitivo, sta provando disperatamente a riciclarsi come promoter di pugili semifalliti. Al fine di redimersi da una vita piuttosto immorale, grama e meschina. Forse, sta invece paradossalmente, per l’ennesima volta, da menefreghista totale, tentando venalmente di racimolare soltanto della misera grana per riscattarsi da una personale situazione economica non propriamente esaltante. Difatti, il film si apre con un concitato piano sequenza che pedina il turbolento e scalmanato Fabian lungo le strade della convulsa metropoli newyorchese. E, pochissimi attimi dopo, la cinepresa si ferma vicino a una cash machine (il nostro Bancomat) mentre Fabian prova a prelevare qualche soldo dal suo conto in banca perennemente, diciamo, all’asciutto.

Il cosiddetto piatto piange… incarnante ed esemplificante la condizione della cosiddetta vita miserabile di un uomo poco moralmente retto e coscienzioso. Soprattutto della sua esistenziale tristezza tanto grottesca quanto, per noi incolpevoli spettatori, assurdamente ispiratrice, nei suoi confronti, di feroce simpatia fortissima e contagiosa.

Forse, l’unica salvezza per Fabian potrebbe essere rappresentata da Helen (Lange), la matura barista di un malfamato locale ove Fabian è avvezzo a recarvisi. Infatti, malgrado Helen sia sposata col burbero e suscettibile proprietario del bar, ha un debole per Fabian.

La vita di Fabian si schianterà e verrà trucidata in un vicolo cieco, metaforicamente e non?

Fabian, cioè, si salverà? In particolar modo da sé stesso oppure, nella notte più atrocemente buia, in un irreversibile abisso mortale precipiterà e sarà inghiottito in maniera ancora terribilmente più bugiardamente nera della sua vita perennemente insincera?

Ovviamente, non ve lo sveleremo.

Il film è fotografato magnificamente dal grande Tak Fujimoto (Il silenzio degli innocenti) e può vantare la firma, in colonna sonora, comunque qui poco memorabile, di James Newton Howard.

La notte e la città non è un grande film, Robert De Niro vi gigioneggia spesso in maniera un po’ fastidiosa e quasi artefatta, esibendosi in un one man show alla lunga un po’ irritante, propinandoci delle esagerate smorfie quasi peggiori rispetto a quelle da lui troppo caricate e sfoggiate in un altro remake con lui protagonista, ovvero il bruttino Non siamo angeli di Neil Jordan con Sean Penn e, nonostante nel cast siano presenti “comprimari” di lusso di tutto rispetto come Alan King, Jack Warden ed Eli Wallach, il film ha molti momenti, come si suol dire, di noia.

Sì, vero…

Ma non è un film del tutto fiacco. Molte atmosfere, per l’appunto suggestivamente notturne di questa New York cinicamente amorale e torbida, bazzicata nel suo sottobosco, perlopiù, da piccoli grandi imbroglioni ridicoli e farseschi, illuminata dai fluorescenti neon di fari, fiochi lampioni e cangevoli luminose insegne di vertiginosi grattacieli altissimi, funzionano. Eccome.

Insomma, La notte e la città è uno di quei “filmetti” che, nel bene o nel male, oggi come oggi nessuno gira o girerebbe più.

Poiché l’industria cinematografica, non solo hollywoodiana, è radicalmente cambiata. E dell’intimistica, lieve e al contempo tetra estetica winkleriana, di matrice vagamente scorsesiana, qui profusaci in un confuso eppur fascinoso neo noir atipico, incentrato quasi unicamente su uno sfigato che non sta mai zitto, sorretto solo

 da un De Niro eccessivo e anomalo però inevitabilmente carismatico, non interessa forse più a nessuno.

Ci mancano invece questi folli spaccati strampalati, riusciti o inefficaci che siano, di vite apparentemente strambe o insignificanti, in verità ritraenti semplicemente la stupenda, banale idiozia del vivere quotidiano di noi tutti.

In quanto, parafrasando il “mago” Peter Boyle di Taxi Driver, alla pari di Harry Fabian, chi più chi meno siamo tutti fregati.

Ma ognuno di noi, bando alle ciance e alle buoniste ipocrisie, adora essere un Great Pretender come la celeberrima canzone cantata da Freddie Mercury in questo, forse sottovalutato, La notte e la città.

di Stefano Falotico

 

Lascia un commento

Home Recensioni La notte e la città (NIGHT AND THE CITY), recensione del remake con ROBERT DE NIRO & JESSICA LANGE
credit