Ama Takeshi Kitano, altrimenti son botte. Odora i suoi botti! Non borbottare, ohibò!

Noi siamo quelli che apprezzeranno sempre più un Beat a un Sanbittèr! Prova a batterci, ti spezziam avambraccio e poi tanti abbracci. Non siamo dei santi, eppur Sonatine!

Noi siamo quelli che apprezzeranno sempre più un Beat a un Sanbittèr! Prova a batterci, ti spezziam avambraccio e poi tanti abbracci. Non siamo dei santi, eppur Sonatine!

di Stefano Falotico

Il Cinema di Takeshi Kitano (che deve tornare a macinare genialità e non a “ipocondriare” d’imbrodarsi) ci libera dagli uomini adombrati dal tedio e dalla frivolezza sconcia, e io lo fotografo di tutta mia orientale “acconciatura”, memore del Festival di Venezia, vedere per credere, leggere cinefilo…

Soltanto chi può amare la bellezza della vita nelle sue mille sfaccettature…, quando triste s’apre serpentesca e repentina alla gioia, poi si sfama di dolci viaggi onirici, evocando stagioni ancor fervide, che non saranno sterilizzate dal porcile di massa, solo chi serba in sé l’odore secco delle stilettate violente ma catartiche, a intagliarci in anime… cristallizzanti un fumetto poeticamente realista, solo chi sa mescere e coniugare la risata beffarda al (non) piangerci sopra, solo chi non prende mai l’esistenza per uno scherzo, poiché è mai dire banzai, “senza frontiere” di infantilismo e lirica fanciullezza eterna, alla faccia degli adulti monster che tanto opprimono con ricatti castigatori in cupida, stupidissima, bieca ipocrisia caudina, solo chi sa passeggiare sulle acque della fantasia, incantandosene (dis)illuso, sorvolando le sciocche amenità della spesso tetra e repulsiva vanità, ingorda e unta da maschere d’orride cere d’apparenza vile, solo chi sa scoreggiare come un pagliaccio dal cavalleresco portamento, senza dar nell’occhio eppur cacciando il pet(t)o in f(u)ori per segno di sfacciata gaiezza tra il menefreghismo e l’ascesi buddhistica dell’evacuare le stronzate delle grandi abbuffate oscene dei cretini, solo chi può borbottare il suo cazzo in culo da yakuza (mai) contento, solo chi applaude, in cuor suo eccitato, dinanzi a ogni fotogramma del Takeshis’, solo questi sono gli eletti. Gli altri son dei poveretti, e noi, kitaniani di razz(i)a, da piazza pulita alle lor et(n)iche da strapazzo e ruffiane da truffaldini rubamazzi, brindiamo come folli davanti a Zatôichi. Pigliateci per zotici. Ebbene, son Falotico e son meglio di te che vai solo a zoccole. Ama Dolls e tieni il beccuccio chiuso, altrimenti ti faccio la faccia finto demente di Beat Takeshi e son cazzi tuoi…

E dei ricchi fuori e miserabili dentro… ce ne fottiamo bellisimamente di Brother.

Se non ti sta bene, un calcio nelle pall(ottol)e e vedrai come poi capisci che sei fuori…

Noi siamo quelli amante del “palindromo” apparente, non mi stupisco che tu non capisca Achille e la tartaruga, cioè assolutamente sei niente, deficiente! Annientato! Sarai un tipo da addominali e basta, e le domini… solo di “tartarughe”, esigendo il lifting sulla fronte invero già putrida e con la mia “ruga” dell’avertela rigata. Ah ah!

Io ti accoppo da Violent Cop, perché adoro il silenzio sul mare, so mangiare di classe una pizza con la pummarola in co(r)p(ore) sano. Hana-bi – Fiori di fuoco!

Evviva Outrage Beyond!

E ricordate: non è male quella b(i)on(d)a, da cui il detto di Takeshi, cioè non far il tonto. Meglio il tonno, sì.

Il tonno alliscia, cara capa lisc(i)a.

Capisc’? Ah no. Allora, in testa ti piscio.

 

 

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