Aftermath – La Vendetta, recensione

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E dire che qualcuno, su cui comincio adesso a nutrire seri dubbi sulla sua intelligenza cinematografica, me ne aveva parlato bene, consigliandomelo soprattutto per la prova “intensa” d’uno Schwarzenegger inedito. Robaccia davvero mal sopportabile, e questa sera, guardando tale “pellicola”, mi son ampiamento rovinato la (buona)notte.

Trama: ispirato in modo assai pretestuoso a una storia vera, è la vicenda noiosissima, senza sussulti, di due uomini accomunati, seppur in maniera diversa ma speculare dalla stessa tragedia, per cui le loro vite vengono rovinate per sempre.

Un operaio che lavora da brav’uomo in un cantiere, quando invero avrebbe già l’età pensionabile, eh eh, apprende che la moglie e la figlia sono morte in un catastrofico incidente aereo. Da allora, il dolore per la perdita irrecuperabile lo sopraffà e il trauma esploderà un anno più tardi, dopo che aveva covato un rancore insopprimibile per colui che riteneva essere stato l’artefice e il responsabile numero uno del disastro, il controllore di volo “distratto”, uomo sul quale si incentra la seconda vicenda narrata contemporaneamente o meglio in parallelo, che non ha provveduto a dovere, forse per problemi di comunicazione (e un buco narrativo devastante, con tanto di scena di tecnici capitati nella sala comandi “a caso”, mah, di cui non viene data nessuna spiegazione, nemmeno implicita…), a salvare la situazione.

Il film, con prolisse e fintamente introspettive scene “madri”, non ha una storia ed è bidimensionale, concentrandosi solo sulla sofferenza, abbastanza scontata e madornalmente mal descritta, di due uomini “sopravvissuti”. L’innocente che poi diverrà carnefice, la “vittima”, e il povero Cristo a cui è capitata una sfortuna immane.

Non vi svelo il finale e anche il sottofinale, un film che ha tutte le carte in regola per essere uno dei peggiori da me visti di recente. Una fotografia scialba e mal curata, tetra e grigia, ambientazioni volutamente vuote e squallide, due solitudini per le quali non si riesce neanche a provar empatia per come vengono riprese sciattamente, con inquadrature di primissimi piani estenuanti dalla sconcia bruttezza estetica.

Cos’è questo film? Una presa in giro, una storia che voleva darci un messaggio con artifizi invero pedissequi e paradossalmente controproducenti alle vere, viscerali emozioni, un inno a incitarci di volerci “trasportate” nel dolore con una messa in scena desolante con i più biechi topos di una trama che dovrebbe essere commovente? Non si capisce. Una spettrale, disadorna elaborazione del lutto? Come se bastasse riprendere dei volti sofferenti per fare un film di questo genere…

E Schwarzenegger, che a settant’anni prova a riciclarsi come attore “serio”, per quanto provi a impegnarsi e a infondere un minimo di profondità al personaggio, va detto con onestà che fallisce in modo alquanto evidente ed imbarazzante. Schwarzy, dacci retta, eri meglio nei blockbuster anche più “faciloni”, almeno non avevi la pretesa di fare l’attore drammatico.

Inguardabile. Sbaglia su ogni linea. Bocciatissimo. A mai più rivederlo…

di Stefano Falotico

 

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