SHINING (The Shining), recensione

Shining Poster

Ebbene, prima o poi, nel nostro excursus temporale dei racconti di Cinema, dovevamo approdare o, per meglio dire, ritornare a Shining. Firmato, ça va sans dire, da nientepopodimeno che Stanley Kubrick. Inutile rimarcarlo, di nuovo e pleonasticamente, uno dei più grandi e importanti, rivoluzionari cineasti di tutti i tempi, autore di opere oramai ascritte e incorniciate indelebilmente alla settima arte più splendida e intattamente, bellamente inscalfibile.

Opere che definire superbe e rinomate ci pare addirittura riduttivo e sminuente il loro valore eternamente incastonato nel tempo più immutabile e non logorabile, assolutamente. Solo per elencarvene qualcuna, per dovere di cronaca, diciamo… anzi, potremmo semplicemente citarvi Arancia meccanica, Barry Lindon e Full Metal Jacket. Ma, ripetiamo, ci pare doveroso enunciarvele sol a scopo, per l’appunto, decorativamente citazionistico e puramente dizionaristico.

D’altronde, chi non ha visionato almeno una volta in vita sua le pellicole straordinarie di Kubrick e chi, specialmente in riferimento alla recensione del film da noi preso, nelle seguenti righe, in questione, ovvero Shining, non l’ha visto e, quasi certamente, amato tantissimo? Poiché, checché se ne dica, al di là delle più o meno scherzose frasi provocatorie di David Cronenberg in merito alla sua importanza artistica, a dispetto dei gusti, più o meno opinabili, Shining rimane una pietra miliare indistruttibile e sempiterna, un’opera magna e un caposaldo inamovibile non soltanto all’interno della registica filmografia di Kubrick, bensì del Cinema tutto.

Affermato retoricamente l’ovvio (a meno che non siate amanti della bruttezza anziché della più sopraffina pregevolezza), Shining uscì nelle sale nel 1980 in due versioni differenti per quanto concerne il minutaggio. Da noi in Italia, infatti, la pellicola fu distribuita nella sua versione ridotta di centodiciannove minuti mentre, per il mercato statunitense, nella sua durata integrale e non sforbiciata di centoquarantaquattro.

Sceneggiato dallo stesso Kubrick assieme a Diane Johnson, Shining è la trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Stephen King, uscito nelle librerie solamente tre anni prima, cioè nel ‘77.

Trama:

Un ex docente, attualmente disoccupato, di nome Jack Torrance (Jack Nicholson) si trasferisce in quel delle Montagne Rocciose in Colorado. Più precisamente, assieme alla consorte Wendy (Shelley Duvall) e al figlioletto Danny (Danny Lloyd), stazionerà per cinque mesi, in totale isolamento dal resto del mondo, all’Overlook Hotel. In quanto, è stato assunto come guardiano di tale appena menzionatovi albergo dopo aver sostenuto, per pura formalità, un colloquio di lavoro da lui superato facilissimamente…

Cosicché, la famiglia Torrance svernerà in tale spettrale e al contempo lussuosa e sterminata magione in completa solitudine. Torrance, inoltre, lontano dalla frenesia giornaliera del caos cittadino, appartatosi nella riservatezza più remota da pensieri fuorvianti a tutti noi provocati dalla quotidianità ingombrante la mente, distante da ogni preoccupazione superflua, qui potrà dedicarsi a tempo pieno alla stesura del suo nuovo romanzo poiché ha deciso finalmente di dare vita alle sue velleitarie (?) ambizioni da scrittore mai appagato non solo professionalmente. A poco a poco però, all’Overlook Hotel accadono eventi inquietanti sempre più spaventevolmente macabri e sanguinari. Perlomeno, a livello prettamente allucinatorio e visivo-percettivo. Danny, forse, possiede poteri paranormali e assiste al lento ma insistente, raccapricciante materializzarsi, dinanzi ai suoi occhi terrificati e rabbrividiti a morte, d’accadimenti e visioni mostruose non poco preoccupanti. È innatamente provvisto, per l’appunto, del gift dello shining, ovvero la luccicanza. Cioè la veggente, illuminante e al contempo disturbante, facoltà di vedere e prevedere ciò che le persone normali non riescono a captare. Un dono misterico e mesmerico…

Suo padre, nel frattempo, progressivamente sta impazzendo? Circa una decade prima, all’Overlook Hotel avvenne un orripilante fatto tragico e aberrante. Cioè, l’ex suo guardiano Delbert Grady (Philip Stone), in preda alla follia più implacabile, sterminò la sua famiglia, trucidando moglie e figlio con impietosa furia paurosa. E chi è il barman di nome Lloyd (Joe Turkel, Blade Runner), avente lo stesso nome del figlio di Torrance, che appare dirimpetto allo sguardo attonito e allo stesso tempo complice ed amichevole del farneticante e ubriaco Torrance durante i suoi solitari “itinerari” nell’enorme sala da ballo luccicante…?

Shining, nell’anno della sua release, si piazzò al terzo posto degli incassi al boxoffice e rimane, a tutt’oggi, il maggior successo commerciale di Kubrick.

Quasi unanimemente, odiernamente considerato un capolavoro, non soltanto del genere horror psicologico, ispiratore di tanti imitativi epigoni e pellicole derivative, quali Il sesto senso e via dicendo o chi più ne ha più ne metta, Shining all’epoca, invero, non subì un’uniformità di giudizi concordemente positivi e omogeneamente lusinghieri. Anzi…

Il primo a contestarlo e parzialmente disconoscerlo fu lo stesso King, il quale rimase assai deluso dell’adattamento di Kubrick, asserendo soprattutto che se, nel suo romanzo, l’evoluzione dello stato di minacciosa, allarmante pazzia crescente che investì Jack Torrance avveniva man mano che la raccontataci sua storia procedeva nell’incalzare della tensione emozionale da lui descrittaci con meticolosità diegetico-narrativa perfettamente coerente all’evoluzione della trama, nel film di Kubrick, il Torrance di Nicholson gli sembrò già pazzo fin dalle prime scene. E ciò, a suo dire, rendeva il film dunque già prevedibile e privo di sorprendente mordente. Spogliandolo, fin dapprincipio, d’ogni interesse. Shining, inoltre, per coloro che sono fanatici delle medie statistiche dei siti aggregatori di recensioni internazionali succedutesi nel corso degli anni, quali metacritic.com, è il film che riscontra tuttora la più bassa percentuale di opinioni per ciò che riguarda la carriera registica di Kubrick, cioè il 66% di voti sopra la sufficienza. Percentuale, comunque, alta eppur non di certo eccelsa. Come sopra accennatovi, qualche anno fa, il regista David Cronenberg (Scanners) fu parimenti aspro nei confronti del lavoro compiuto dal compianto Kubrick in merito a Shining, testualmente affermando, con non poca protervia e sprezzante alterigia irrispettosa, che a suo avviso, il suo ex collega Kubrick fraintese, a suo solipsistico e inefficace piacimento, l’opera originaria di Stephen King, adattandola in modo imperdonabilmente infedele e scarsamente vincente ed avvincente. Poiché secondo lui, Kubrick, una volta trovatosi di fronte, filmicamente parlando, con la sua personalissima riduzione dell’accattivante, suggestiva, complessa e ben più stratificata opus di King, non seppe offrircene una visione cinematografica altrettanto valida e seducente, altresì non essendo capace di comprenderne la sua ipnotica forza orrifica e ammaliante di matrice sofisticatamente inconscia. Trasformando pertanto il suo libro in uno Shining maestoso, sì, a livello formale, impeccabilmente messo in scena con maestria egregia delle più inattaccabili, tanto stupendamente onirico e affascinante dal punto di vista visionario quanto debole, esangue, poco coraggioso e mordace sul piano emotivo. Diciamo che apertamente lo contestò in quanto, a suo dire, ripetiamo, Kubrick essenzialmente non capì il romanzo d’origine di King, quindi non seppe trasferirlo e traslarlo, visivamente parlando, in maniera evocativa, né fu in grado di conferirne potenza magnetizzante, attrattivamente allettante.

Secondo voi, King & Cronenberg hanno ragione a riguardo o sono forse loro ad aver invece, paradossalmente, in modo scioccante, tremendamente superficiale, equivocato e ingiustissimamente sminuito il lavoro di Kubrick? Secondo voi, Shining è quindi un film eccezionale, immortale e indiscutibile oppure potrebbe esser vero che, per l’appunto, è ben lungi dall’essere invece quel capolavoro monumentale che, comunque sia, a prescindere dai suoi detrattori, inclusi ovviamente gli appena succitati King e Cronenberg, la maggioranza dei cinefili reputa tale e, giocando con le parole, sul suo immenso valore non vuole sentire ragioni nella maniera più apodittica e insindacabile?

Ai posteri, no, a voi l’ardua sentenza.Shining locandina

di Stefano Falotico

 

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