SCREAM, recensione

Henry Winkler Scream

Ebbene, in concomitanza con la sua uscita per il mercato home video in perfetto 4K, vi parliamo di Scream, firmato dal compianto maestro Wes Craven.

Scream, uscito nei cinema mondiali nello scorso millennio, più precisamente a metà dei nineties (con esattezza nel ‘96) cioè i rutilanti e confusionari anni novanta a loro modo originali e che, potremmo dire, rivisti nostalgicamente col senno di poi, hanno fatto scuola e instaurato nuove mode, fu un inaspettato ma straordinario successo di pubblico. Fu presentato, per il mercato statunitense, sotto l’egida dell’ex Dimension Films (succursale della futura e poi decaduta Weinstein Company), stranamente sotto il periodo natalizio. Periodo in cui, come sappiamo, si preferisce quasi sempre e tradizionalmente distribuire opere a buonista tematica famigliare, i cosiddetti family movies rassicuranti. Invece, in questo caso, s’optò giustappunto per una scelta in controtendenza, essendo Scream, a prescindere dai suoi risvolti demenziali, parodici o parodistici che dir si voglia, a dispetto del suo impianto goliardicamente malsano nel senso più innocuamente morboso del termine e della sua accezione più letterariamente usuale, sostanzialmente un film di matrice orrifica con venature da thriller adolescenziale che mescé alla forte suspense, innegabile, crescente e palpabile, un voluto e intrinseco senso citazionistico ben marcato e originale.

Scream, infatti, per via della sua natura e concezione omaggiante molte pellicole horror, a partire ovviamente da uno dei film capostipiti e totemici del genere slasher per eccellenza, ovvero Halloween di John Carpenter (citato apertamente con tanto di scena dedicatagli espressamente), fin ad arrivare naturalmente a Nightmare di Craven stesso, mischiata al suo ottimamente calibrato canovaccio tipicamente e volontariamente satirico-grottesco, divertito e autoironico, infarcito di riferimenti a man bassa, mieté proseliti e generò epigoni a non finire, partorendo e ingenerando prodotti similari e/o derivativi, sequel e perfino parodie delle più disparate (vedi Scary Movie con altrettanti relativi seguiti) ispirate a esso. Recuperando e rinnovando per l’appunto, in maniera arguta e comunque sia efficace, la tradizione del Cinema di paura tanto inquietante quanto, al contempo, esilarante e ricolmo di trovate indubbiamente spiazzanti ed eccentricamente geniali. Assurgendo esso stesso a pellicola oramai imprescindibilmente iconica e a indiscutibile caposaldo inamovibile.

Scritto da Kevin Williamson, Scream dura all’incirca un’ora e cinquanta minuti, cioè praticamente 2h. Emozionanti e sussultanti in senso toutcourt.

Trama, abbastanza nota da tutti i cinefili, quindi da noi sintetizzata all’osso e, osando noi stessi divertirci corrosivamente con le parole, scarnificata a mo’ di brevissima sinossi lapidaria e smunta. Insomma, ecco il sunto…

Una ragazza di nome Sidney Prescott (Neve Campbell), a distanza di un anno dalla tragica morte della madre assassinata, riceve una telefonata inizialmente buffonesca, invero nient’affatto scherzosa. E impazza presto il terrore, raffigurato e simbolizzato da un babau che indossa, in maniera carnevalesca molto raccapricciante, una maschera non da Michael Myers carpenteriano, bensì ispirata non poco vagamente e in modo granguignolesco al famoso, inquietante quadro L’urlo di Edvard Munch. Da cui il titolo originale del film. Infatti, tale dipinto di Munch, in norvegese, patria dell’artista appena succitato, si chiama Skrik ma è internazionalmente nota come The Scream.

L’omicida seriale non colpisce le ragazze vergini e ammazza invece chi non sa rispondere correttamente ai suoi indovinelli-tranelli in merito ai film del brivido…

Scream Neve Campbell

Wes Craven compie, con Scream, un’operazione simile, sebbene più scanzonata e meno metafisica, al suo precedente Nightmare – Nuovo incubo, nuovamente prendendo di mira, tematicamente parlando, i suoi amati-odiati, inquieti e acerbi teenager statunitensi. Se Freddy Krueger fu un fantasma partorito dalla cattiva coscienza della middle class americana che, alle sue imberbi vittime designate, cioè i figli della generazione dei loro padri che barbaramente lo uccisero e arsero vivo, bruciato in volto si mostrava a viso aperto, materializzandosi nel subconscio della fase REM, il mostro di Scream è ancora, possibilmente, più subdolo e terrorizza perfino maggiormente in quanto realmente vivente seppure invisibilmente identificabile a livello facciale.

Opera dai tanti pregi, Scream non è di certo esente da pecche e forse, sino in fondo, non risulta priva di sbavature, perfetta e ineccepibile anche dal punto di vista formale. Poiché, dopo una prima parte folgorante ed emozionalmente devastante, leggermente s’affloscia ripetitivamente, perdendo la sua verve caustica in un finale piuttosto convenzionale e alquanto prevedibile, molto hollywoodiano.

Cast di giovanissime scommesse attoriali di quei tempi, cioè Courteney Cox, David Arquette, Rose McGowan, Skeet Ulrich e Liev Schreiber. Quest’ultimo, l’unico ad aver mantenuto la promessa…

Cammeo del mitico Henry Winkler nei panni dello stupido preside della scuola di nome Arthur.

Eh già, Arthur come il suo Arthur Fonzarelli, alias Fonzie di Happy Days.

Con l’aggiunta di Drew Barrymore.

Curiosità: tornando a L’urlo di Munch, il sottotitolo italiano di Scream è Chi urla muore.

Paolo Mereghetti asserisce che Scream sia pieno di svaccamenti.

E allora svacchiamoci. E svecchiamoci.

Soffro di amnesia. Un mio amico sostiene che io e lui andammo a vedere questo film per il mio compleanno dei 18 anni.

Mi ricordo solo di aver sempre indossato il giubbotto di pelle alla Fonzie. E di essere uguale ancora a Henry Winkler anche se la gente mi scambiava per Freddy Krueger e Michael Myers. Una vita bruciata, insomma, da vera faccia di cuoio da Non aprite quella porta? No, di culo senza maschere del c… zo.

Ricordo anche che al film Cose selvagge ho sempre preferito le cosce femminili. Ma, a quelle di Neve Campbell, quelle di Denise Richards.

Insomma, persi le palle ma indossai il giubbotto da Cuore selvaggio. Un altro mio amico, per modo di dire, afferma invece di essere figo come Matt Dillon di Rusty il selvaggio e del film eccitante, no, sopra citato, di John McNaughton, sì, il regista di Henry – Pioggia di sangue. Costui dice pure, a mo’ di Dillon di In & Out, che io sarei frocio come Kevin Kline di tale film. Sostenendo, altresì, che io sia calvo. A dire il vero, indosso slip di Calvin Klein e non ho mai voluto ammazzare, a differenza di Myers, Jamie Lee Curtis. Infatti, sia sulle sue cosce selvagge di Un pesce di nome Wanda che sul suo spogliarello di True Lies, scoprii precocemente di essere Mark Wahlberg di Boogie Nights. Agli altri miei “amici” non lo dissi mai perché sarebbero stati gelosi delle mie doti nascoste molto amate e prelibate, succulente non più da illibato. Se avessi detto loro la verità seduta stante, non mi avrebbero ucciso, avrebbero fatto di tutto per castrarmi in un istante. Ci provarono in fallo, no, infatti. Rischiai di finire internato a vita, impazzendo di rabbia, ma divenni un genio psichiatrico come Donald Pleasence? No, questo è un fallito. Mica un Falotico. Sì, alle schiume di rabbie, preferisco quelle da Barbie, no, scusate. Volevo dire da barba.
E su questa battona, no, battuta tagliente e ficcante, dicasi anche freddura travolgente, vi lascio al vostro freddo agghiacciante. Ah ah, eh già, bella gente.

Son un uomo, in realtà, penetrante…Wes Craven Scream Winkler Scream

HAPPY DAYS - "Fonzie Loves Pinky" which aired on September 21, 1976. (Photo by Walt Disney Television via Getty Images Photo Archives/Walt Disney Television via Getty Images) HENRY WINKLER

HAPPY DAYS – “Fonzie Loves Pinky” which aired on September 21, 1976. (Photo by Walt Disney Television via Getty Images Photo Archives/Walt Disney Television via Getty Images) HENRY WINKLER

di Stefano Falotico

 

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