Run All Night – Una notte per sopravvivere, recensione

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In questa vita, nessun peccato rimane impunito…

Torment(at)o, dopo lo stato “amniotico”, quando stai per morire, rivedi la tua vita? È solo una stronzata, inventata dal colpo letale di qualche romantico col “vezzo” dei (ri)morsi, dell’impiccagione “fredda” Impavido è il becchino!

15 hours earlier, il prima, l’intermezzo (s)colpito alla tua anima già appesa, “pendule” circostanze, casini “normali”.

Panoramiche “computerizzate”, studio dei personaggi col contagocce della “Calibro” d’ordinanza, un film (dis)ordinato, “grattaceolante”, potente “eloquio” d’immagini tagliate con l’accetta d’una mdp volante, mai ferma, indomita come il suo cavaliere stanco, per niente, Liam/Jimmy Conlon.

Superiamo la notte indenni, ok?

Storia che fa la serpentina fra le “serpi”, fra un onesto (cor)rotto e un boss “pulito” della malavita, a cui il “buono” ammazza, per legittima difesa, del suo di figlio, il figlio! Dell’unico suo “amico”, adesso unico nemico, ma che nemico! Da allora, da quel momento sibillino, sibilante, parte la sfida per sopravvivere, per rimanere vivi, rete di protezione familiare, d’antichi traumi (non) rimossi.

Non ci s’arrende, mai.

 

di Stefano Falotico

 

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