Tár, recensione

Ebbene, direttamente dalla 79.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, recensiamo Tár, firmato da Todd Field e interpretato da una strepitosa e luminosa Cate Blanchett in forma smagliante, la quale, grazie alla sua bellezza magnetica e alla sua impari bravura recitativa, regge da sola un film che, pur avendo ricevuto una lunga standing ovation e potendo già vantare altissime medie recensorie, a noi non ha convinto totalmente. In quanto Tár, nelle sue due ore e trentotto minuti, fascinosi e spesso perturbanti, eppur parimenti dispersivi ed eccessivi, non c’è parsa sinceramente una pellicola indimenticabile e impeccabile, anzi, tutt’altro.Tar Cate Blanchett

Todd Field, dopo aver incantato la Critica mondiale col suo esordio registico, ovvero In the Bedroom, avvenuto nell’oramai lontano 2001, cioè quasi un ventennio or sono, dopo Little Children (2006) e molti ruoli in veste d’attore, fra cui quello piuttosto famoso di Nick Nightingale in Eyes Wide Shut, ecco che torna a cimentarsi dietro la macchina da presa per raccontarci, secondo il suo punto di vista personalissimo, un biopic fittizio e assai particolare, sovente sfuggente e ricolmo d’atmosfere rarefatte, vertente su una prestigiosa e pluripremiata direttrice d’orchestra sinfonica di nome, giustappunto,  Lydia Tár (Blanchett). Ne seguiamo l’excursus che inizia, incalzante, dopo il suo lento ma originale incipit in cui, per circa mezz’ora, assistiamo, come se ci trovassimo dinanzi a un video-panel di YouTube in altissima definizione, a un’intervista “documentaristica” con Lydia protagonista e in primissimo piano che, con intelligenza sopraffina, rinomata compostezza e savoirfaire mirabile, risponde alle puntuali domande del presentatore adorante. Al che, l’azione finalmente si sposta e veniamo immersi nella vita di tutti i giorni, professionale, lavorativa e sentimentale, di Lydia. Fra colpi di scena imprevisti, una tragedia irreparabile particolarmente potente che influirà notevolmente sullo stato d’animo, apparentemente assai stabile, di Lydia, incontri, più o meno rilevanti oppure trascurabili, di quest’ultima con amici e amanti, forse dello stesso sesso…

Tár è un giallo dell’anima, un viaggio introspettivo nel coriaceo cuore passionale e indomito, al contempo fragile e sensibile, d’una donna complicata e caratterialmente difficile che, specialmente nella parte centrale, assume perfettamente i connotati d’un thriller vero e proprio, con annessa parentesi filmica, realizzata in forma investigativa con inclusi echi finanche bergmaniani, forse addirittura non voluti.

Interminabile ma non noioso, con alcuni momenti considerevoli e decisamente apprezzabili, Tár è un’opus certamente non per tutti i gusti. Sicuramente, è ammaliante, come dettovi, in vari punti e l’eccezionale talento della Blanchett (favoritissima per aggiudicarsi la Coppa Volpi come miglior attrice del Festival e papabile d’ovvia nomination ai prossimi Oscar) qui si palesa in tutta la sua magnificenza. La Blanchett, infatti, oltre a rifulgere ivi d’una beltà sconfinata e mastodontica, per circa 3h illumina lo schermo con una recitazione prodigiosa e sensazionale che lascia sbalorditi.

Ciononostante, possiamo comprendere che possa aver entusiasmato molta intellighenzia presente al lido veneziano. Poiché possiede ed emana, innegabilmente, attrattiva intellettuale assai robusta che piace, a prescindere, a coloro che, dirimpetto a film artistoidi come questo, vanno presto in brodo di giuggiole. Non avvedendosi, invece, di aver guardato probabilmente e soltanto un buon film, altresì lezioso e furbo, invero lontano anni luce dal potersi definire capolavoro indiscusso.

Nel bel cast, oltre alla grandiosa Blanchett, Mark Strong, Noémie Merlant, Nina Hoss, Allan Corduner e Julian Glover.

Musiche di gran classe composte, ovviamente non dalla Tár, bensì da Hildur Guðnadóttir (Joker).

 

di Stefano Falotico

 

 

Lascia un commento

Home Cate Blanchett Tár, recensione
credit