UN COUPLE, recensione

nathalie Boutefeu Un Couple

Ebbene, dalla 79.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, recensiamo il grandioso e sofisticato Un Couple, diretto dal veterano, classe ‘30, Frederick Wiseman. Regista statunitense, nato a Boston, da non confondere, ovviamente, col suo conterraneo e ben più giovane omonimo, perlomeno per quanto concerne il cognome, ex marito della bellissima Kate Beckinsale, vale a dire Len Wiseman, director invece del remake di Atto di forza con Colin Farrell e del franchise Underworld con la sua, ripetiamo, ex consorte appena succitata. Anche perché stiamo parlando, capirete bene immediatamente, di due registi non soltanto assai distanti all’anagrafe, bensì completamente agli antipodi e antitetici per quanto riguarda gli stili filmici, decisamente differenti e posizionati su due distinti campionati, potremmo dire, remoti anni luce e oppostamente intangibili diametralmente.

Un Couple, in Concorso alla kermesse, è un lungometraggio alquanto breve che, per l’esattezza, dura giustappunto solamente sessantatré minuti scarsi che, a nostro avviso, son estasianti superbamente ed impressionanti, impressionistici, pittoricamente magnifici, fulgidamente innervati d’uno sguardo autoriale coraggiosamente demodé, a metà strada fra la settima arte più naturalistica e bellamente finto-documentaristica e quello che, una volta, veniva definito cinéma vérité.

Un Couple ha una sola attrice protagonista e nessun altro interprete, ovvero Nathalie Boutefeu, anche totale autrice d’una sceneggiatura decisamente inusuale. La Boutefeu incarna Sophia, cioè nientepopodimeno che l’ex moglie del celeberrimo scrittore Lev Tolstoj. La quale, dopo l’incipit a lume di candela in una stanza angusta, illuminata soltanto in modo fioco, viene poi ripresa, spesso in primissimo piano, in mezzo a una natura incontaminata che profonde melanconia a pelle, emanante cangevoli e potenti tinte crepuscolari. Sophia sta recitando, combattuta e provata, fra sentimenti ondeggianti e stati d’animo riflessivi e altri perfino irosi e/o pensierosi, imprigionata, quasi in modo sognante, in un eterno struggimento amoroso dei più romantici e al contempo nostalgici, un’infinita e sterminatamente delicata lettera pregna di vita vissuta assieme al suo compagno. Lettera che, a sua volta, raccoglie il rapporto epistolare e diaristico avuto con suo marito. Cosicché, languidamente persane nel ricordo, nella sua mente, nel suo cuore e nel candore scintillante d’un interminabile vagheggiarne la travagliata passione altalenante eppur indimenticabile, senziente vaga lungo un’isola della Gran Bretagna, sfogandosi morbidamente in un monologo che coincide perfettamente, esclusi i titoli di testa e di coda di Un Couple, con la durata del film stesso nella sua intoccata interezza marmorea e calda, sinuosa e avvolgente, sobria e incantevole…

Film umanistico, anzi, romanticamente umanissimo e splendidamente anacronistico sotto ogni punto di vista dei più positivi, Un Couple è il film adatto a chi, per l’appunto, è stanco delle cosiddette americanate commerciali e standardizzate, plastificate à la Wiseman di Total Recall.

È un sentito e commovente atto d’amore universale non tanto incentrato sulla turbolenta, storica e ruggente, struggente, apparentemente imperitura eppur ineluttabilmente caduca e fuggevole love story fra Sophia e Tolstoj, bensì verso l’Arte pura.

Gli snob obietteranno in merito al valore, in verità, molto importante di Un Couple, liquidandolo superficialmente e tronfiamente come un fanatico, mero esercizio di stile fine a sé stesso e non necessario. Sbagliando, secondo noi, clamorosamente.

Si astengano dalla sua visione, sicuramente, coloro che, ignari della beltà cinematografica più sperimentalmente affascinante, lontanissima da ogni estetica mainstream e moda ruffiana, legata a logiche esclusivamente, tipicamente hollywoodiane delle più mercantilistiche e/o marchettare, potrebbero pazzescamente addirittura credere che Un Couple non sia Cinema vero e stupendo, anzi, viceversa…

Un Couple

di Stefano Falotico

 

 

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