“Evil Dead”, Review

Il nastro maledetto del Rosemary’s Baby risvegliato fra i morti viventi…

Sam Raimi è un folle, un eccentrico visionario d’unicità oramai perduta nel liquame piatto del laghetto “cinematografico” odierno, miei inetti! Tanto da eclissar perfino il suo stesso Sam nella ragnatela dei blockbuster da nerd alla Peter Parker.

Oggi che il Mondo, ahimè e ahia-ahia-noi, ha estinto la “tetraggine” nel buonismo d’accatto e nella giullaresca frivolezza di massa, Io, Altissimo “Gesù Cristo” ambiguo e maledetto per grazia divina, sterzo implorante me stesso in licantropia viscerale, con bruschezza parossistica e, anziché crogiolarmi nelle “ribalde” putredini dell’anima lor venduta alla plastica e ai mercificati abbagli “stanchi”, scendo da leviatano-Loch Ness negli st(r)ati criptici degli incubi stagnanti, in quanto gift. A horror innalzato, immolante il virtuoso volteggiarmi rugginoso e corvo gracchiante, scovo di nuovo questo e me lo scopo, dispettoso, birbantissimo, “innocentemente” diabolico nell’acuto stonar altrove e battagliero, orticaria splatter “irritante” di mia seduta spiritica nel rimembrare e disseppellire i vostri cuori da ogni cimiteriale, glaciale sepoltura.

Io, figlio (il)legittimo d’una generazione che privilegiava le vere e “vitree” emozioni, oggi dissipate nell’annichilimento nichilista da freddi fancazzisti, torno felicissimo indietro con la memoria. Mi amputo, e sputtano questo contemporaneo!
Sin a un’immersione d’apnea, epica che imbocca ferale la discesa infernale… Tra le “carcasse”, il mio zombi vitale s’incarna nel famoso Zio Tibia. Sì, quel “bisbetico” vecchiaccio di volto putrefattissimo, da far “impallidire” ogni invenzione “putrescente”, appunto, del Rob Zombie più pungente. Egli, il nostro Zio Tibia, abitava in un loculo spettrale, carezzava melodioso il suo cane, Golem, altro che quel menestrello mostruoso del tanto vostro “decantato” Gollum, altro che compagnie degli anelli. Zio Tibia era dissacrante, sì, appariva notturno per inquietarci nel plenilunio.
Altri tempi, che oggi rimpiango. Zio Tibia era “blasfemo”, “infermo di mente”, platealmente un Babau, sì, uno spauracchio e grosse le sparava. Passava da Nightmare, come “animale domestico” del Pet… Sematary, alle più astruse e “zoologiche” entomologie da ermetismo proprio della Cripta! E non della mutua!
Sboccato come pochi altri, un clandestino latrante, un freak latitante. Mica come voi, allettati nei lettucci, miei bamboccioni che boccio e ai quali donerò sol del latte scaduto! Vi stano, v’avvisto nel cantuccio e te le suono di “coccio”. Eccole, cocchini! Quali coccole! Tu meriti solo una zoccola. Mi tengo Halloween e le zucche.
Sì, la mia infanzia già s’allattò d’ossari e malleoli slogati, di “distorsioni” che scarnii senza “cagnoline” e leccate di culo. Insomma, ero già una merda “(im)pura”. Un impunito a disossarvi, tutti, a dissanguare la mia anima per una bestiale ascesi vivifica e profetica ché la società s’è adesso tristemente chiusa nella museruola degli amori ruffiani, delle smorfie e delle “carinerie”. Ah ah, io mordo ancora, io sono il morso, cari orsacchiotti.
Spello il mio peluche nell’argento vivo “senza volto”, spalmo il mio teschio di neuroni increspati a nomade, sì, vagabondo terso nella più mera e nerissima “dispersione” che asperge voi, voi “moderni” merli dai “grossi” testicoli ottusi e testardi, e voi megere con la vostra insipida, rivoltante confettura, ah le mamme(lle), le marmellate. Che merde! Ah ah, fattucchiera, son io lo stregone, ti rubo lo Strudel e cospargo la mia “cera” per spegnerti la candela e le “cannelle”. Altro che besciamella sui cannelloni. Bruttona, deturpo anche di “turpiloquio” adamantino la tua faccia “bellina”. Sono lo stracchino, mie tacchine! Ah ah, mia Biancaneve, io t’incenerisco e non avrai altro “nano” al di fuori delle arrostite “carni”. Ah ah, a Mezzanotte va la mia ronda del Piacere, intingo il pennello della fantasia, scalzando le mezze calzette con la mia “disgustosa” scarpetta, che vi pappa in un sol boccone, anche soltanto di mignolo alzato sinistro da “Mammolo” nell’altra favola, cioè “quella” di Cenerentola. A cui offro “delicatamente” una “cena” sanguigna e dalle sue gambe avvinghiato sguazzante, in quanto pisello nel dormir sulla principessina… sgusciata! Tu che scosci? Da me, nessun applauso scrosciante. Solo uno scotch in bocca. Tanto, sei già un anonimo alcolista, e ti fan bere tutto. Di finte, ti ubriaco. Senza finezze, tutte le ingroppo. Voglio altra grappa, altri capezzoli per aggrapparmele!

Ah ah. Ma non voglio dilungar il mio nasin pinocchiesco per troppi balocchi da Lucignolo, mie luccioline oramai spente. Io son (ob)lungo e, se mi va, anche di “lento” ché “vengo” e verrò a voi in pace del mio svolazzante, volubile, “violento” usignolo! Ah ah, miei pavoncelli, son io che ingabbio, in quanto bianco gabbiano.

Passiamo al film, cazzo! Un film della Madonna!

Correva, discolo, anche di discoteche e di Don Chisciotte, il “pazzo” anno 1984. Sì, ecco il mio flusso canalizzatore da Ritorno al futuro. Sono un genio, sono Einstein, sono Doc e di origine controllata alla Christopher Lloyd. Di capelli elettrizzati, guido la DeLorean nel mio “delfino”, col(or)ante di gel “spermicida” come l’85 in una reminiscenza “a posteriori” con tanto di “pneumatici” atemporali, sono l’orgasmo di preliminari sull’ottovolante e 69 in 90-60-90 oggi di nuovo Millennio e 2013 avanti più veloce della Luce. E di an(n)o dopo.

Sì, sono un “casino” pazzesco vivente, un George Romero finto “demente”. Tu sei finito! E me la meno, senza le vostre rumene, miei ruminanti e maiali come i più cafoni (for-t-i…) romani.

Alla grandissima “granita” con tanto di limonate di tutta gassosa! Sono sballato, fuori posto, senza cintura di sicurezza ma va, reclinato e basculante, su tutte le “bellezze” liete. Spingendo, accelerando, frenando, ingranando la marcia e “infiammandolo” fra le crocerossine, miei marchettoni coi maccheroncini e le barzellette sui carabinieri e le lor marcette. Ah ah, io marc(hi)o a “interzona”, salto nel “vuoto” alla Joe Dante e d’ululato addento. Spingo tutto “dentro”. A più non posso, anche perché altrimenti persino le frigide friggerebbero troppo per bagnata frizione.
Miei delinquenti, massaggio di oli bollenti e tanti unguenti. Ah, che (l)inguine!
Ah ah, quante “aiuole”, quanti “boschi”. Come questi cinque ragazzi che non hanno paura d’un cazzo! Ah ah!

E s’avventurano nella foresta. Però, non avevan previsto l’urlo demoniaco dei defunti. Una povera pazza, nella cascina abbandonata,di questo buio alloggio “alberghiero”, rinviene una registrazione e la recita ad alta voce.
Nooo! Che cosa hai fatto, puttana?! Hai messo tutti nei guai. Sì, perché la casa vien da quel momento presa d’assedio. Spuntano le anime dei morti! Il Necronomicon, e morirete tutti senza neppure i necrologi da R.I.P.

Il film sta qui, nel mezzo degli alberi del Male… di Sam Raimi “impazzito” d’artigianale, che divelle la videocamera come un amplesso furioso senza dolci p(l)ett(r)i e mielose meline, la “incula” nell’incunearci terrore, macchiandola di PH senza neutro detergente. Trip da flipper visivo, la vecchia ammazza col suo flit. Crepa, inflitta! Altro che patatine fritte nelle multisale. Altro che discorsi da salotti.
Nessun filtro! Sam non fumava, non s’è mai drogato, ma questo Cinema non è una pi(p)pa.
Schizzi e schiamazzi, ammazzati in modo efferato, brutale Cinema duro, sbattuto in faccia, inventivo, creato dal “nulla”.

Come creature della Notte.

Vaffanculo! Rivoglio questa roba, questo è Cinema non da birrette, non da imbecilli nell’oramai deserto coi miraggi e le borracce, Cinema che spacca e non va a vacche.

Il resto, buttatelo nel cesso. Ecco la “burrata”.

Tutto nel burrone il cinemino dei “bidoni”. Tutta spazzatura.

Rivoglio le mie incazzature.

Sì, delle vostre balle da fieno ne ho piene… fatevi i pompini a vicenda, vi provocherete solo bile e fiele. E fame da (ca)valle di lacrime!

Basta con questi zuccheri filati. Te la rifilo io la buona “punturina”.

(Stefano Falotico)

 

 

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