5 è IL NUMERO PERFETTO, review

5 numero perfetto locandinaScenografie stupende, un Servillo grandioso, una Golino mai così sensuale anche se la sua napoletanità fa schifo, un Buccirosso che vale il prezzo del suo strunz. La Golino, come attrice, fa pena. Comunque, una botta gliela darei volentieri.

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Oddio, mi sembra così lontano questo tempo, rannicchiati come siamo, per colpa del Covid, in tante zone rosse.
Sì, è passato tanto tempo da queste mie incursioni. Devo dirvi la verità, ero un grande uomo nel 2019. Strepitoso, oserei dire. Adesso, non lo so.
Voglio copio-incollarvi la mia review. Rileggendola, mi son accorto di un paio di refusi che dovrei correggere. Ma non ho voglia di sistemarla. Di mio, non ho mai avuto voglia di essere sistemato. Vedo i miei coetanei ammogliati e soprattutto molli. Ben pagati e con lavori noiosi. Si fanno il culo? So che Valeria Golino ha un gran fondoschiena. Per il resto, ognuno si facesse il lato b che vuole, Valeria si fa ancora lo Scamarcio? Cazzi suoi, anzi, cazzo suo.

In sala da oggi 29 Agosto, la 01 Distribution e Rai Cinema presentano 5 è il numero perfetto, diretto e sceneggiato da Igor Tuveri, in arte Igort, celeberrimo disegnatore, saggista, musicista, romanziere e soprattutto avanguardistico fumettista, qui alla sua prima, affascinante, oserei dire ruspante e verace prova dietro la macchina da presa per l’adattamento e la trasposizione della sua omonima graphic novel di successo.

Sul finire dei vernacolari anni settanta partenopei, il guappo semi-pensionato Peppino Lo Cicero (Toni Servillo) è costretto a vendicare la morte del figlio avvenuta per mano di un sedicente cartomante con l’aria da scugnizzo rockettaro. Incaricato a sua volta dell’assassinio da un boss della camorra dall’identità misteriosa.

Peppino, dopo la tragedia occorsa a suo figlio, il suo bene più prezioso e infinitamente caro, ripristinerà l’arrugginito rapporto con la sua eterna amante di nome Rita (Valeria Golino) e, paradossalmente, spronato a impugnare nuovamente la pistola in cerca di furiosa, spietata, sanguinaria vendetta impietosa, ringiovanirà nell’animo, forse addirittura rinascendo in una sorta di catarsi emozionale ascendente verso un’incontaminata meta paradisiaca. E chi è, in realtà, il suo amico e braccio destro Totò detto o’ Macellaio (Carlo Buccirosso)?

Cosa funziona in 5 è il numero Perfetto

Proiettato in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori della 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ove, appunto, l’abbiamo visto in esclusiva, 5 è il numero perfetto non è certamente un grande film e svanirà presto dalla memoria di chi, come noi, era presente in Sala Perla e anche dalla mente di tutti coloro che in questi giorni o prossimamente lo vedranno sul grande schermo.

Resta comunque un’opera dall’inizio veramente folgorante, scandito dall’inconfondibile timbro vocale d’un Servillo che, essendo originario del napoletano (esattamente, la sua città natia è Afragola), sa rendere perfettamente le inflessioni e le intonazioni dialettali del personaggio da lui incarnato, anzi, spesso vi gioca forzatamente di caricato gusto e, non poche volte, durante i cento minuti di durata della pellicola, fa sì che il suo manierismo interpretativo divori il character da lui personificato. Una simbiotica mimesi attoriale, con tanto di calzante naso iper-adunco posticcio, così carismatica ed esuberante da vampirizzare il film stesso, rendendolo un film servilliano figlio, appunto, più del suo attore-monstre, per certi versi oramai autoriale, considerando il suo coerentissimo excursus filmografico, che del suo vero autore stesso, ovvero Igort. Il cui tardivo esordio alla regia però, va detto e sinceramente riconosciuto, in particolare nella prima mezz’ora, coi due stupendi capitoli Lacrime napulitane e La settimana enigmatica, centra appieno il bersaglio poiché Igort sa riprodurre con fedele purismo pittoresco e straordinariamente figurativo il suo stesso celebrato fumetto, vivificandolo e immergendolo in melanconiche, squallide notti violentemente torpide della Napoli più povera, una Napoli zingaresca popolata da un’umanità volgarmente simpaticissima e irresistibile.

Perché non guardare 5 è il numero Perfetto

Purtroppo, a lungo andare il film perde il suo fascino sanamente naïf sin a precipitare in un finale assai frettoloso e anemico, privo di pathos. E non giovano neppure gli esagerati split screen che compaiono ad libitum da metà pellicola in poi.

Dio santo, che classe che avevo nello scrivere. Sì, fu un periodo magico, irripetibile.
Ragazzi, sono molto triste in questi giorni. Vorrei tornare indietro nel tempo. Ma non si può.
Sapete che vi dico? Questo è proprio un film coi controcoglioni. Sono convinto che potrei girare qualcosa di meglio. Non fatemi girare le palle.
Mi pare ovvio. Sono il Kubrick di Bologna, il mio problema è che persi troppo tempo a bere i caffè. Ho il fegato amaro perché zucchero poco prima di mescolarvi.

di Stefano Falotico

 

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