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Retrospettiva sul grande Jean-Claude Van Damme, apice dell’aquila muscles from Bruxelles quando devasta Atilla, Chong Li e Tong Po

Bloodsport

La prendiamo larga? Molto “acrobatica-aerea”, planante e, pian piano, crescendo il fuoco, sal(i)ente in mistica marziale? Con salto “carpiato” in te (non) ca(r)pito al vol(t)o in mossa della gru in karate kid e sincronizzato dorso in torso nudo e jeans tamarro come cazzo voglio essere di double impact versione doppia fra il colto in flagrante e la rasatura secca su “uccello” in tuo cu(cu)lo? Si chiama “tocco” magico, se vuoi te la rifaccio come Terence Hill di Trinità in tua faccia da cazzo e palmo di naso, incluso scoreggiarti poi da fagiolo?

Si chiama anche Bomber e Lo chiamavano Bulldozer e ricorda: chi trova un amico, trova un tesoro, detto anche Ray Jackson. Un po’ toccato, un po’ schizzato, un po’ a letto, un po’ lento, poi spacca dilettevole, di sicuro mette pepe, e scalda la foll(i)a in incitamento senza esclusione di colpi.

Un po’ anche Jerry Calà e rimani come un baccalà quando, a tutto spiano, viaggia veloce cantando felicità è mangiar un panin(ar)o con dentro un bambino. Non tanto Albano ma d’alba chiara in Giorgione, a Livorno. Non da Vasco Rossi ma molto contro quel trombone di Dunn Rosco sul ring ove tu non spezzi più nessuno, stronzo.

Poi Bud sfila i guantoni, vede a occhi nudi il crimine inenarrabile e colpisce pesante, tanto ma(ia)le che tutti rimangono di stucco e il cattivone “porcellino” distrutto.

Si chiama colpo… di (s)cena, “ingenuo”, “infantile”, tanto bambinesco che a ogni “adulto” malvagio dal cuor di pietra vengon i lacrimoni. Detta commozione, anche cerebrale, perché urt(ic)ato da un maestro così, altrimenti, vi arrabbiate?

Ah, che bei tempi, di traiettorie ardite nel vento dentro al cielo lontano o sol sognanti, di voli con la fantasia come una “Ti avrò” di Enrico Ruggeri, falco o gabbianoil pasto di qualsiasi felino… con la voglia di vivere che fa gridare…

Io sono così e non mi posso fermare.

E, dinanzi ai “giochi” sleali, divento Lionheart.

Non ci avresti scommesso, “vincente?”.

Questa non te l’aspettavi? E invece ti sto aspettando. Te la fai sotto? Si chiama cagarella o paura? Si chiama ritirarsi o aver trovato uno con cui non è che puoi “tirartela da Matt(e)o” ancora per molto?

Sì, il “famoso” MATTEO.

Chi non conosce una merda di questa specie di animali/e?

Io.

Uno che assomiglia tanto al codardo “villain” di Bloodsport. Che, appena si accorse che l’avversario era troppo “forte”, lo volle render “cieco”.

Ci son molti modi per “neutralizzare” e far(la) fuori.

Matteo inventò la storia della “cecità” schizofrenica.

Sì, la calunnia. Che, attecchendo su persone manipolabili, può aver “giogo” facile.

Così, “escludendo” e trovando un “buono”, è bello (s)colpire a “piacimento” del sadismo più crudo. Vero, mio fals(ari)o?

Così, se la “vittima” s’incazza, la calunnia trova facili “oratori” e da “cieco” ti vuol far diventare Matt(e)o come lui.

Si chiama escogitare tecniche di “guerra” abbastanza scorrette.

Matteo però non previse, a proposito di “vedere oltre”, uno che si sarebbe ripresentato in forma “smagliante”…

E qui il gioco, Indio, lo conosci?

Vedi, “amico”, il mondo si divide in due categorie…

Chi se la “(s)cava da solo e chi prende per il culo, mentendo.

Quello, che te la “scava”, è colui che adesso te lo sfonda e te la fa spu(n)tare, davanti a quella puttana di tua madre.

Che fa un po’ Clint Eastwood, “bravo”, e Van Damme di dartele…

Mi spiace per te.

La dovevi pen(s)are meglio, perché adesso fai molto pen’.

 

Retrospettiva Woody Allen – Mi guardo allo specchio, allo spacc(i)ato, e capisco di essere Rambo, altro che Il dormiglione

di Stefano Falotico

Frusciante

Osservando il video monografico del Frusciante, ho ricordato di essere un depresso incurabile, e preferisco ancora ondeggiare nelle mie strane frequenze, spesso guardando la vita dalla finestra e facendo l’amore con me stes(s)o, tra l’Allen e l’alieno, opto per il salto nel buio, è passato Settembre, non son neanche più nostalgico da Radio Days, in tv c’è la consueta merda e la Merz Alessia a cui tutti voglion sol sfilar gli slip facendo “zip”, solito-stolto “perizoma” da porcile (a)sociale sul rosso “pulsante”, il mio va a f(r)asi alterne, “intermittenti”, gli altri cavan qualche “buco”, a volte “le prendono” e altre se ne fottono, io son l’uomo del “cavo” e mi rompo sol le palle, taciturno, semi-d(i)ur(n)o, come tutti faccio il “bucato” ma non mi son mai drogato, i miei panni son puliti, miei (s)porc(h)i, prima vivevo “espressionista” fra ombre e nebbia da “muto” (in)espressivo, fra il Buster Keaton in mezzo ai basta(rdi) e il mio Fritz il gatto, più che M di Düsseldorf , direi sempre eter(n)o fra il mare e non darei proprio un cazzo, fui frainteso per “tedesco”, anzi per Hitler, in quanto pensaron che respingessi l’umanità, ancorandola a mio “dittatore” dello stato troppo libero di Bananas”, leggi “seghe” non solo mentali ma senza molto “frutto” dell’amore, e dovettero “arrestarmi” perché altrimenti scop(pi)avo. Ad “altrimenti”, preferisco aver (de)mente.

La gente, con le sue idee, t’incula e te lo piazza. Meglio un pazzo sano che questi “comuni(sti)” da p(i)azze. Meglio una pizza in compagniaStorie tese, al limite.

Fui (in)castrato, al freddo e al gel(o), in una stanza di amanti di Elvis, una cella stretta ma ci davano dell’ottimo caffè ristretto con tanto di beffa e secondi(ni) ai “primi” del ridersela sotto i baffi. Ad alcuni ometti, offrirono molti Negroni, di mio, ho avuto solo l’amaro in bocca e la patente di coglione. Per il resto, chi più chi meno, ci “tocca” prenderlo in culo. Se lo pigli fra le sbarre, è un “conto” salato…, ma può esser più “tosto” che beccarlo dopo una vita “leccata” da “cioccolatini”. Piuttosto, tu che fai? Sì, a quelle barrette, meglio le orecchiette di Bari, non fai la fine del “ricc(hi)one” e rimani una rapa. Basta con queste “cime”, tutti voglion raggiunger le vette. Dai, è un puttaniere, Berlusconi! Fidatevi, meglio le colline delle mie personalità da “donne(tta)” alle valli di la(cri)me dei “maschioni? Domanda o affermazione? No, io non voglio affermarmi, infatti son (in)fermo. E comunque ho mentito sul sesso e non osate chiedere altro, mani(aci) in (b)asso. Sì, gliel’ho… fatta… ma non è che me ne freghi molto. Sì, me lo (s)frego, ma è comunque un gran “piacere”. Per cor(te)sia di emergenza, m’han ricoverato e “sbattuto”, ma me ne sbatto. Io sono infatti, in tanto “fallo” recidivo, imbattibile. E, dinanzi a un’apatia del “genere”, come fate, degenerati, a darmi dell’ingenerato? Basta genenerali(zzare), che son questi caporali(smi)? Ai luoghi comuni generici, preferisco il genio, altro che mentali (i)g(i)eni. Psichiatri, geriatri, pedagoghi.

Meglio il gigolò che va a gogò. Meglio “Aspettando Godot” a Goldoni.

Meglio il lupo a voi, volpini.

Insomma, uno con la mia testa, come fai a inchiappettarlo? Bisogna aver i testicoli per farmelo, e dubito che uno come me sia così “debole” da non renderti “pen” per f(oc)accia.

Buona cacc(i)a.

E ricorda: prendi i soldi e scappa. Scopa a terra solo se vuoi far la serva.

Ecco dove son giunto. Al mio “scolo”, sempre meglio degli scal(in)i vostri.

Buone zoccole a tutti, cioè Diane Keaton. Che, detta come va “vista”, è sempre stata meglio come puttana del “padrino” rispetto alle sue prove da “provata” patetica d’Interiors.

Non è credibile, come “introversa”, manco per l’anticamera del volerle spar(l)are nel darle del “cesso”.

Sì, a mandarti a far in bagno, preferisco massaggiarmele.

Me le gratto e, alle donne acqua e sapone, le false monache, preferisco l’ammoniaca e il demonio.

Pulizia. Forcone alla “buona” forchetta. Sol un magna magna e pan di Spagna in farla sempre Franc(i)a.

Ma che cazzo vuoi fare, contro di me, polizia?

Siete da barzellette.

E, con un “tragico” di tal “comicità”, non c’è Bergman che possa darmi Il settimo sigillod’ascesi mi(s)tica.

In poche p(a)role: ecco l’orifizio, ecco tua zia e parenti serpenti a tutti i vostri crimini e misfatti.

Bisogna farmi… f(u)ori? Ok, ecco il traviato e, se riesci a trovarlo, tri(v)ell(arl)o da Il buono, il brutto, il cattivo.

Sapete di chi son figlio io?

Di colui a cui, lassù, saltò… di creare uno come me.

Infatti, la Madonna era una puta.

Pistolotto ai pistolini e mia pist(ol)a al tuo pisellino.

Evviva Pasolini!

Buon riposino.

 

La fine

 

Incontro un tipo, un topo:

– Falotico, sa che lei è come Woody Allen?

– No, non lo sapevo ma prima le sparavo.

– Cioè?

– Sono natural born killer, a Woody Allen ho sempre preferito Woody Harrelson.

– Non fa ridere.

– Sì, infatti fa morire.

 

I dieci comandamenti di Ridley Scott… ai poster(iori)

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di Stefano Falotico

Una leggenda, quella del “piccolo” Mosè, che il grande Cecil B. De Mille ritrasse nel suo mastodontico, “imperituro” capolavoro, sorretto dal legnosamente affascinante Charlton Heston e dal carisma “cranico” del pelato Yul Brinner, il magnetico “robot” dagli occhi cupamente avvolgenti in tal mondo di (dis)umani.

Ora, Ridley Scott si cimenta con la sua versione. Storica, spetterà deciderlo alla critica e a noi spettatori. Saremo “inghiottiti” dal Mar Rosso aperto in forza d’urto imperiosa, scalpitante rabbiosa ribellione del Christian Bale “ebreo” in corazza(ta) suggestiva, o verremo travolti dalla computer graphic di un’opera spaventosamente post-moderna nel senso peggiore del termine… della “notte” cinematografica? Sommersi da un pastrocchio senza capo né coda eppur “scorrazzante”, quanto “scoraggiante”, del Joel Edgerton più (s)truccato in posa da faraone egizio credibile come Madre Teresa di Calcutta a vender la cicuta? Laddove, la zampata “artigianale” d’effetti speciali “antichi” restituì forza visionaria alle sacre scritture nel De Mille di pietra miliare imprescindibile, Scott sarà un “replicante” del miracolo o ha partorito, invece, un kolossal coi tristi “cris(ante)mi” del più abusato ecceder di kitsch peccaminosamente “blasfemo?”.

Non pronunciar il nome di Scott, invano, (in)fedele del suo Cinema. Perché Scott esordì col “kubrickiano”, alla Barry Lindon, (tras)lucente, I duellanti, si cimentò con tutti i generi, degenerando assai fra pellicole alimentari, peplum “oscarizzati” di maniera, merda “pura” come Soldato Jane, crociate e altre, non so se alte, oltre le tempeste del nostro speranzoso incrociar le dita. Probabilmente, dopo la visione, dopo tre ore di “religioso silenzio”, urleremo la bestemmia più sacrosanta e liberatoria, quel catartico “Madonna impestata, Dio mio, ho assistito a una sesquipedale porcata!”.

Se sarà una boiata, io (non) so, anche se Sigouney Weaver, così (s)concia(ta), più che Nefertiti, mi sembra brutta infernale. Invecchiata da mostra… “sacra” e con un’espressione accigliata dell’essersi incarnata nel parto suo dell’Alien la clonazione dell’ottima figa e attrice che fu. E invece ora è (ri)cotta e sexy quanto la pasta frolla.

Popolo d’Israele, forse è meglio il vello d’oro rispetto a tal Scott che Hollywood rende aureo. Stupida Los Angeles.

Questo film s’annuncia sotto i peggiori auspici, pioveranno rane, “ortaggi”, una grandinata di fi(a)schi, un Bale, anziché “beatificato”, da prender a sberle su sua faccia da culo “inoppugnabile” dell’aver azzardato troppo di “versatilità”. Va bene che interpreterà Steve Jobs, che fu Pat Bateman e Batman, ma Mosè che c’azzecca? Scagliate Di Pietro contro Bale, forza, linciatelo di pietre. Siate impietosi. Va impietrito.

E allora, come il mitico Edward G. Robinson de I dieci comandamenti, rivolto la “rivolta” e incito la foll(i)a, piglio uno spettatore malinconico da “La Mer” e gli faccio ascoltare “Com’è profondo il mare”. Poi, gli grido: “Per fortuna, è morto Lucio Dalla! Basta, con questi lamentosi!”.

E, con la gente che mi alza in t(r)ono enorme, salgo sul Sinai, sgrido tutti gli asini e mi sostituisco a Dio, inventando l’undicesima legge:

desiderate la donna d’altri, perché fa più trasgressivo, e i trasgressivi te lo ficcano in culo!

Al che, andiamo tutti a mangiare le “faraone” col contorno di patate e i tacchi(ni) di tutti i coglioni che ancora pendon dalle labbra di tal polpettoni.

Al polpettone, ho sempre preferito la carne al sangue, e ai “dolcini” un po’ di “salatini”.

Non ci son cazzi.

Ora, che si “aprano” le acque femminili, dalle Alpi alle Ande, sin a scioglierle in bocca come l’Alpenliebe, detto sesso orale. E, “salendo”, va da Dio alla faccia di ogni povero Cristo che invece deve “sudare” e lavorar “duro”, mettendo su famiglie disfunzionali dei “matt(on)i” dalla mattina alla sera, mentre io sto nel castello di ve(t)ro e, di mio (a)“dorato”, regalo e do… da uomo re(g)ale, senza ecumenismi retorici eppur di “comunione” a Sodoma mentre tu stai, a novanta, in Gomorra.

Al che, giunge un pastore senza pecorine e, sfacciato, mi domanda io che faccio nella vita.

E, di freddura falciandolo, appunto gli rispondo: di mio, non faccio un cazzo, basta che tu ti faccia il culo e lasci i culi a me, compreso il tuo, però da sfondare al fine che si abbia una società senza rotture moralistiche da fighette.

Mio Fantozzi, facci! A me, essendo Totò in popò, mi faccian il piacere!

Questo si chiama genio.

Dunque, giunge ancora un disturbatore e mi definisce solo un ma(ia)le.

Io ci sto, perché sappiate che i maiali son meglio dei vegetali, no, volevo dire dei vegetariani.

E non mi metterei contro uno così, fratello. Ti fa a polpette.

 

M(or)ale della Storia: ai dementi, ho sempre preferito esser un comandamento, no, un comandante.

Insomma, chi va piano va sano e lontano? No, perché io son co(s)mico e irrito il suo comod(in)o, cornificandolo. Ah, Commodo, vai al Massimo. Vivi da leone e morirai nel for(n)o.

Alle reliquie di San Gennaro, preferisco la lingua di Gennara, ai santini e ai sandali, saldarlo senza scont(r)i.

Ci sarà qualcosa in cui Credo? Sì, agli atti apostolici dello scemo cattolico, io crepo perché mi rattrista la falsità degli uomini che si castrano pur di non confessare la verità. Meglio il mio atto (im)puro fra buddiste, musulmane, magrebine, africane, argentine, spagnole, baci alla francese, e succhiamelo altrimenti ti fulmino!

 

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Bruce Willis walks with me

 

Festival Internazionale del Film di Roma 2014, Gone Girl ed Escobar secondo Anton Giulio Onofri

Il grande Anton ha così sentenziato:

Gone Girl

GONE GIRL, di David Fincher. Finalmente è arrivato anche da noi il nuovo superbo capolavoro di Fincher, che è la consueta dimostrazione di cosa vuol dire “regia” cinematografica, stavolta al servizio di una spietata e corrosiva critica all’ipocrisia dell’idea stessa di quel “matrimonio” che più che a un sogno di felicità somiglia sempre più ad una prigione, come le celebri carceri incise da Piranesi e raccolte in un volume ben visibile sul ripiano di un tavolinetto di cristallo nel soggiorno della “scena del crimine”, indizio tra i più sofisticati dei numerosi sparsi in una messa in scena prodigiosa e irresistibile. In assoluto il film più “fico” visto a questo Festival.

Escobar Del Toro

 

ESCOBAR / PARADISE LOST, di Andrea Di Stefano. Un thriller realizzato con capitali internazionali da un attore italiano alla sua prima prova dietro la macchina da presa, che tiene indubbiamente inchiodati alla poltrona se non per tutte le sue due ore di durata, almeno nella densissima seconda parte. Di “italiano” c’è poco o niente, e forse questo ci fa confondere il film con i tanti altri prodotti di buon livello che affollano le nostre sale cinematografiche ma, almeno qui al Festival e con l’accredito al collo, me lo sono guardato con piacere, godendomi il carisma di Benicio Del Toro nei panni di un Lìder Maximo del narcotraffico colombiano, che riesce a dispensare anche qualche eccellente momento di sceneggiatura. Particolarmente azzeccata la colonna sonora firmata niente meno che da Max Richter.

 

Ho sempre preferito Clint Eastwood a Woody Allen in quest’another bullshit night in suck city da Being Flynn De Niro

Pelato 3 Pelato 2 Pelato

di Stefano Falotico

Salve,
mi presento. Sono il più grande scrittore vivente. Peccato che, a parte me, la mia penna e alcuni pochi amici, mi conosca solo il “barbone” della sobria, incandescente, cadente (in)colta ment(in)a che, a volte candida e talora di cattivi odori poco puliti da “impudico”, impunita mi allunga il mento, si chiama pizzetto ma da qualche giorno son “pelato”. Sì, non la pianto e persegu(it)o me stesso, a fasi alterne, lunari, spassionatamente innamorato del tempo variabile, fra ombre e nebbia come l’espressionismo tedesco, spaurito in mezzo a complottanti persone fintamente perbeniste” che, vomitando le lor bugiarde interiora, sviscerano la mia nuda onestà, in falso lor pudore che suda freddo dinanzi al mio sguardo gelido, catatonico, passionalmente annacquato, mentre voi andate “caldi” a puttane da un pezzo di più puzze dei p(up)azzi di merda, quando io invece diarreico solfeggio un’altra cagata, una stronzata di quelle che se ve la narro, arriccerete il naso per smentir che state invero ridendo, ridete da matti, eleggendomi pazzo per antonomasia. Alle antonomasie, preferisco San Tommaso. Alle donne che rompono il cazzo, prediligo girarmi i pollici, oggi al Polo Nord e domani su e giù. Si chiama “tirarsela” e il giro del mondo in 80 giorni di ventimila “seghe” sotto i mar(tir)i che siete voi, somari che v’accoppiate con femmine che poi accoppate, brindando con un’amante di “bastone” in mezzo alle gambe per la vecchiaia anticipata di carne cruda d’uccelli macellai nella scopa di b(r)isc(ol)a nell’osteria numero uno quanto fa due più due? Orgia oppure quattro per 8 e succede un casino della Madonna. La Madonna stava con San Giuseppe, eppur Beppe è vergine come Cristo, ascendente Toro in Asinelli come Bo(log)na. Alle grotte di Betlemme, ho sempre amato di più andar di lemma e accender le palline del mio abete. L’abito non fa il mon(a)co e la stellina te la ficchi in culo. Sì, odio Natale e Pasquale sa che Natalia non è nata ieri. Quella è donna che sa come succhiare nell’“ascensione” del sudar(io) vero. Tu credi invece alla Sindone mentre Natalia tutti li sonda. Tutti la sfondano e questa è la società su cui fonderemo altre puttan(at)e. Sono d’altronde un nichilista e di strada artista, non guadagno un nichelino ma San Michele, di suo “cavallo”, è più veloce dell’uomo Michelin.

Michelle Ma Belle non è un granché, meglio la besciamella, Michelle sol si lagna, mangiatevi le lasagne.


Buona vita a tutti.

Di cazzate ne ho sentite tante. E se tanto mi dà tanto, io non valgo niente.

Meglio di valere un cazzo.Being Flynn Paul Dano

 

 

 

Il grande Matthew McConaughey, un attore Interstellar, una stella in tal buco nero dell’asfittico, ahimè, panorama cinematografico odierno poco “spaziale”

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Chi avrebbe scommesso su Matthew sino a qualche anno fa?

 

Io. E ciò che scrissi, in tempi non sospetti, lo attesta.

 

So che lo denigraste, lo ingiuriaste, lo maltrattaste sempre da “bel bamboccio”, lo bocciaste, lo smorzaste, il suo talento non vedeste, ma ora lo state avvistando? Eh sì, dopo True DetectiveMud e Dallas Buyers Club, gli avete dato giustamente il sacrosanto visto? Non è più solo un carino visetto. Guai ai detrattori. La sua enorme bravura, il suo fascino carismatico invincibile non più si discutono, la sua bellezza “circumnavigante” a 360 gradi, su “bagnate” donne innamorate di lui, è infatti indiscutibile, gli uomini son casca(mor)ti ai suoi piedi(ni), i bambini gioiscon con le gigantografie del suo gigante, i vecchi asmatici usano il processo d’identificazione spettatore-attore per trasmigrare nell’etereo spazio-tempo ringiovanente a mo’ di teorie di Einstein (dis)incarnate-back to the futurecocoon, e Matthew non è più una fantasia, ma una verità assoluta.

 

La sua forza recitativa si misura brillante-mente celest(ial)e su occhi azzurri che davvero non han adesso più nulla da invidiare a Paul Newman.

 

Lassù qualcuno “li” amaContact, Matthew porta le lenti a contatto, Paul usava gli occhiali ma non è dalle lenti d’ingrandimento che si giudica un grande.

 

Fuori, per il comune mortale, grandina. Delusioni nel sognar soltanto le stelle, eppur il frust(r)ato demente vive nella stalla, mentre Matthew è invece (s)cavalcante stallone, su questo non ci piove, non ci provate, lui non dovete più metter alla prova, ha vinto tutte le prove, è oggi come Nemo di Verne nelle ventimila leghe sotto i mari, guai in vista per voi, piovre, Matthew è imbattibile superstar insuperabile, le mani battiamo, egli è il Capitano della nostra anima sconfinata, universalmente gigantesco, dalla Cinematheque plaudito di lodante tribute con tanto di Nolan a porgergli l’omaggio Award calzante in Matthew che tutti scalzò, con la platea “al settimo cielo” nell’onorar (am)mirante i suoi nuovi, “avveniristici” orizzonti attoriali avanguardistici. Sì, più veloce della Luce, Matthew è passato dalla “rampa di lancio” dell“anonimato” meno lucente, d’amante semi-innamorato della Bullock nel suo centro di Gravity permanente da “mediocre” stronzetto, all’infinità totale di tutte le nostre elettive affinità cinefile, tanto che (in)corporeo sta piacevolmente smagrendo e affinandosi sempre più, illuminandoci con la leggerezza roboante, maestosa nella classe d’un maestro actor incommensurabile. “Particelle” di fascino immisurabili in (olo)grammi, non più sol un pezzo di manzo o carne per le iridi femminili concupiscenti, spesso di donnette che di Cinema (non) capivano un cazzo, essendo farfalline fallate solo volenti il suo (ex) fallo, ma un uomo or abbinante il bellissimo intelligente, come il Sole sta in f(r)onte a me, alla potenza impressionante d’un magnetismo sconvolgente, in tutti noi stravolti, in grida di giubilo dinanzi all’entusiasmo con cui seduttivamente c’avvolge.

 

Un genio, insomma.

 

Adoro questo Matthew cresciuto esponenzialmente, padre amorevole e camaleonte imprendibile.

 

 di Stefano Falotico

 

Johnny Depp Into the Woods

Johnny Depp Woods

Johnny Depp è il lupo, credete nelle fate, nelle fav(ol)e, in Falotico e perdonate i vostri falli!


 

 

 

 
credit