“Righteous Kill”, Review anomala

L’omicidio perpetrato alla f(r)eccia dev’esser virtuoso, scagliato d’ira repressa dietro abiti da poliziotto intonso. Altrimenti, è sol che assassinio dietro leguleia “etica” ancor più da stella di “latta”.
Non arzigogolato tra false maschere, sfacciato come un Pacino (spoilero) logorato, “ansiolitico” dell’angoscia sua geniale oggi qui invecchiata nel nevrotico peggiore di sordina, recidiva anche agli impeti urlanti ma “schiamazzato” d’interpretazione cieca, dimenticabile, anonima, trasparente ai limiti del brizzolato. Un Pacino schiacciatissimo! Agghiacciante!
Un grigio lupo di mare nella giungla, scalcinato di zigomi, acido muriatico di teschio in capelli sfibrati, ischeletrito nel ventre dell’Al(ba) che fu, tramontato senilmente, ma non sereno affatto. Affrantissimo. Lo abbiamo perso?
Affilatissimo di grilletto facile da “buco” in mezzo alla fronte, forse drogato dell’esser marcito nell’integerrimo codice che (ci) ha tradito.

Non c’è heat in questo freddo poliziesco che non è all’italiana, nonostante le insegne al neon di ristorantini“emigranti”, polar-avanguardismo patetico d’un Cinema tronfio di schiettezza cruda e neppure ardisce ad americanata garbata. Tanto da scarnirsi la cena delle sparatorie. A essiccar anche di poco spargimento di sangue. Proprio (il) nulla.
Lurido underground del sottobosco “inguardabile”.
Amarognolo nel “retrogrado” voler emulare gli anni settanta in abiti cattivi col trucco fallace d’un montaggio schizzato del contemporaneo indigesti, di testacoda e split screen gratuiti nella messa a fuoco sulle calibro sfiatate, di recitazioni “lombrosiane”. detupanti nel Pacino meno se stesso e nel Bob bolso, rivali eterni e adesso smemorati dai due miti immortal(at)i dentro Michael Mann.

Quindi vetta da studiare a memoria per ogni (de)generazione futura. Spacca le tempie nell’alleviarci con due icone fuori sincrono laddove in Mann, pur comparendo in sole due scene, fra cui una “cenetta”, erano più tavola calda di specchi delle medaglie… Rovesciati, auto-distrutti(vi). Più nera cupezza degli incubi, più sogno di puro, immenso Cinema.

Jon Avnet è mestierante, arrabatta, la butta lì, cazzeggia in una sceneggiatura discreta firmata dal creatore di Inside Man.

Produce Avi Lerner, quindi già impacchetta la paccottiglia, infila Carla Gugino per un paio di tette “di sbieco” neanche inquadrate in modo davvero birbante, la vediamo semi-oscurata da un De Niro montante a sodomizzarla ma da nostro groppo in gola. Per un nastro isolante del cancelliamo questa robaccia, un De Niro con un neo in più.
Una cavallina triste, una cantilena per concludere in quattro e “quattrocchi” lo scontro di un Cinema senza Sguardo. Ma non è liquame, c’è più melma in tanto degrado di quel Cinema che voi definite elitario, dunque presupponete piacente.

Ma per piacere. Rispettate Bob e Al, ammirateli nel finale “a bersaglio”. Saranno un po’ andati ma la stronzata va ch’è ancora due pezzi da novanta.

Per il resto, rispetta sia la Legge e sia le tue chiacchiere e distintivo…

Mi contraddico? Altrimenti sarei un Turk. Preferisco la mia faccia a farvi arrosto, come Rooster.

(Stefano Falotico)

Most people respect the badge, tutti rispettano De Niro.

Most people respect the badge, tutti rispettano De Niro.

 

Alba scura.

Alba scura.

Cazzo, due bestie del Cinema. Rispetto!

 

Cazzo, due bestie del Cinema. Rispetto!

 

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