I soliti ignoti, recensione

Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria, mica come voi! Voi, al massimo... potete andare a lavorare!

Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria, mica come voi! Voi, al massimo… potete andare a lavorare!

 

di Stefano Falotico

 

Arrangiandoci, abbiam guadagnato un “buono pasto” di fagioli nella pastina del pasticciaccio, da furto nella pasticceria di Calvino… non (s)cavandocela


Film capolavoro della commedia all’italiana, inserito tra i 100 film da preservare e custodire, immacolati e perennemente restaurati, dentro una intoccabile cassaforte… ove serbar le migliori perle.

 

Mario Monicelli al suo apogeo! Deflagrante, unico, irraggiungibile, inventore perfino del genere caper movie, cioè i film corali incentrati su una rapina con scasso, roba da far invidia allo statunitense, eppur enormemente sottovalutato The Score col trio delle meraviglie d’Actor’s Studio, De Niro-Brando-Norton. Non cito a caso questo film, ripeto assai trascurato, perché è un esempio lampante di onesta pellicola naïf che ci “rapisce” nel gioco attoriale, ove il mentore passa le chiavi della consegna al miglior allievo, assurgendo a modello istruttivo e putativo di diversi eppur affini stili recitativi generazionali. Un “transfert” del “metodo”.

Monicelli aveva “inventato” anche questo, donare al “tramontante”, dunque immortale, immenso patrimonio attoriale del suo grande pupillo, Totò, il “lascito” ben (in)augurante da dar ai ben più giovani, e da lì presto a diventar eguali mostri sacri, Mastroianni e Gassman, scegliendo, ed è un altro merito primario, irrinunciabile, strepitoso e d’intuito fenomenale, dei comprimari perfetti, fra cui svetta(ro)no Murgia, Salvatori e la damigella d’onore Claudia Cardinale. Anche lei destinata, nel giro brevissimo d’un lasso di tempo impercettibile, rapido come uno svelto battito di ciglia e rossetto sensualissimo, a fulmineo diventare fulgidamente una delle attrici più amate e richieste del Cinema italiano e non solo. Bella già lo era, seppur castigatissima. Eh eh.

 

Il film l’avete visto tutti. Mi stupirei solo invece se l’aveste visto una sola volta.

La trama è arcinota, anzi quasi da circolo ARCI, allineandomene di battuta gaglioffa, da “buffetto” e pacca sulle (s)palle… eh eh. Un gruppetto scalcagnato di attempati disoccupati, immarcescibili perdigiorno che campan di piccole truffe, semi-lavoretti in nero e il pigliarla come viene senza molto dolersene ma colmi di rimpianti, alle “direttive” dell’idea “geniale” del non tanto aquilotto, assai vecchietto Capannelle, si fan “forza” per un tutti per uno di “riscossa” col piano di riscuotere l’anelato malloppo. Ma sarà solo far (in)utile gruppetto Brancaleone da glup, appunto, da amaretto… groppo in gola, appena appena “addolcito” da una cena imprevista dall’effetto “digestivo”. Aromatizzante proprio il senso di (dis)fatta, eh eh, allev(i)ante la frittata della lor (in)curabile amarezza.

Un film d’adorare nelle notti in cui ci sentiamo come loro, soli, senza un soldo bucato, moschettieri delle nostre ambizioni fustigate, coi sogni in tasca, anche in pantofole, aspiranti di e a una vita migliore e più appagante. E, semmai, telefoniamo a tarda notte a un nostro caro amico per coinvolgerlo in qualche progetto da saltimbanchi. Dai, dai, sarà un colpaccio, sbancheremo! Lui stava dormendo, ci risponde assonnato e svogliato, perfin pigramente ci manda a quel paese e tartagliamo, indecisi se scusarci o prendercela, come un balbettante, insicuro, irascibile Gassman, qui stupefacente e già maturo.

 

Particolare menzione di merito però per Totò. E chi se non lui?

Principe della risata dolce-amara, appunto, già splendido protagonista, assieme ad Aldo Fabrizi, di quello che è il progenitore di cotanto parto più sottilmente architettato, cioè Guardie e ladri.

Invero, non compare per molti minuti ma gli basta la battuta di Fu Cimin e il suo devastante “Ah, uomo di lettere...”, rivolto beffardamente proprio al nostro Vittorio, per farci capire che “La prudenzia non è mai troppo…”.
Altrimenti, potrebbe essere una delusione da bagnar nella zuppa.

 

Ah ah.

 

 

 

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