Com’è bello esser definiti folli, cara foll(i)a

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Ora, so che come al solito questa mia invettiva potrà apparire come un j’accuse accusabile delle peggior patenti, quelle che la gente mediocre e ottusa continua imperterrita e irredenta, però di sciocchezza ridente, ad affibbiarmi, perseverando nelle loro ostinazioni “crasse” e discriminatorie.

È il mio genio che riesce sempre a svincolarsene, cercando l’essenza della nostra natura di uomini che, in quanto tali e possessori una libera coscienza, è sano e giusto che siano “matti”, in quanto appunto “proprietari” dell’arbitrarietà di sé stessi, sciolta da infingimenti e altre trappole coercitive della mente che, poiché pen(s)ante, è vivaddio frastagliata, armoniosa nelle inquietudini che non dobbiamo assolutamente celare né reprimere. Esponete con grazia, anche disordinatamente, le vostre stranezze e fatene dono a chi potrà ca(r)pirle senza che possa abbruttirvi in schemi preconfezionati della banalità più frivola, quella che ripudio, combatto, a cui punto il dito con rabbia giudicante, sì, qui il mio giudizio si pone incontrastabile e avanzante nella ricerca del Ver(b)o.

Molti credono che io debba rinsavire mentre il sottoscritto, più avanzano i giorni, e più gode della sua “screanzata pazzia”, attestando la sua indubbia superiorità nel mar di luoghi comuni in cui i fessi affogano, poi strozzandosi, sempre “codesti” assolutamente dormiglioni e non desti, di cibarie fatte di esistenze “goderecce”, canterine, sommerse dall’orpello gelido e arido dell’ordinarietà, della vita nella sua scorrevolezza identica, monotona, sempre prevedibile, borghesemente insulsa. E ballano con stoltezza, prendendo tutto con “leggerezza”, pensando di essere felici quando invero vivono d’imbrogli, di sotterfugi, di cattiverie, di etichette, di maschere lacrimanti, di pettegolezzi, di maligni e malsani sguardi, ed è orrore.

Siate poeti, discostatevi dalle certezze e non riducetevi a fare i “professorini” in cattedra. Siete solo patetici, siete la stirpe che va appunto estirpata con furore.

E leggete i miei libri, in remissione dei vostri peccati.

So che questo mio atteggiamento “altezzoso”, “borioso”, “superbo”, potrà esser tacciato addirittura di scemenza. Ma io so, io ho sempre saputo, cari “saputelli”.

di Stefano Falotico

 

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