“The Untouchables”, Review

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Un De Palma fiammeggiante, ombroso ed esplosivo prima del crepuscolo fulmineo di Carlito…

Brian (Russell) De Palma, la grande firma più sottovalutata degli ultimi quarant’anni.
E ciò ha dell’allucinante. Quando si “schedan” i migliori cineasti della (sua) generazione anni 70, compaion sempre Coppola, Scorsese e su un altro versante Spielberg.
Ma, tranne casi eccezionali, fa rarissimanente capolino appunto Brian. Forse, troppo sperimentalista sin dai suoi “bislacchi”, bizzarrissimi esordi per potersi creare quell’immediata nomea “carismatica” su cui poter sperare di costruire una carriera di allori, spesso però troppo agiografici per altri, troppo avanti coi suoi thriller “hitchcockiani” per venir preso sul “serio” dagli “archivisti” d’una classicità che non “disturbi”, lo si è sempre accusato di non esser stato “coerente” con una fottuta, superata “idea di Cinema”, di aver sviato in troppe “svolte” indecifrabili, d’aver quindi “svalvolato” d’eccessi non necessari, d’abusare della “macchina da presa” per allestire esercizi di stile ridondanti, barocchi e quindi al limite della “sgradevolezza” programmatica, “studiata a tavolino”, perciò considerato automaticamente proprio poco romantico quando invece il suo primario “obiettivo” sarebbe l’elegia mitica, la glorificazione troneggiante di quel fascino epico ed epocale che a molti, chissà perché, appare sol che appunto “appariscenza” da troppa carne al fuoco.
De Palma è qui invece fulcro sacrale, intoccabile nel suo “proiettarsi” senza freni, osa, disossa la celluloide, la scuoia, la percuote, arrossisce e increspa le immagini, le arde, dà la scossa, le pervade di rosso. Anche kitsch, anche su scenografie “tramontanti”… come l’era degli eroi tanto altisonanti da sembrare “retorici”.
Sì, sventra la Storia del Cinema, “ricicla” geniale frammenti onirici, è ero(t)ico, appiccica frame (in)visibili d’omaggi (non) cattura(n)ti, poi slabbra la lineare narrazione allo scardinarla d’improvvise accelerazioni, come (si) riflettesse allo specchio notturno dei tempi in (s)cultura rinomata, anche “speculativa”, d’una diegetica tutta sua, reinventante, funambolica, eccentrica di “stupro” artistico lancinantissimo su, sottosopra, attorno, dentro sconfinati, superlativi sbalzi temporali, privi di cerchio “logico”, concentrici al delirio e ai falò stessi della sua vanità.
Da quel che mi “ricordo”, ma può darsi che sia solo un’altra depalmiana mia eccentricità, eh eh, Brian ha girato solo tre film “classici”, Scarface, questo Gli intoccabili e Carlito’s Way.
La “Critica seria” considera “paradossalmente”, o forse in linea con la “logica” da me espressa, soltanto questi come capolavori.
Ah ah, rido perché ogni opera di De Palma lo è. Altissima, svettante in una categoria fuori da ogni classificazione arrogante e “didascalica” dei dizionaretti e manualini.
Masterpiece assoluti sono anche Black Dahlia e Redacted.
Chi, blandendomi, non li ascriverà a tale monumentalità, sarà da me memorabilmente punito! Senza fornir lui alcuna spiegazione, perché non merita il mio “giudizio”, vedrà autodistruggersi simil Mission Impossible in una “stazione” orbitante del suo vuoto mentale, gravitando a Mars che non capirà mai. Il pusillanime decreta “plasmante” il De Palma che non può (com)prendere, comprimendolo accerchiante d’impresentabili paragoni al Kubrick odisseico o banalmente al più “perfetto” scorsesiano gangsterismo.
La dovete finire di valutare i registi a metrica d’altre firme storiche.
De Palma, così come gli altri citati, vive in un Pianeta tutto suo, è anche l’unicità che respira e si disseta, prende il volo… con (auto)citazioni e imprevisti cambi di scena, di rotta e fantasmi del palcoscenico…volteggianti, a mille volt. Svoltante dinamico e ad apice elegante.
Ora, premessa questa “digressione” monografica veloce come Brian di flashback, avrò “premura” dei nostri untouchables. Sì, prima le analessi, dunque adesso l’analisi.
Sorretto dall’incalzante Ennio Morricone, colonna sonora impercettibile, furiosa, scandente una “funebre”, “macabra” litania, Brian fa di Costner un attore quasi incredibile per esser vero, scopre e valorizza Garcia, dà l’Oscar insindacabile a un mitico Sean Connery e va a ripescare un “mostruoso” De Niro, laddove l’aveva “abbandonato” Rubin, prima delle mean streets di Martin e il Corleone del Coppola. Glielo rubarono, eh eh.
Pitturandolo a ne(r)o d’un crime movie che non è solo questo, ci mancherebbe.
Sarebbe un compitino facile facile per il sorprendente, già (impre)visto De Palma.
Inizialmente, per la parte “terrificante” dello spettrale Al Capone, viene designato Bob Hoskins ma la produzione, targata Art Linson, opta per una scelta più oculata, un Bob sinceramente più De Niro, nonostante la mia simpatia da Roger Rabbit per il gaglioffo, tarchiato Hoskins, dell’interprete appunto di Mona Lisa. De Niro è più Gioconda, più grand guignol a pelle camaleontica delle “giocose” mazze da Baseball…
Capone non ha mai “ammazzato” nessuno, tranne i suoi scagnozzi. Assurdo no?
E questo filmone vive di un’assurdità… già dapprincipio. Chi sostiene che un grande film debba basarsi su una trama “forte”, si sbaglia e non di poco. De Palma lo smentisce, perché in fondo la sceneggiatura è abbastanza banale, è il contorno, come Brian magistralmente lo infuoca a crepitare di vivo Cinema!
Tutto ridotto all’osso… a una sfumata, pretestuosa sfida fra buoni contro cattivi alla John Ford, manichea da far paura allo stesso modo d’un De Niro “secondario” ma centrale, presenza fissa d’ombra cape fear, che mette i brividi anche doppiato da un “romano” Amendola con l’inguaribile inflessione “borgatara” del chiacchiere e distintivo alla somigliante “dizione” di De Sando che verrà.
Chi non ha mai visto questo film? Nessuno, anche se mi viene il dubbio che tua sorella non lo conosca ma ne “conosce” tanti fra le cosce.
Dunque, anch’ella, tal “ancella” di uccellini, lo riveda, meno ne prenda, lo riami e amerà come si deve e De Palma “Dio” comanda dopo averlo amato.
Altrimenti, rimarrà presto ingravidata da un p(r)eso “minimo” e il mio Andy Garcia non salverà il suo bambino dalla carrozzina…
Ah ah. Qui, gigioneggio da Pacino/Carlito, perché mi va… metropolitana compresa.
Avete compreso questo tocco finale alla De Palma? Non ci vuole Einstein per capirlo ma un déjà vu Ejzenštejn.

 

(Stefano Falotico)

 

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