“Amadeus”, Review

L’invidia può spezzar la gola d’un libero e immortale genio?

Ora, quando si parla di grandi registi non più in attività, balza “all’occhio” l’immane Michael Cimino.

Ma quasi mai, eccezion fatta per i cinefili purissimi, spunta il nome dell’altrettanto “schivato” Forman.

Entrambi paladini e difensori d’un Cinema meraviglioso oramai estinto, spazzato via dai soldi facili del guadagno “assicurato”.

Entrambi premi Oscar per due caposaldi inamovibili, titanici della Storia.

Che te lo dico a fare?

Cimino con l’epico, impareggiabile Il cacciatore e Forman col “cattivo”, arrabbiatissimo urlo del cuculo…

Un Cinema troppo forte, troppo “disturbante”, troppo forse per questo Mondo appiattito e vorace, prostituitosi in dissipatezze frivole, mercanteggiante d’ironie d’accatto e compravendite “volatili”. Quello di Cimino, di Forman e di quelli come loro, era (è) Cinema schierato, “diverso” come spesso tali sono sia le loro gementi storie difficili e sia i protagonisti “contorti”, incompresi e bigger than life, “anarchici”, libertini, errabondi, geniali, contro tutto e tutti non per propria scelta ma per innatismo che non può combaciare col gusto orrendo di massa.

Scherzaccio dei geni emarginati in virtù di essere geni.

Che orrore!

Che verità tristissima! In questo capolavoro assoluto, Milos “ardisce” al biopic sui generis, e lo adatta alla sua visione nel filtrare gli occhi d’un Mozart “infantilizzato” nella romanzata atrocità invidiosa del suo antagonista per antonomasia, il rivalissimo e “mediocre” Salieri.

No, Salieri non era mediocre affatto ma, in confronto a Mozart, sfigurava.

Salieri lo sapeva, non gli andava appunto a genio.

E, alla fine, il vero protagonista del film diventa proprio l’orco Salieri.

Mozart divien invece un Tom Hulce d’incantevole sottofondo indimenticabile. Tanto che a vincere proprio la statuetta come “Migliore Attore Protagonista” sarà il “bastardo” F. Murray Abraham.

Comunque, attorialmente strepitoso.

Mimesi allucinante della più bieca, incredibile crudeltà. Abraham, nei suoi occhi luciferini, addensa le sfumature sottilissime di ogni disumana meschinità e vigliaccheria. Salieri adora Mozart, n’è profondamente innamorato nell’inconscio…

Ma il suo amore universale si tramuterà pian piano in raccapricciante odio. Perché non sopporta la grandezza d’un compositore obiettivamente migliore di lui. Irraggiungibile, un “mostro” che partorisce sinfonie sin troppo perfette.

Da bravura che sconfina e anche supera il celestiale assoluto.

Mozart è divino ma è così terreno nella vita “reale”. Perché Dio avrebbe scelto un fanciullo osceno quale suo strumento!?, grida Salieri infastidito a morte, tanto da desiderare addirittura ardentemente la rovina di Mozart. Sino ad architettargli contro un piano suicida. Così, lentamente e a “fuoco lento”, l’avvelena. Innanzitutto nell’anima, flagellandolo nel suo tallone d’Achille, la sua purezza. Vulnerabilissima, nuda come la pelle appunto di un infante. Fin-finissimo a macellargli il Cuore, a dilapidare la poesia d’un “inspiegabile” diverso.

Mozart è  certamente un diverso, forse in questo consiste il suo genio. Risiede sacrale, per paradosso, nella confusa, inconciliabile, sempre franta sua coscienza tra l’irrazionale immensità come artista e il suo “nanismo” come “uomo”.

Non può essere appunto un comune “mortale”, è un freak che mette a soqquadro le normali logiche.

Mozart è come un “bambino” capriccioso, ridacchia, si ciba di donne bellissime con la “grazia” d’un moccioso irritante.

E questo a Salieri non va giù.

Alla fine, tale sarà la sua invidia nei confronti di Mozart, che lo “ammazzerà” davvero. Lo farà “impazzire”.

Quindi, si recherà fra i lebbrosi ove Mozart era “ospite illustre” prima del decesso e, sconvolto terribilmente dalla sua cattiveria, rabbrividirà beffardo verso se stesso.

Ridendo come un matto dell’orrore da lui ordito.

Piangendo la scemenza sua, del Mondo e dei mediocri che non capiranno mai.

Salieri è stato capace di annientare un genio, di ridurlo davvero come un idiota.

Che assurdità.

Meglio allora ridere che piangere.

No?

E, dostoesvkijanamente, Salieri così ha firmato la condanna a morte della sua anima. La sua indicibile brutalità lo ha marchiato di rimorso nell’eternità imperdonabile. Agghiacciante.

Mentre Mozart, purtroppo o per grande fortuna nostra, vivrà per sempre.
In questa ridicola contraddizione, vige la grottesca vita ribaltata.
I mediocri vivono, si fa per dire, i geni sono destinati a soffrire come minimo.

Il resto è la condizione umana.

Una storia horror che ci ricorda qualcuno? Già. Ridi pagliaccio!

(Stefano Falotico)

 

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