Aspettiamo il ritorno di Michael Mann

Alì

Il 5 Febbraio del 1943 nasce quello che, a mio avviso, è un genio indiscutibile del Cinema di tutti i tempi.

Ora, a ragione della mia ferrea asserzione, vi consiglio di rivedere il finale del suo magnifico Alì.

Un film che non viene considerato un capolavoro, invece secondo me vi va molto vicino.

Alì, con la i accentata, anche se la dicitura corretta è Muhammad Ali, senza accento ma, visto che questo titanico cognome si pronuncia accentato, Mann inserisce l’accento nel titolo, enfatizzandolo a caratteri cubitali, Alì, sorto dalle ceneri di Cassius Clay. Sì, il film, come si evince dal titolo, non è solo un biopic sul più grande pugile di tutti i tempi, ma una storia di passione sfrenata per la vita, un monumentale inno epico al suo spirito libero, combattivo, giammai domo. Clay che si converte all’Islam, riabbraccia la sua gente e poi sfida l’orso cattivo George Foreman, distruggendo ogni pronostico. Subisce colpi incessanti, sembra sempre sul punto di crollare poi, all’ottava, magica ripresa, finge di essere travolto dai ganci spietati di Foreman, azzarda una mossa spericolata, lo aggira, lo inchioda all’angolo e con una serie impressionante di destro-sinistro micidiali lo annienta.

Un “normale” incontro di pugilato che nello sguardo d’aquila di Mann tramuta, trasmuta in poesia assoluta, con la colonna sonora che lentamente ascende a sigillare un momento elettrizzante, da pelle d’oca, zenit emozionale di ogni romanticismo incontenibile.

Ecco allora che Smith, che non assomigliava al vero Muhammad, diventa incredibilmente credibile nella sua pelle, soprattutto dell’anima, e un irriconoscibile Jon Voight, nei panni di Howard Cosell, scandisce un momento di Cinema da brividi.

È finita, è finita, è finita! È finita! George Foreman è stato messo KO da Muhammad Ali, Muhammad Ali ha fatto l’impossibile. Ha conquistato la corona mondiale dei pesi massimi che gli era stata ingiustamente tolta nel 1967. Che momento nella storia di questo sport, nello Zaire, in Africa.

Un momento esaltante, esaltante…

Poi, comincia a piovere e Ali si terge nella sua carne quasi sacrificata, s’erge a paladino di ogni giustizia, stagliandosi immensamente dinanzi alla sua gente.

Qui allora non parliamo più di Cinema, parliamo di epicità, di Cinema che diventa storia larger than life. E il Cinema di Mann è questo. Ogni suo film non è più solo una semplice pellicola, ma diventa riflessione metafisica, visione prospettica dell’animo umano, filtrato all’apparenza dal Cinema di genere e poi divenendo altro, imprendibile, da Strade violente a Manhunter, dall’Ulltimo dei Mohicani a Heat, da Collateral a Miami Vice sino a Nemico pubblico, i suoi film, come tutti i capolavori che si rispettano, si spezzano, si coagulano e ramificano in molteplici chiavi interpretative, tutte parimenti valide e soprattutto grandiosamente emozionanti. Ed è per questo che vogliamo sapere, assolutamente, quale sarà il suo prossimo film. La biografia di Sam Giancana e Tony Accardo, un western con Hugh Jackman, Agincourt, Enzo Ferrari, o un film sul criminale Paul Le Roux?

Forza, Michael!

di Stefano FaloticoMiami Vice Farrell

 

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