A History of Violence, Evil

Babau, abbaia eccome!

Babau, abbaia eccome!

di Stefano Falotico

A History of Violence


Lembi di morte funebre scotono l’anima ambigua e funesta di Tom Stall…

 

Esistono personaggi del Cinema che si stampano immediatamente nella memoria. Quando ciò accade, siamo quasi sempre dinanzi a un capolavoro indiscutibile.  Quei ruoli iconici, titanici che s’imprimono violentemente in noi, e non possiamo scordarcene, sono i personaggi appunto indimenticabili.

Penso al predicatore Bob Mitchum de La morte corre sul fiume o, più recentemente, al Christoph Waltz di Bastardi senza gloria. In entrambi i casi, due personaggi impressionanti per finissima cattiveria sottile, incastonati in una recitazione talmente sobria, mai caricata, sempre perfettamente bilanciata in misurata espressività però così tagliente, da provocarci quel brivido sleeper ché c’han già posseduto e rapito a incantarcene, incatenandoci alla potenza, quasi ieratica perché proprio impalpabile ma irresistibilmente magnetica, memorabile, da marchiarci per sempre nel loro crisma carismatico… dell’attore e del personaggio interpretato.

Ebbene, il protagonista di quest’ennesima perla di Cronenberg, Tom Stall, è il ruolo ancor imbattuto di Viggo Mortensen, infinitamente più attrattivo, seducente dei pur suoi notevoli altri due girati col nostro amato David, vale a dire il freddo, coriaceo, spietato mafioso russo Nikolai Luzhin de La promessa dell’assassino e il padre fondatore della psichiatria, Freud, in A Dangerous Method.

Perché qui Viggo è superba, inarrivabile incarnazione sublime e “sobriamente” crudele del male, di quella forza oscura che dalle origini dei tempi è radice inestirpabile dell’animo umano… ma procediamo con calma.

Ad analisi dell’importanza statuaria, monumentale del film, incentrato proprio sulla dirompente forza d’urto del suo protagonista, a sua volta imprescindibile centro convergente a fulcro di tutta la trama, invero all’apparenza “banale”, quasi un pretesto catturante, ipnotico per innescare il processo di repulsione e però al contempo vivida empatia che noi, spettatori, all’istante cogliamo in Tom e dal quale, irreversibilmente, patiamo l’atroce magnificenza esplosiva. Sì, un film che ci dorme dentro, s’espande visione dopo visione ad ascendere nell’empireo delle perle più grandiose e luccicanti. Non succede nulla, quasi nulla, accade quindi tutto, è il grido sepolto dei nostri istinti sedati, intimoriti e soffocati che Cronenberg fa detonare con la montante perizia chirurgica di cui è assoluto maestro.

Tratto dall’omonima graphic novel di John Wagner, è una “banale” storia di violenza… piombata dal nulla.

Tom Stall è il gestore di una tavola in una classica, noiosa, fin troppo tranquilla assonnata cittadina dell’Indiana, l’anonima Millbrook.

Una sera, nel suo ristorante, entrano due tizi poco raccomandabili.

Chiedono l’ordinazione ma Tom Stall, gentilmente, la declina, dicendo loro che oramai il locale sta chiudendo.

I due tizi, molto contrariati, bruscamente dichiarano “stato di rapina”, e prendono in ostaggio una cameriera, tentando di ucciderla.

Tom Stall, in riflessi d’aquila, li ammazza a sangue freddo, con una velocità da far impallidire gli astanti. Diviene, da quella sera, (in)consapevolmente l’eroe da prima pagina dei giornali, e una troupe televisiva si reca a casa sua per intervistarlo.

Fin qui, nessun “problema”.

Al che, giunge in città un losco figuro con un occhio di vetro e una profonda cicatrice che gli deturpa orrendamente il volto, Carl (uno splendido, eccezionale Ed Harris).

Carl, assieme ai suoi scagnozzi, delle specie di macabre, fantasmatiche guardie del corpo dall’aria minacciosa e temibile, inizia a tormentare Tom, facendo visita, a sua insaputa, alla moglie e arrivando a ledere la loro innocente incolumità.

Le ragioni, che guidano Carl ai suoi gesti, sono ignote, dichiara soltanto di conoscere Tom, e di avere un conto in sospeso con lui. Anzi, che sarebbe stato proprio Tom, molti anni addietro, a ferirlo in viso e a cavargli l’occhio.

E, dal buio della coscienza sotterrata, divampa furiosa la violenza inarrestabile del “dolce”, “bravo”, insospettabile Tom…

Un film che s’addentra nel territorio fascinoso e inquietante della paura, radente il senso mai vinto e imperscrutabile d’animalità insito nell’essere umano.

Chi è Tom, in realtà?

Una sorta di Jack Torrance di Shining, colui che, per addomesticarsi a una paciosa vita domestica, “casa e chiesa”, ha represso la sua natura, sfuggendo a sé stesso, al mostro che s’era illuso di castigare e dominare?

A voi la risposta.

 

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