Come Birdman, a Venezia, mi suicidai ancora

di Stefano Falotico

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Toccata e “figa” in quel di Venezia, non ho amato Birdman ma (non) amo di più la mia vi(t)a, e intendo viverla da vero v(i)olante, anche la “dignità” fottuta di me stes(s)o

A questo film, manca il cuore selvaggio, che invece io ho e qui lo (di)mostrerò, dedicando a una donna, che penso d’amare, il mar degl’intrepidi, focosi, avventurieri, tonitruanti, “scriteriati”, illuminanti, irradianti (co)raggi della mia anima non ancor (am)mai-nata(si).

Sì! No, invero non amo né lei né me e neppure voi. Mi stanno tutti antipatici. Il più simpatico sono io ma non vedo perché dovrei stare simpatico a me stesso. Se sto simpatico a voi, a me no. Mi conosco. Fingo, da anni (non) memorabili, di farmi piacere la vita. Al che, mi chiedono se conosco la parola amore, e io rispondo che loro conoscono la parola trombare, quindi sono dei tromboni a fare domande retoriche di cui (non) sanno la risposta. Amare è come scoparsi, il resto è solo la solita ipocrisia. Questi non si conoscono e (pre)tendono di voler conoscere le altrui cosce. La vita, che (r)esiste, si ama finché si ama sé stessi. Quando capisci che non ti ami, finisce il mare. Poi, potrebbe esservi un oceano. Ma preferisco il cielo alle acque. Dalle acque, nascono i bambini e son troppo adulto per queste puttan(at)e delle natalità. Buon Natale! Ma di che? Meglio esser (in)felici come una Pasqua e volare giù in picchiata, da puro gabbiano che non si fa (in)gabb(i)are dalle dinamiche di un mondo bugiardo. Quindi, sono un bugiardo che dice la fottuta verità. Il resto è un leccaculo che ti dirà scontate frasi a effetto come nel film Birdman. Io invece tollero gli omosessuali, almeno non rompono i coglioni ma si fanno i loro, e odio invece il sesso tutto, quindi anche il mio uccello. Già darlo a me, è una palla, se la cerniera non funziona, potrebbero essere due palle amare. Affoganti.

Amare, amare, amare. Sempre questo verbo che mi sta sul cazzo, appunto.

Vi spiego la mia filosofia del viaggio.

Una “falsa” partenza e un ospite nella carrozza d’un regionale davver lentissimo, quasi una littorina in direzione di Venezia, per poi attraccar, di traghetto e mio “drago”, al Lido speriamo fastosamente inaugurante.

Tremo in treno, son il solo nello “scompartimento” sciolto, senza separé “vitrei” a far di conto fra la prima e la seconda classe, fra chi, insomma, ha i contanti e chi, povero in “canne”, se le tocca… poco da “conte” ma da spiccio(lata) dei pochi conti in “bucate” tasche. Una vita da re(o).

Tremo perché spero che nessuno, né a fianco né di fronte, non di lato e neppur di “diagonale”, m’ingombri la visione per guardar chiaramente fuori dal finestrino. Ma, poco prima che il treno parta, ecco che, dirimpetto, un mezzo “negro” mi si para. Fortunatamente, mi chiede solo “Posso sedermi?”, annuisco, non son razzista.

Lui è splendidamente taciturno, forse un musulmano, un semi-muso giallo, è di colore, sì, ma non sul “rosso”, un mulatto però vestito da tamarro. Sarà al verde? Che razza di cazzone “extracomunitario” è mai tal sorta di “sorcino” coi calzini corti, magliettina di lino “fina” da faccia di mer(da) torbida, anticipante la Venezia più d’alghe escrementizie al “profumo” mi puzza di ladro napoletano ma in fondo è un onesto europeo nazionalizzato italian con la scritta Nike e un walkman su presa mia per il culo sotto i baffi o “incorporata” d’attaccarsi al tram? No, è un semplice wagon e, sotto il posacenere metallico, di cui non ho mai capito l’“ubication”, è “appioppata” la scritta “Smoke is strictly forbidden, VIETATO FUMARE, non ci provare, altrimenti sarai defenestrato di multa da un occhio della testa simil Taglione con tanto di sovrapprezzo perché, ricordati, cazzo, che non hai timbrato il biglietto e sarà tua bile amara ancor prima di veder la marea… della (non) giustificazione più controllore non corruttibile in o sborsi subito e te la decurtiamo oppur i coglioni ti decurteremo, a meno che tu non sia un po’ Principe De Curtis e potremo, per simpatia, farti meno il popò per via del tuo umorismo scaccia-tragedie alla Totò”.

Arrangiatevi!

Al che, il treno parte, non tanto in quinta anche se, nel frattempo, a fianco s’è seduta una con la seconda. Non è una bella situazione. Di fronte, il cazzone dalle origini “anomale”, non individuabile in nessuna mappa geografica in caso di “denunce”, adiacente una donna che me l’ammoscia su mie già palpebre addormentanti. Sì, sto pig(l)iando sonno a velocità “pazzesca”, per non veder lo “spettacolo”, aspettando di poter vedere quello delle 20 al PalaBiennale.

Mi sta cascando l’occhio su una passante in minigonna che mi desta… dal dormiveglia e quasi subito m’eccita di “alzato”. Medito uno “scandaloso” en passant di mio “passerotto” in “volo”, anche m’auguro “in viola” alla passera rosa, da “viaggiatore” che non deve vergognarsi d’un cazzo, e gioco d’“arrocco” su voce roca, finto-figa ché la raucedine fa uomo che conosce i “filtri” brucianti, di prima mossa bestiale come sussurrare “è un treno, qui non posso, in bagn(at)o ci può stare?”.

Invero, attendo, miei sugli attenti, poi (at)tento, fermandola per chiederle l’ora del “t(i)è”. What time is it? Lei è english, tedesca o di Milano su iridi azzurrissime d’apparente scandinava e dunque nessuna “scaloppina” ma solo una “sberla?”.

Va be’, danno… il “limone” al ristorante? Solo un granchio? , e una volta arrivati a Venezia, offrono almeno a “basso” p(r)ezzo il mio esser così in golosa vo(n)g(ol)a? Ma sì, lasciamo stare, è una mongola… questo davanti, invece, più (non) lo guardo e mi più dà nell’occhiolino. È un frocio in abiti magrebini. Sì, come possibile “terrorista”, non può farmi nessun culo…

Al che, per rompergli le “orecchie”, mentre sta ascoltando a tutto volume rompi-timpani un cd di Cheb Khaled, fingo appunto d’ingubbiarmi e, con “furbizia” da invero sveglissimo…, muovo apposta violentemente la mia gamba, distruggendogli l’impianto “aerofonico”.

Gli piglia un colpo e, in un intraducibile “gergo” curdo da chi, appunto, parla “turco”, mentre in risate di “sottecchi” me lo fumo, mentendogli, lui grida:

– Non è aereo, cazz’ succed’, porc’ Allah, chi ha interrott’ lo stereo, non si sente nulla, ho sentito solo un boato! Un (fras)tuono!

– Mi scusi. Son stato io, “inavvertitamente”. Vi ho preso contro. Mi “(s)piace”. È saltata la musichetta? Glielo riparo, se vuole.

Lui non capisce un cazzo (sarà solo un demente analfabeta?) di quello che dico ed emette un sibilo…

– Non capir’ perché m’hai rott’ di (rin)cul’, fuck you ma non possiamo metterci d’accord’ perché non ho dietro di me alcun portafogl’.

– Ah, ti ho scoperto, mariuolo maledetto! Scendi dal treno o chiamo il “conduttore” d’aria, no, volevo dire il conducente.

– Dove vuole spedirmi?

– Nel didietro, in carcere. Lei non ha pagato per poter stare su questo treno. E ha avuto perfino la maleducazione di mettersi “contro” di me. Si alzi!

 

Interviene la racchia che mi “fiancheggia”:

– Sì, deve sapere che, prima di salire, costui ha provato a toccarmi di mano morta per aiutarmi a portare il suo “bagaglio”.

– Ah sì? Ha tastato la terrona?

– Sì, ma non è terreno “fertile”. È donna sterile, ha visto che ha le tette ammoscianti?

– Sì, fate entrambi schifo. Via!

 

Raggiungo Venezia, guardo Birdman e penso che Cuore selvaggio sia molto più bello.
Sono o non sono una mer(da)? Certo. Io la so, tu no, e buona vita a tutti.

Ci vediamo in una stazione migliore di questo mondo.

 

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