Il “pesce” lesso, alla Nic Cage, sembra uno scemo eppur (in)semina, sembra da Valium d’attacchi di panico e invece se la “seda” severo…

Cage Zandalee

Nel sedere? Sul serio?

No, anche in figa.

Sì, Cage è figo. Maschile di far la bella figura del cazzo.

Un(a) vamp(iro) lo/a riconosci subito

Da un po’ di tempo, ho preso coscienza di essere un non mor(t)o. Così, fluttuo nella notte e la gente “dabbene” sa (ri)fiutarmi lontano un miglio. Mi strascico… nel ciottolato bagnato, da Vienna a Napoli, con in testa il pennacchio d’un dolor mio innato. I miei occhi son neri, tendenti al candore, le donne ne conoscon l’odore, sì, gli occhi odorano e infatti, fra mille sudori d’ascelle, fra lenzuola delle mie tope, puzzo di tomba in iridi puzzolente, sempre meglio delle zoccole con la puzza sotto il naso e le puzzette dopo che mangian le pizzette. Sì, le ninfomani che si dan alle pazze gioie e al Belgioioso della mozzarella dei bei giovini, detto, senza virgolette, sper(m)a e rosse di ser(r)a la danno senza paura di ricever danni, cioè di esser messe incinta. A queste basta toglier la cintura, non puoi recintarle. Dalla cintola in giù, son dolci e cavall(in)e per ogni vi(ri)le tiramisù con prima la leccatina e poi la (s)monta, unto, bisunto, da bisonte.  Credo di essere l’incarnazione della vetustà fatta carne putrefatta… da voi, e danzo a specchio della mia rara specialità. Sì, non appartengo alla vostra specie, voi spacc(i)ate, e non avete neanche il coraggio di definirvi spacciat(or)i. Sì, di notte io rifletto e, in questo (ri)flettermi (in)dolente, apatico d’occhi giammai (sonno)lenti, vago alla ricerca del perché non sono, eppur non mi turba il non aver sonno e credo che neanche perderò il senno. Così, spio i vostri amplessi fuori dalle f(in)est(r)e “accese” e, in quell’intraveder come uno (s)fotte una nella penombra, deflorandola dopo averle offerto la rosa, che fiorellino, non mi faccio pena né pene. Non stacco la spi(n)a.

Sì, un tempo mi masturbavo platealmente e delle mie masturbazioni narrai, di “su e giù” errai, cari miei er(r)o(ne)i del cazzo.

Credo che ogni vampiro s’immalinconisca proprio quando (non) la vede daltonico e, in questo “darsi”… ton(n)o sba(di)gliato, (di)storto, l’ansia decorre, nel panta rei dei pantaloni andati a mignotte.

(Con)fusione, dammi una mano e assieme ce “la tireremo” di brutto, siam brutti eppur piacciamo, spiaccichiamo e “spacchiamo” il cu(cu)lo a tutti noi per terra(gne).

Sì, siam ragni, nel fango stagniamo, date al nostro salsicciotto le carte stagnole, “care” carogne, mie cagne, facciam cagnara. E, in tal vostro carnaio, ecco la “canna” di nostre be(sciame)lle” ai cannelloni, in quanto voi siete una “cannonata” e noi lecchiamo, nel ghiacciolo, i nostri cannoli, con tanto di zucche(ro). Vuote, ce li state svuotando! Coglioni, avete rotto le palle!

Da un po’, mi son di nuovo innamorato. A forza di “farmele”…, doveva (av)venire… per “forza”, la mia “debolezza” la doveva (s)mettere di “smanettare”, non potevo star con le mani in “mon(a)co”, anche se il sa(gg)io è uomo sal(i)ente e “taglia la co(r)da” di ca(va)llo. Dunque, salando, a forza di sal(ir)e, (a)scende, s’evolve, come si suol dire ad “ardere”. Sono un uomo ardente, un da(r)do “al dente”, miei cani(ni). Contattando una con “tatto” di lenti nostre a contatti, plurale messo per crear la rima “assonante” in me mai assonnato, sì, una ratta con gli occhiali e io top(p)o di “o(r)ca”, lei mi sporca, e ha un sen(s)o della “madonna” tutto questo?

No, è una stronza(ta), ma io so che Nic Cage, seppur già (s)pel(l)ato in Zandalee, sotto la pioggia Erika Anderson “scandalosamente” pa(ra)lizzò coi suoi occhi “blu” vicino a un cancello e poi, in suo (di)letto “a bestia”, la stantuffò di gran c(al)ore d’uccello su “ciuffo” del toupet al “gel” raggelante di Tutti pazzi per Mary in sua topolona dai lunghi (ca)pel(l)i tendenti al rosso da fondoschiena(rti), molto “er(et)to” e nobile in sua “nobildonna” nubile eppur (s)porco come pochi porci.

Sì, meglio essere un maniaco che, come dite voi, tonti, rimboccarsi le maniche.

Di mio “manico”, so il “fallo” mio e, di mio cazzo “affrescante”, pigliatelo di pe(nel)l(o)!

Lei sta calda, tu stai fresco e fuori piove.

Domani, ci sarà il Sole o sarò solo?

Non lo so, intanto sto morendo.

Io e Nic Cage abbiam un gran fisico. Anche a culo stiam nessi bene. Non valiamo un cazzo, non sappiamo recitare ma ce la sappiamo trombare alla faccia tua intelligentona.

Che non hai capito né questo mio scritto né quella “intelligente” a cui dovevi solo strappar la gonna e non dedicarle una minchia(ta) poetica.

Ma un cazzone tosto, duro come i suoi testicoli da testa di (c)rape vostre.

 

di Stefano Falotico

 

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