Superman era ed è un esistenzialista e forse io sono Batman

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Titolo alquanto ironico, essendo l’ironia un dono delle persone malinconiche come me, che poi si aprono a slanci insospettati di vitalità, lasciando “sguazzare” il mantello nell’aria nobile della lor decadenza. Ah ah. Sì, credo che mai mi sposerò ma nel vacillar cheto e frastagliato del mio esser celibe, possibilmente “cieco”, ballo pensieroso in questo mondo penoso.

Una riflessione seria, anche troppo. Rimedito ai miei passati, trascorsi fra beata fanciullezza e lontano dai romanticismi dozzinali che tanto “prendevano” i miei coetanei, oggi “rappresi” in vite agganciate a fiere certezze. Io son sempre stato lontano dalle certezze, nella perenne, persino estenuante ricerca di centri logici, di basi gravitazionali, ho sempre fatto ruotare il mio destino. Che, in quanto continua-mente in divenire, come dev’essere, lascio che sia sospeso oggi nell’incredulità e domani nel vagar lunatico fra incognite baluginanti nel buio di schiarite risposte che mi appaiono saltellanti nell’oscurità insistita, forse (in)esistente, del nero e poi solare, ancor sol(id)o domani. Evviva il pessimismo fatale dell’uomo non ovattato. Son ancora diffidente rispetto ai giudizi facili, emessi spesso per far sentire, le persone che li pronunciano, stabili nella comodità di affibbiar al prossimo un’etichetta che possa tranquillizzare le lor coscienze, persone spesso colpevoli di arroganza, di manicheismo (ba)lordo, di presunzione figlia di anime vanagloriose, sospettose, appunto, che, illudendosi di poter ascrivere il prossimo in qualche “reparto”, fingono di esser contente/i della lor (r)esistenza. Impudicamente, con enorme coraggio, io mi son sempre esposto, in questa macellazione che è la vita occidentale coi suoi plebiscitari giudizi e le sue sentenze volgarmente superficiali. Impaurita com’è la massa da persone come me che non finiscono d’interrogarsi, esplorano il proprio cuore e lo denudano con schietta baldanza che non teme di nascondere persino i suoi sba(di)gli. Peccate, amici, sbagliate, gli errori son sempre meglio dell’orrore di chi ha smesso di domandarsi alcunché e vive di maschere. Si stanno putrefacendo. Molta gente n’è ossessionata, dalle maschere, per questo si cela dietro lavori “autoritari” o “importanti”, credendo che lo status symbol sia un riconoscimento al loro valore. Accumulando gradini nella scala gerarchica, tali persone pensano di aver sistemato le loro paure, le loro timidezze, di non aver più alcuna preoccupazione. E in questo “dolce” far “tutto” vivono solo, secondo me, più incoscienti di quando erano dei teenager stupidi. Anziché crescere davvero, hanno sostituito alla crescita dell’anima quella del conto in banca. E, in questo lor ripugnante trastullarsi (in)felice, ridono con mortifera alterigia, con quella burbanza che a me tanto spaventa e repelle. Aborro il lor aver fatto abortire il (dis)piacere della disperazione, della ricerca della vera felicità, che non si acquista con uno stipendio danaroso né con le chiacchiere vane(sie), ma si conquista anche patendo, soffrendo, lottando, esperendo dalle cadute, dai tonfi. Sì, i tonfi ci fan trionfare, non i trionfi, cari uomini tronfi. Allorché mi chiedo chi sono. Io e loro con l’oro… E scopro, con grande orgoglio, che in mezzo a tanta pusillanimità e ipocrisia ciarliera, brava solo a dispensar consigli banali, a non guardar il prossimo nelle sue interezze emozionali, che sono complesse e richiedono sacrificio, i miei malesseri son stati proprio l’avamposto dello scoprirmi superiore. Lo affermo con estremo “puntiglio”, perché ho trasceso gli schemi, le certezze appunto giudicanti l’altro “diverso” da noi, son stato esigente, e continuo a esserlo, nel mio chiedermi sempre un perché, nel mio non fermarmi al chi sono ma al chi potrei essere. Perseverando nei dolori delle mie notti insonni, disdegnando la superbia di chi pensa già di conoscerti e delle tue “debolezze” ride, di chi non vive ma di surrogati pensa di vivere, raccattando e mendicando approvazione facile, cercando consolazioni figlie della più bieca vigliaccheria dell’animo. Che dev’essere strano, unico, prezioso, invece.

di Stefano Falotico

BATMAN RETURNS, Michael Keaton, 1992

BATMAN RETURNS, Michael Keaton, 1992

 

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