Oscar moments, parte prima

Tanto bistrattati, ostracismo alle volte severo, impietoso, sacrosanto e giusto perché spesso i film, gli attori e le categorie premiate non rappresentano il meglio della stagione analizzata.

Ma gli Oscar, che vi piaccia o meno, sono una sarabanda spettacolare in cui anche noi, “comuni” spettatori, per una Notte magica, c’accaniamo in tifo sfrenato, accalorati sul divano a sperar che il nostro pupillo designato, lì candidato, s’alzi in trionfo a imbracciare la statuetta dorata.

Già, dicevamo. Tanti errori, giudizi frettolosi ove ha un ruolo importante la campagna pubblicitaria, la forza d’impatto che il film “vincitore” ha riscosso durante l’anno giudicato.

Talora, film che c’appaiono senza dubbio meritevoli, con l’erosion del Tempo vengon da noi stessi ridimensionati.

Così, c’accorgiamo che Orson Welles non ha mai vinto come regista, che Hitchcock c’è andato vicino ma anche Lui è rimasto a mani vuote, che Scorsese ha dovuto aspettare un trentennio abbondante prima d’intascarlo per The Departed (fra l’altro, a mio avviso, proprio la pellicola più sopravvalutata del nostro Zio…), che Kevin Spacey, apprendista di Pacino, ne ha due come Miglior Attore Protagonista mentre Al solo uno “tardivo”.

Direi di partire con Forrest Gump e il suo “eroe”, Tom Hanks. Il primo a far la doppietta.
Ancor più “imprevista” perché, prima di Philadelphia, dell’anno precedente appunto, veniva considerato un “attorucolo” buono al massimo per commediole brillanti.

 Un grande colpo, non solo di s-cena! Li hai schienati, grande Tom!

 

Il mitico Sean, intoccabile per De Palma! E ne ha solo uno, questo, come “Non Protagonista”.

 

 

Elia Kazan, chi s’alza in piedi, e chi come Nick Nolte riman seduto, non perdonandolo per il suo maccartismo da liste nere…

 

(Stefano Falotico)

 

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