BONES & ALL, recensione

Ebbene, direttamente dalla 79.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, attualmente in corso, ivi recensiamo Bones & All, firmato da Luca Guadagnino (Io sono l’amore, Chiamami col tuo nome).Bones All poster

Bones & All, in Concorso nella selezione ufficiale della kermesse, film horror-sentimentale e, così come direbbero gli statunitensi, pellicola di matrice coming of age, ovvero una storia di formazione innestata sul percorso esistenziale e di crescita di due giovani teenager, accolta grandiosamente dall’intellighenzia critica mondiale che l’ha subissata d’applausi scroscianti alla fine della sua presentazione in Sala Grande, è una corposa, romantica opus appassionante e allo stesso tempo inquietante, rabbrividente ed emotivamente coinvolgente, forse la migliore sin ad ora di Guadagnino, della durata di centotrenta minuti netti e suadenti, avvincenti e perfino terrificanti, letteralmente parlando.

Tratto dal romanzo omonimo di Camille DeAngelis, opportunamente sceneggiato con classe e qualche inevitabile licenza poetica da David Kajganich (già collaboratore e writer per Guadagnino per il Suspiria di quest’ultimo), Bones & All, come poc’anzi accennatovi, ha immantinente riscontrato un enorme favore da parte della stampa e anche del pubblico. Appieno ne concordiamo e, senza falsi panegirici irritanti o sofismi evitabili, dunque da noi rinunziati, testé affermiamo, senz’esserne eccessivamente incensanti, semplicemente sinceri, che Bones & All è veramente un grande film scioccante finanche in senso lato e, sulla base di tale nostra forte, apodittica frase consacratoria, altresì attestiamo che i giudizi, perlopiù unanimemente ricevutine a riguardo, sono sacrosanti. Trama, qui da noi ridotta all’osso, giocando di parole col significato, tradotto in italiano, del titolo e delle vicende narrateci: Maren Yearly (un’ipnotica e avvenente, dolcissima Taylor Russell) è una graziosa ragazzina sbandata in cerca del suo posto del mondo che vaga, senza precisa direzione, di qua e di là lungo le strade e le scure città paurose degli States più allucinanti e misteriosi. Ha scoperto, con suo sommo, ributtante raccapriccio e ribrezzo mortificante, di essere inevitabilmente cannibale e, per colpa della sua diversità spiccata e repellente, naturalmente viene percepita dagli altri comuni mortali non antropofagi come una pericolosa freak agghiacciante, inseguita perciò giorno e notte, perennemente ricercata dalle persone normali che vorrebbero mangiarsela viva, divorandole l’anima e scarnificandole il suo innocente cuore di ninfa vergine alla vita e forse desiderosa soltanto di carne umana? No, di lieto e morbido amore prelibato e succulento per il palato della sua bellezza interiore. Incontra, lungo il suo nero cammino al contempo speranzoso, uno strano uomo uguale a lei per via del fatto che entrambi sono accomunati dal macabro “dono” del cannibalismo, un uomo molto più grande di lei, interpretato da un sinistro e luciferino, mortifero e sanguinario, anzi, sanguigno Mark Rylance. Dopo un pranzo luculliano, assai peculiare, avuto assieme a lui, Maren ne fugge terrorizzata e, in tale meraviglioso, spaventoso suo peregrinare on the road in cerca soprattutto del suo centro di gravità permanente, inteso metaforicamente e vitalmente, s’innamora, ricambiata quasi istantaneamente, d’un suo coetaneo parimenti “malato” e disperato di nome Lee (un Timothée Chalamet apoteotico e magnetico). Sia Marvin che Lee sono due diversi in modo toutcourt, due ragazzi giovanissimi che, affetti da un’incurabile e infermabile mostruosità cannibalistica delle più disumane, sono probabilmente e paradossalmente molto più umani degli aberranti orchi veri e propri, uomini soltanto nell’aspetto e nei comportamenti “nutrizionali”, e d’una apparente società perfetta e linda, invero psicologicamente famelica e ferina, belluina e orrida. Sono due puri alla scoperta di sé stessi in un mondo ostile e cinico che par aver perduto la beltà del vivere ed amare con leggiadria e armonico piacere persino carnale…

Musicato da Trent Reznor & Atticus Ross, con inserti dei Kiss e canzoni melodiche davvero struggenti, Bones & All è un metafisico film memorabile e toccante come pochi. Sotto la cupa coltre e la parvenza del film orrifico, Bones & All è semplicemente una metafora spettrale e abissalmente tanto atroce quanto candidamente venusta e lirica, sulla complicatezza della giovinezza e sulla sua tormentosa, magnifica e fragile levità nitida e intensa.

Nel cast, il regista David Gordon Green (Joe), Jessica Harper, Michael Stuhlbarg e Chloë Sevigny.Russell Chalamet Bones and All

Bones and All Guadagnino Chalamet poster

In conclusione:

Non vi piace la carne, anche umana? Siete vegani? Non vi piacciono le donne? Siete ancora vergini, impotenti, nani od omosessuali convinti? Non vi piace neppure la cellulite? Donne, avete ragione!

Non amate la celluloide? Ma che campate allora a fare? Per sbranarvi, in forma figurativamente cannibalistica? Ah ah.

 

di Stefano Falotico

 

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