“King of New York”, recensione

No Redemption

No Redemption

Vampiro e licantropo regale che implora pietas in spettrali danze funerarie

Frank White, un cognome “impressionato” a cerea maschera walkeniana, vulcanica d’ire inespresse e “incenerite”, espressivo solo se “acciglia” la fronte a inaridito temprarla nei rimpianti. A detonare, incantato e taciturno su eloquenza enigmatica, immensa dello Sguardo. Attore che “stordisce” il suo stesso immortalarsi in congenito essere.
Christopher Walken appunto, emblema vivente d’ogni “verginità” ambigua dell’anima, “angosciata” in un viso angelico ma dalle iridi diaboliche se, scalfito nell’anima, ringhia in profondità d’un Cuore tormentato, “morde” le sue bianche, “efebiche” labbra imprigionandole da maledetto dentro iridi cangevoli, sintonia tensiva dei chiaroscuri “cimiteriali” da serpente Nosferatu.
Chris è la carne pulsante, traspirante palpebre raffinate, affinata nelle “penombre” sanguinarie del profetico Diavolo in lui “represso” e poi, con repentini “singhiozzi”, esplosivo in velocità “ballerina” su gestualità irrequieta, movenza felina del corpus attoriale che ogni prestigioso cineasta può “modellare” dalla già radice sacrale d’un ardently succhiarlo a pelle. Con quegli occhi, un regista può sbizzarrirsi di zoom dentro fantastici frame che possono durare un intero film, (dis)integrarlo alle mille fratture del suo e loro improvviso mutare e viverlo d’un plasmarlo “intoccabilmente”, senza violarlo, per fiammeggiare incognite incisive dalle impalpabili intensità. Un corvo, un falco, un cacciatore, un non morto, un cherubino col lungo strascico da Principe Vlad, una dead zone spudoratamente magnetica. Chris Walken, il fascino della Notte più nera, dunque lucente come i migliori incubi.
Un volto elettrizzante, stupendo, né Uomo né Donna, forse Dio.
Forse il Cristo che avrebbe voluto Pasolini, forse quello de L’ultima tentazione… di Scorsese.  Martin Scorsese, infatti, aveva designato lui per incarnare proprio Cristo ma trascorsero dieci anni circa prima che la Temptation fosse “concretizzata”, e optò per Willem Dafoe. Harvey Keitel fu Giuda, poi cattivo tenente e ossessione-pupillo di Abel Ferrara, e non è un caso che i tre attori preferiti del nostro “Abele” siano proprio Keitel, Dafoe e appunto Walken.
Oggi, veniamo ad apprendere che Ferrara vuole girare un biopic sui generis incentrato sulla figura controversa, “peccante” di Pasolini, con Dafoe nella parte del “Messia” Pier Paolo.
Se Walken fosse stato più giovane, avrebbe scelto lui. Ne sono certo.
Chi meglio di Frank White? In questo capolavoro stupefacente, scritto da un illuminato Nicholas St. John, v’è in nuce sviscerante tutta la “filosofia cristologica”, tragica di entrambe le carriere. La summa, la vetta, l’apice spaventoso che (non) rinasce!
Un fantasma ritorna a “vivere”, è di nuovo in “libertà”. Un ex boss della droga nella ferrariana Carlito’s Way. Se De Palma fu romantico nel Pacino da point of no return, Abel non ama le retorica, quindi possibilmente lo è ancora di più.
Frank è cambiato (?), appare di schiena, si volta e si mostra ancora bellissimo. Quasi più invisibile e ringiovanito. Come il Dracula, appunto, di Francis Ford Coppola.
Non gli è bastata la dura lezione di vita ed essere finito in prigione. Vuole rimettersi a far soldi, però onestamente. Se Carlito aprì un locale per gente “dabbene”, bevendosi un sogno impossibile, Frank vuole strafare, proprio “santificarsi”. Perdonarsi, allontanarsi deagli errori d’un Passato, che non cancellerà mai e lo sa soffrendo come un cane, ma desidera “fermare” a innalzarsi, utopia cosciente, in monumento esistenziale da lui incorporato sulla beatitudine stronza. Con i proventi degli sporchi affari, ha intenzione di aprire un ospedale per i “lebbrosi”. Proprio Lucifero a cristologico divinizzare un destino bastardo, le sue origini sfortunate da figlio “cattivo” del Bronx, che vuole compiere un “miracolo” per fors’ascendere nel Paradiso di un’anima condannata dalla nascita.
Il film non ha “trama”, tutto è un pretesto di sottintesi, inganni, sottotesti dialogici memorabili, tutto è angosciante.
Tutto è silenzi. Morte in ogni vicolo cieco, in ogni sparo.
Non c’è scampo.
La vita di un “martire” è illusione. Come quella del padrone dell’Inferno.
Può inventarle tutte per smacchiarsi la reputazione e chiedere scusa al Creatore.
Ma nessuno gli crede…

(Stefano Falotico)

 

Corridoi bui

Corridoi bui

 

 

Lascia un commento

Home Abel Ferrara “King of New York”, recensione
credit