“Arancia meccanica”, Review


Gulliver
 nostro, chi è nano, mostro, stregone o a caccia? Miele di cacia e il cac(a)o? Tu hai cagato storto sul mio “dolcino”.
Che mal ai pancini! Che pannolino!

Taluni giorni fa, fratelli della congrega e miei drughi, ho inserito in Amazon-Kindle un mio omaggio letterario a tal celeberrimo capolavoro.
Ché d’ingegno son inesauribile genio, musical di prosa come le più sinfonie melodiche di Beethoven. Ah ah, miei prodi.
Approdo oggi a Praga, città d’eleganza in castelli miei fantasiosi, domani plano pian piano nelle vetuste ideologie di massa, pittandomi il “Pinocchio” da saltimbanco che squadra a mo’ delle geometrie kubrickiane, sinaptico in simbiosi, “strambo” surreal cubista adoro culi lisci, li tornisco e me ne “rassodo”. Che Rubik, che ludicismo.

Che scultore del vostro putrido candore! Ah ah, vi aggiusto nei tasselli perfetti.
Ieri, diedi tutto… per “assodato”, domani m’assolderanno dopo che m’avran sedato o solo, come ogni tonto nei girotondi del social mappamondo, immondamente assolto potrò sereno assolarmi. Finché la spiaggia va in barca vostra, avaria mia mental non sarà mai demenza di maree tristi. Ah ah!
Oh, chi ha sedere, chi si tempra, chi osa ameno, chi animal mena. Chi sfonda, chi affondò, qualche culo della Corri Adrienne hai stuprato mio bastardo qui ingabbiato. E nessuna seconda chance da Rocky per Adrianaaa! Il lavaggio spompa anche quel “muscolo” birichino, che bel giochino ora a tapparti perfin la bocca dopo che le entrasti, di soppiatto mancino, brutalmente in tutti i buchini. Volevi le sue chiappe? Acchiappato dopo il colpaccio! Bucherellando le regole, tu trasgressivo sei stato arrestato. In stato di (in)fermo. Da curar con Ludovico. Come di Notte sgattaiolavi e or in “gattabuia” violentato sei poc’amato.
Che disarmante beffa, i tuoi ex amici stolti se la ridon sotto i baffi. A bacchetta li comandavi, giocattolaio sei nelle mani or dei “cioccolati” amari a “dolcezza” quant’è “buona” la società sproporzionata e di oratorie, retoriche nel vogliamoci bene. Il pene loro è in camuffa, tu sei buffissimo ma più grande in tutto. Invertito, che ribaltata prospettiva.
Chi, come me, di calembour fa capriole nelle donne di sobrio odor’, e nei sudori (rin)viene, “criminale” sei tu latente in mio lattante… Korova Milk Bar al “Bobby” De Niro, ché di nomignolo fu latticino durante l’adolescenza.
E, dalla lentiggine sullo zigomo, dalla cerea maschera beffarda, il ne(r)o s’inoltrò a carisma d’attor. Ah, rimpiango quei nitori, quel calor di femmina selvaggia, rossor che tintinnò i miei ormoni sulla figona rossa attilatissima, tiratissimo per Lei di “forbicine”.
Io, il più forbito e d’alto lignaggio, m’han impalato nel legnoso “bugiardino” dei loro “balocchi”. Burattino!
Che crudel, ripeto, gioco. Che cattiveria. Solo per aver fatto godere la patata della moglie del dottore, annoiata e depressa, di piale han addolcito e non posso più spiattellarla. Che verghe, che verità ipocrita.

Per aver premuto con troppo “Push” nello sbottonarla un po’, essermi allargato nell’allagarla troppo lì nella topona?
Topolin, topolin, evviva Topolinofull metal jacket, oh che giocherello da “duri” è la vita “maschia”. Ma che pall(ottol)e.
Che barbosa marcetta. Funebri, diverrete come Barry Lindon, lindi lindi nel mediocre accontentarvi. Tramandando, di generazione in generazione, l’educazione “moderata” del mai lontano uccello… libero e aguzzo.
Quanto siete angusti ma vi vantate d’aver gusto.
Sempre a posto, composti e al comando appunto di postazioni.
Posati, a riposar negli eterni sonnellini, quanto sei carino mio fiorellino.
Bocciol’ per bocce all’albicocca al lecchino limonar con lingua buongustaia nella forchetta già rosolata nel “castrato”.
A polpette, fettine di maiale, a gattone ne siete fusi.

Qui son Alex il magnetico, il metallo e il Magnesio. Magnum e calibrato colibrì senza polli da chicchirichì? Galline, ecco la galera! Che balere, mia balenottera.
Chi sono non lo so, l’insonnia mi “masturba”, turbolento accendo il motore, scoreggio fra voi di fetor’ e sempre coi carboidrati.
Meglio il carburatore. Trombando, vado rimontante.

Meglio fottersela che star a “giusti” capotavola.

Ecco il mio dogma di pedagogia:

1) Ama come fregheresti tuo fratello. Con moderatezza e senza mai far male, anche se Lei vorrà esser penetrata con foga bestial’ nella foresta. Tu vai impettito, a testa alta quando di testicoli e testacoda la tradirai con un’anatra… Ah ah. Il cespuglio sbroglia la ma(ta)ssa.

La mannaia è nulla contro il mannaro. Boia!
Giuda ama Caino, Abele vuole il suo albero di pallone gonfiate. Evita le bombastiche, quel silicone sgonfia, il contatto esploderà in un “Puff(o)-plof”. Solo tette, ti trascinerà nella merda.
Ohibò-ahimè, Amen e mai figli armati, né maschi né femmine. Intralceran i tuoi ardenti camini… ah ah.
Mai domestico riscaldarlo, al fornello levitar e librato stringerlo in segno di Pace.

Immagina tutta la gente come John Lennon a fregarsene del razzismo.

I fancazzisti son meglio dei fascisti. Su questi porci non piove mai?

Saremmo tutti fratelli e sorelle.
Tutti del nostro godimento menestrelli.

Invece, ci rastrellano, i ribelli defenestrano e anali son annuale incularci.

2) Malcolm McDowell ha qui la faccia che voglio. Da cazzo coi suoi cazzi e “schizzato”, poi “cotto”, quindi a guardarselo col microscopio.
Ecco, toglierei l’ultima parte imbruttita, ne voglio una di prima con la quinta. Ah ah.

3) Il capolavoro è tale e, genio essendo, va goduta. A pieno.

Ora, a cuccia e bava alle boccucce degli ebetucci.

E ricordate: chi semina, raccoglie? No, solo alla banca del seme.

Sei un moralista da seminario, vai subito (in)seminato.

Attacco di panico?

No, Lei me lo attacca con la panna.


(Stefano Falotico)

 

 

Lascia un commento

Home Senza categoria “Arancia meccanica”, Review
credit