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Alì di Michael Mann

Ali Will Smith Michael Mann

 

 

di Stefano Falotico

 

Le Ali della grandiosità

Volteggia un discusso eroe lungo gl’impolverati sentieri del suo destriero, coriaceo s’invola a mantello alato che striscia giocoso di mosse prelibate, inafferrabile sferra pugni secchi e roteanti, guascone “delicato” d’avanspettacolo, saltimbanco del ring ove umilia i miseri altri fighter per nutrirsene vivamente orgoglioso, cumulo di rabbia esplosiva che si arrampica nei suoi ventricoli, li amplia ed enfiato corrobora carnalmente la massa muscolare perfetta d’atletismo, elastico balletto che, danzando veloce, schiva i colpi e ne assesta di più ferini, attorcigliando la sua ieratica figura diabolica nel santo angelico d’una morsa vampiresca, bigger than life.
Il capolavoro più incompreso di Michael Mann abita in una zona pugilistica che va oltre, ben oltre i confini del Cinema di genere sportivo. Strizza la pelle di Cassius Marcellus Clay Jr. per immolarla alla sacra mitologia del più grande di tutti, fatto Muhammad Ali.
Cassius viene imbrigliato dalla stessa America che mai gli riconobbe in effetti i natali, perché era “negro”. Schiavo come tutti gli altri suoi consanguinei d’una alterità genetica mal vista alla base dall’irreprimibile culto sciovinista dell’ariano concepire l’uomo. I neri, ieri come oggi, nonostante il tanto buonista politically correct e Obama alla White House come risarcimento d’ogni Amistad mai davvero sigillato nell’urlo di libertà, sempre trattenuto in gola, smorzato dall’evidenza caudina dei fatti e delle psicologiche torture mascherate da leguleia “giustizia” etnica ché, se ti ribelli, t’interdiremo di ricatti, deturpando la tua “faccia” e macchiandola di più “colore”, i neri… non hanno mai trovato vero, urlato riscatto.
Tutte moine ruffiane per altro gelarli d’ipocrita asservimento, rispettoso come “ogni” cittadino comunque delle leggi “inappellabili”. Guai a mormorare.
Così, anche un campione di tal “razza” viene incastrato dal sistema bugiardo. E imprigionato per “diserzione”, una scusa banale per sottrargli il titolo.
Ed è qui, in questa fracture dolorosa da far paura, da ucciderti nelle membra del tuo decoro vitale, che Classius si “divinizza”, ascende oltre al decretarsi portabandiera dell’islamismo, prima ripudiato per “spirito di adattamento”, quindi elevato in gloria, estrema, “masochistica”, da disossarsi, da volontà spasmodica di non dichiararsi mai e poi mai vinto. Lo coprono d’offese, gli mangiano il Cuore ma più è dolente appunto l’umiliazione e più sputa il suo respiro, quasi cosmogonico per elevatezza valorosa, di brindarsi invincibile.
Così, dopo anni di “segregazione”, deturpazione alla sua anima, meschini “complotti” celati dietro qualche fascicolo “incriminante”, Muhammad ritorna a battersi.
Riunendo attorno alla sua figura il canto del cigno d’una intera massa di “indiani”.
Il prodigio registico di Michael Mann sta “solo” nell’aver fatto detonare il suo mito a eco selvaggio. Vi pare poco? Non è un film biopic, non un mero esercizio di stile sulla boxe, è.
Perché, quando incalza la musica, romba Rumble in the Jungle.
E lì non ce n’è per nessuno.
Ed è qui, nel Cinema strepitoso di Michael Mann, che Ali viene accentato di Alì.

(Stefano Falotico)

 

Io sono morto di Vera Q., leggetelo assolutamente, in modo inderogabile

Vera Q.

Una recensione di Stefano Falotico

La storia a ritroso di un dead man già all’obitorio

Fabbris è morto, uno spettro rancoroso che ha già valicato la sogli(ol)a dell’aldilà e, allucinato, in preda al panico della zona senza ritorno, serpeggia in un aleggiante incubo rosso sangue, vivo come non mai, di terminali neuronali che lo schiacciano in un’umanità quasi da Innominato nel suo Terzo Grado del confessionale-“postribolo” dei suoi peccati dell’essere-not being stato.

Così, accerchiato dalle divinità più disparate, vaneggia in farneticazioni “ultraterrene” coi piedi però ben piantati a terra, urlando nella propria anima da irredento che non vuole, non vuole proprio redimersi. Sfugge agli orrori del suo passato obbrobrioso, colmo di scheletri nell’armadio, “afferra” per le tenaglie del suo cuore inacidito e ancor di più adirato i parenti e ogni nemico, accusandoli di alto tradimento e viltà. Specchiandosi forse da fantasma, uno spaventapasseri evanescente che prova a esorcizzare la sacrosanta, (in)giusta sua morte. E s’indemonia di spaventosa rabbia.

Ma il finale non vi svelerò.

Vera Q. è una scrittrice che sa dosare la prosa più arzigogolata e fantasiosa a virtuosi segmenti fortemente satirici, è secca ma miscela le parole con parole “acustiche”, che sì risuonano permeate d’un gusto “macabro” dell’ironia più perfida e sottile. A dissacrare la nostra misera umanità, denudandola per quel ch’è invero, nuda, cadaverica, emaciata e flatulente, putrida e gemente solo patetici lamenti, qui incarnati nella “voce” tetra, pallida e glaciale del (non) silenzioso Fabbris, tutto ciò che ogni medio borghese sicuramente è ma finge di vivere… quello che è nel siete, siamo, essi vivono…?

E, in tale spettrale lungo racconto, quasi tutto scandito briosamente in prima persona narrante, infarcito di dialoghi esplosivi che sbalzano raffinati e goliardici da citazioni horror a personaggi neri viranti al “cremoso-tenero”, oltre allo stesso Lucifero “in persona”, appaiono “comparsate” diaboliche nella lor ingenua cattiveria cinica e impietosa, e vanitosi “cammei” di personaggi buffi ma spietati da ricordarci quello che potrebbe essere uno spassoso Devil’s Advocate in vesti davvero funerarie, “cimiteriale” e Tim burtoniana la nostra Vera è verissima.

Coniuga l’umorismo dark al comico “allegro vitale”, donando al suo libro un ritmo irresistibile, ammonendoci in tal odioso Fabbris “demonizzato”, all’ammoniaca slavato d’ogni onta colpevolissima e bianco-cera.

Che penna.

E tutto assume un tono soave di mesto cordoglio.

Che colpo.

Tic toc, toc toc, forse Charles Dickens e “Christmas Carol…” ambientato, in modo originale di tempi nostri?

Fabbris e la sua già macchina ad orologeria.

 

Cinema eyes wide shut

Orge e dilemmi, lemme e di flemma, di femmine e fiamme

Orge e dilemmi, lemme e di flemma, di femmine e fiamme

 

di Stefano Falotico

 

Il Cinema è sguardo, levigato struggersi per ammirazione sconfinante a mirar le alte vette anche nevralgiche o ipocondriache, i monti e le valli brune, l’orgoglio invaghente…

 

… in cui ampli la mente, di iodio acquatico spumeggi solforico, congestionato dai valori sibillini dell’acustica emozionale, spadroneggiando nella lindezza assoluta, l’infinita bramosia degli occhi nudi, veleggianti in briose languidezze oggi briose e domani dai colori opachi o nel brillar d’indaco mansueto.
Terrence Malick e il suo essere… incompreso.
Di come “risfoglio” un vecchio VHS del National Geographic, intitolato “La Costa degli Scheletri”, di come Terrence è amore per la natura in donarle intonazioni smaglianti, fra abissi d’immagini si perde fragoroso nei cuori a divorazione dello squarciarci di bellezza. Di come intesse fotogrammi come “relitti di nave” nel Tempo maiuscolo.
Questo è Cinema.
Stanley Kubrick e come volteggia appassionandoci nei mille e più orizzonti delle notti odisseiche, luccicanti o eyes wide shut e c’innerva d’emozioni vere anche quando sempre romanza qualche nuova novella di genial reinventarla.
Questo è Cinema.
Fumacchiare avidamente una sigaretta “permalosa” che ammicca birichina le cosce della barista, sporca non so di “cosa” su grembiulino bianco come la Prima Comunione.

Addentare un trancio dolcificante di pizza croccante, affondare i canini nella mozzarella appena lievitata e calda come le mammelle d’un seno schiumoso, latteo e glorioso, pregustando il dessert di forchetta ficcante.
Anche questo è Cinema.
Perché i sogni sono la vita, senza sogni non c’è neanche la (s)figa.
Così è, così è deciso.
Ora, sparecchiate. Aspetto il caffè.
Cinema è un mesto sparviero che, all’ombra serale del suo ultimo sombrero, fa le somme degli idioti che gironzolano, ribaldi e già macchiati da tante oscure onte, nel mantello del mattino, succhiando i pollici su della scalza “felicità” che a me par oscenità, vivandiera come una nubile ma racchia cameriera, buona a servire i piatti freddi del suo riscaldarsi nel cuscinetto dell’alibi, sognando albe che le sian allietanti, (s)tira a campare, con un Campari offerto in bar di campagna. Ma camp(an)erà? Din don dan, la vedo sempre più trombata, ah, rintronati. Le capre invecchiano, suonan le campa(gnol)e. Chi mi ha rubato la pantofola?
Idiota è un “forestiero” della sua esistenza che disserta d’arte, e qui si (ar)rende minuscolo, distraendosi illuso di farla nel chiacchierare, vestito di tutto punto e intonazioni di virgole e “a capo” finto-intellettuali, in un parco con le oche, sia bipede suo che quadrupede del mai sfogliarla… a quadrifoglio.
Idiota è la coscienza di chi si crede adulto in base alle proprie esperienze ed elargisce quei consigli supponenti, da me tanto odiati, utili soltanto alla sua pancia, alla (sup)posta e all’acquiescenza dell’innovazione delle anime personali.

Cinema è rinnovamento, in quanto cammina, cambia, muta (f)orma, domani è un altro giorno.
Adesso, assumo una pillola, accendo la pila qui al buio, non possiedo neanche una lampada, leggerò un buon libro ché già lessi(co), è ora di andar a letto, si è fatto tardi, non si farà neanche fra cent’anni, la mia stella brilla a Oriente nel mai levante e levar le palle dalla vostre ancore. Oh, forza e “coraggio”, guarda che sorriso mio “raggiante”.
E questa malinconia è criminosa? Tu la giudichi così perché, non combattendo, ai tedi ti sei (s)teso vi(va)ce alla vita pomiciante, io qui balzo triste e pensato come stanco. Ma sempre in piedi. Sono un podista e non amo i primi podi.

Non sono un santo.

Adesso, scopo.

A quali scopi?

 

 

 

 

 

“American Hustle”, Review

American Hustle poster



L’arte di arrangiarsi, rubare per sopravvivere e (non) reinventarsi

Giochi pericolosi di attrazione, il fascino del potere che ammalia chiunque, il fragore dell’inganno svel(a)to…

Presentazione dei veri personaggi

Non c’è mai due senza tre, senza il quarto (in)comodo e il quinto (dis)onesto, come nel Poker

Christian Bale/Irving Rosenfeld, un’esistenza a combattere il f(r)egato da rinsaldare nel prestasoldi, il riscossore delle (sue) tasse, del debito di gioco alle vite sperperate, il gaglioffo ingegnoso con pancetta da commendatore tronfio della nullità “sicura” di sé, l’impavido amatore senza s-prezzo del pericolo, l’allibratore numero uno a un’esistenza condannata da quando nacque, la personificazione “paciosa” del Male più “scaltro”, la furbizia dissimulata in un riporto formato toupet per nobilitare un po’, come può e vorrebbe ma non posso, il turpe imbroglione “elegante” che invero è, colui che elargisce, su misura del cavallo large, i prestiti a chi prende in giro, il prestanome della sua “buffa” e sempre celata identità sporca, bisunta e gocciolante laida avarizia. Grassoccio, però curato, sgargiante con risatina sotto i baffi… da pagliaccio.

Chiunque navighi in cattive acque ha dinanzi a sé un abisso di disperazione ed è lì ad aspettarli… con falsi “assegni”. Per altra sua apparenza che (non) inganna, da abito (non) fa il mon(a)co e neanche una (in)credibile (s)b(i)anca(ta).

Christian Bale è perfetto, perché con questo look assomiglia ancor più a Pinocchio, un bambinone mai cresciuto che mente, quasi non lo fa apposta, e s’invaghisce della sua fantasia “migliore”, quindi peggiore, la donna diversa e in gamba, la statuaria Amy Adams, anche lei Fata Turchina dalla doppia personalità seduttiva ammantata, in (ca)muffa, da strepitose gambe.

Entrambi cercano lo sgambetto per virar dalla vita retta, da (non) dritti, quelli che si dicono i bari, i gambler.

Così, l’attrazione è “sfavillio”, scintilla nel colpo di fulmine per innescare la bomba, non solo sexy ma corrosiva e corrompente, d’una magnetica relazione d’amore e… d’affari. In-fedeltà appaiata al tradimento, alla fedina penale impulita, da impuniti…

E così i fedifraghi della “bella” società si sculacciano a colpi di “culo”. Schiaffeggiano l’onestà morale dei disperati nel so(li)do popò della “bontà” finta della Adams.

Una reputazione, come si suol di “soldi” dire, “adamantina”.

Ah, tutto per lei, amata, (o)dorata Amy…

Amy Adams/Sydney Prosser, esibente vertiginose scollature finissime, soprattutto languide a carezzarti di sobrietà recitativa, delicata come l’imbrunire armonico di dolce beltà, iridi mansueti che, di malizia (im)pudica, occhieggiano corteggiatrici nel concupire il tuo cauto uomo da riscaldare, furba volpe fulva dagli ustionanti ricci dei suoi capelli pruriginosi, lisci come le s(i)e(s)te oniriche delle più segrete e intime da “timida”, forse veniali o no capitali…, svettantissima in sbranarti su pelle di porcellana fresca e attizzante…

Per quello che ho potuto vedere, tutti s’imbrogliano a vicenda per ottenere quello che vogliono. Imbrogliamo anche noi stessi, ci convinciamo di cose… abbelliamo cose di cui non abbiamo bisogno e che non vorremmo pur di farcele piacere. E non consideriamo il rischio, non consideriamo la considerevole verità. Pensateci bene… stiamo tutti imbrogliando noi stessi in un modo o nell’altro solo per poter tirare avanti.

Jennifer Lawrence/Rosalyn Rosenfeld, maniacale, malata di mente, “pazza”, isterica, litigarella, depressa a fasi alterne, social fobica, ansietà (s)fatta dorata sensualità, manipolatrice, mangiauomini (in)felice, irredente e che ride sguaiatamente da favolosa sgualdrina, ricattatrice, in una parola irresistibile.

Il karma per come Bale si approfitta delle persone, la “bimba” ragazza madre che mette l’amore su bocca di rosa… da gran b(i)on(d)a.

Be’, un trietto che si truffa di tu dai a me e io do a te, ma la losca e “liscia” transazione cozza contro Richie DiMaso, agente dell’FBI, che a sua volta li (ri)scopre, prende “in ostaggio”, per tre giorni… li distanzia l’uno dall’altro e li ricatta, anzi li ritrae di segnaletico identikit, poi li ritratta di “ripescaggio” da chi, anche lui di (s)porco giochetto, li va a “raccattare” per far sì che si attacchi un pezzo mancante… anzi quattro arresti di (falsa-r-e-i) testimonianza.

E solo perché anche al nostro Amy Adams piace… tutto per quella…

A far da perno, il “pollo” politico sindaco Jeremy Renner/Carmine Polito, un altro davvero… “pulito”.

Stavolta, vi devo dire la verità.

In questo Mondo di apparenze, di luccichii ammalianti ma peccaminosi, di tentazioni che difficilmente resisterete, esiste una sola vi(s)ta, e quella non la inganni mai, neanche se vorresti venderti ma dentro non puoi tradirti. A vederla soltanto in bianco e nero, devi calcolare non solo la (de)costruita “bianchezza” ma anche il pozzo precipitevole tuo nella pozza di più truffaldina nerezza. Su questo non ci piove, puoi provarci ma poi, se imbrogli, t’imbrigli da sol(d)o, facile no? E affoghi. Fioca fioca va la tanto (l)ambita fiammella da bruciarti presto di quanto (non) te l’aspettavi. Chi la fa, in una piscina di denaro si tuffa, di rubar mai si stufa ma verrà “stantuffato”. Plof.

Ecco, penso che chi rispetta i patti chiari per le amicizie lunghe, non di “gambe” allungate ma “corte” di bugie e finto bijou, sia costretto alla solitudine o, ben che gli vada, a contemplare le lunghe notti della condizione umana, seduto vicino a un camino con pochi amici ma buoni, forse troppo buoni, quindi “sfigati”, e forse con una sola donna.

Il resto si fotta e, prima o poi, se  da malfattore fotti, sei fottuto. Sappilo. Non puoi durare a (s)fottere.

Be’, ragazzi, so una cosa. Scommetteteci, è vera come sono (non) ve(t)ro io. Non mi rompo ma credo che la vita sia davvero come questo grande film.

Gli attori? Se non sono bravi, fingono male. E tanto avanti non vinceranno mica tanto.

E qui recitano benissimo la parte. Se la reggono per oltre due ore, fra (s)cambi anche di partner. Insomma, quel che si dice un ottimo parterre.

Cioè, chi parte col piede giusto difficilmente sbaglia… anche la battuta. Chi sbaglia di falsa partenza, riceverà la botta(na).

David O. Russell? Venditore anche lui d’aria fritta? Sì, può darsi, ah fa tutto per i “danari” e invece non puro Cinema dà? E che deve dare? Il “reale” caso Abscam?

Per quello ci son tanti migliori documentari, se volete solo i fatti della “realtà”. A me piace la sua invece regale cifra stilistica, come anch’egli cambia le carte in tavola, diciamo che adoro i cineasti che non si limitano alla trama. Fanno della “finzione” un modus operandi di perfetto intaglio. Come i gioiellieri più raffinati, gli chef che mescolano saporitamente gli ingredienti.

Il film racconta cose… di cui già sappiamo, ma è la maniera, non manieristica, nonostante gli omaggi a Scorsese, di come (la) si (rac)conta quel che è il conto finale.

Allora, se ad Abscam coniughi vorticosi giri di videocamere, attori da Actor’s Studio e un cameo memorabile di De Niro/Victor Tellegio, il quasi capolavoro è servito.

Il resto potrebbe essere un imbroglio.

Ma a me (non) frega in fin del racconto. E dei “conti”.

Sì, al conte ho sempre preferito il principe.

Anche se Dracula è entrambi.

E, su quest’hustle, detta anche bullshit, vi lascio con un palmo di naso e di parrucchino.

A forza di annusare e abbuffarvi, siete davvero buffi, e mi nauseate.

Sono inusitato? Permette un desueto desinare, mia damigella?

Come, mi ha preso solo per un ciuffo di “uccello?”.

Ma che “morsi”, ops scusate modi sono questi?

Ma manca però lo “scemo” del vi(ll)aggio. Lo sceicco? Sì, e (non) è uno sciocco…

Che c’interessa?

Ancora una volta O. Russell continua nel suo Cinema fuori da ogni muralismo e sorprende con un finale straordinario, (non) assolutorio.

Perché l’arte di sopravvivere è un’avventura che non finisce mai…

Ciao.

 

Charlie Brigante

Notte e pioggia di amore puro

Notte e pioggia di amore puro

 

di Stefano Falotico

 

La fiamma dell’impossibile sogno arso

Dopo il mastodontico, titanico, esagerato Scarface, De Palma e Pacino tornano a lavorare assieme. E questa nuova reunion genera un’opera di magnificenza prodigiosa.

Una delle vette più alte della carriera di De Palma, ancora forse più “insanguinata” di passione sofferente e sfrenatamente romantica de Gli intoccabili, Carlito’s Way è un apogeo emozionale di tutto il migliore, immenso De Palma condensato in maniera, non manieristica però, corroborante, pregna di pathos adrenalinico, una tragedia che esplode col contagocce, raffinata inquadratura dopo l’altra per una visione che, cronometricamente a scandirsi focosa, stordisce, commuove, esplosiva miscela di melò, azione feroce, di suspense calibrata in scene d’antologia memori del maestro Hitchcock tanto amato e (auto)citato da Brian, il quale, attraverso la perfetta sceneggiatura di David Koepp, imbastisce due ore e mezza mozzafiato, magnetiche, limpida ipnosi immaginifica e vorticosa a permearci, avvolgerci, divellerci il cuore in nostro cardiaco sussultare, tifare per il malinconico gangster incarnato da un Al Pacino stupendo.

Questa è una normale storia di “mafia” come mille altre. Ma la forma, che De Palma plasma nell’intelaiatura di stupefacenti immagini viranti al rosso languido, tramite la caleidoscopica fotografia multicolore di Stephen H. Burum, si trasforma in grandioso Cinema. Detonante.

Il film esce nel 1993. La vicenda è però ambientata nei ’70, precisamente nell’anno 1975.

Charlie Brigante, detto Carlito dai suoi ex “amichetti”, quelli che proprio l’hanno vigliaccamente tradito, incastrandolo, è un ex re dello spaccio di drago infatti uscito dal carcere prima del previsto, grazie all’abilità leguleia dell’avvocato David Kleinfeld (un grande Sean Penn).

In prigione, ha capito d’aver sbagliato vita. E, una volta fuori dalla gabbia, vuole solo godersi a vita la meta paradisiaca d’un grande sogno da sempre sospirato ma che, appunto, gli errori di gioventù, le cattive “compagnie”, le circostanze sfortunate, la sua vocazione a mettersi nei guai e il circolo vizioso scaturitone, questo sogno hanno fino ad ora incrinato.

Così, grazie all’aiuto finanziario del suo avvocato, oramai divenutogli amico per la “pelle”, per poter far quei soldi che gli permetteranno d’involarsi su un’isola dei Caraibi, diventa il gestore di un rinomato locale, “El Paraiso”, tentando di mantenersi fuori dagli affari sporchi.

Ma, quel sogno, che sembrava così reale e realizzabile, lentamente svapora.

Il suo avvocato s’è cacciato in un grosso pasticcio con un suo cliente, un boss a capo di un potente clan. Vicolo cieco…

Kleinfeld agisce di testa sua e la combina grossa, ma non riveleremo altro.

Sveliamo solo che, per questa mossa azzardata e “suicida” del suo avvocato, Carlito dovrà fuggire, ancora…, accelerando i tempi.

Eri tornato libero, Charlie… e la tua ex donna, il tuo angelo biondo, avevi riconquistato per amarla sin all’eternità.

L’esistenza però non dimentica, il passato ritorna, i tuoi occhi gemono prima del silenzio.

Un altro treno sta partendo, un fremito sbuffante, la nostalgia dell’imperdonabile rimpianto.

Capolavoro assoluto.

 

Nic Cage perché l’hai fatto?

Cage

 

Ora, che Nicolas Cage fosse in difficoltà economiche era evidente. Ma che stia dilapidando anche il residuo talento, fidatevi ne ha da vendere, è quantomeno riprovevole.

A parte l’assai apprezzato Joe, non ancora uscito in sala ma applaudito a Venezia, le sue prossime tre pellicole si preannunciano, come dicono gli americani, tremendous, cioè orribili. Da non scambiare con terrific, che invece “traslato” significa amazing, straordinarie, spettacolari.

Non ve le presento, vi basterà intuirle scovandole su IMDb.

Vi lascio soltanto a quest’anteprima agghiacciante.

Ecco come s’è ridotto il nostro Sailor.

Il coltellaccio, arma a doppio taglio della carriera

Il coltellaccio, arma a doppio taglio della carriera

Bye bye, atterraggio pericoloso

Bye bye, atterraggio pericoloso

Ecco che arriva il dolore!

Ecco che arriva il dolore!

Credibile di Excalibur quanto mio nonna a far le scale

Credibile di Excalibur quanto mio nonna a far le scale

 

I magnifici sette personaggi della Storia del Cinema

Solo per vendetta

Cosa mi piace nella vita? La megalomania, tutto il resto m’annoia.
Credo che sia sempre stato così e tal divinizzarmi è stato (in)giustamente frainteso. Di come preferii farmi i cazzi miei, badando ai culi altrui, spiandoli di mia gastroscopia in radiografico menefreghismo plateale alle fighe, infatti venivo nei pantaloni “a vista”, su lampo di faccia di merda senza vergogna.
Ecco, penso seriamente che io possa rientrare in tale classifica, appunto. Anzi, primeggerei perché, a differenza di questi pur storici ma inventati personaggi, io sono reale.
E tranquillamente fischietto fra un caffè mattutino e una palpatina di gran carisma. Se poi non mi caga nessuno, si tenessero i loro cessi, basta che il mio sciacquone funzioni.

Il mio decalogo è questo: 1) Amati con del dopobarba dopo che è cresciuto su alopecia di doccia-schiuma balsamica e vedrai la vita in modo peloso, da doccia calda. 2) A Nicole Kidman preferisco Nicola Chilomeno, famoso contadino che coltiva olio nella piantagione del suo “metter” lo “zucchero” a ogni scema di porcellana, insaponandola con la quercia secolare del suo “albero”. 3) Tre per tre fa nove, da cui la “Prova del cuoco”, programma culinario prima condotto dalla Clerici di “besciamella” nelle tettone e ora al ragù su faccia gonfia come lo zampone delle sue zampe da gallina. 4) Quattro assi sbancano a meno che non tiri fuori la carta vincente, quattro asini di solito si accoppieranno col bastone della Scopa fra loro di orgia da “cartai”. Gioco fra pensionati, e non solo, detto Briscola. 5) Dammi il deca, ho bisogno di soldi, stendilo sulle dita anche del piede. 6) Sette nani erano otto perché sette mezzi uomini ne fanno uno più “basso” della media ma forse più grosso per Biancaneve, la suora bisognoso della fav(ol)a. 8) Ottovolante e andiamo al Luna Park tutti pimpanti. 9) Dove vai? A novanta? Sì, moltiplicato per dieci il tuo cazzo potrebbe sodomizzare, per ora resta di quei centimetri e basta. 10) Amo Messi e detesto Maradona. Entrambi puttanieri ma almeno Lionel non si droga.
Comunque, siete delle anime in pena. Fidatevi.
A queste, preferisco l’animale col pene. Forse, usandolo troppo, servirà della penicillina. E su questa “cazzata”, è il caso di “darlo”, vado liscio come il burro…

Ecco la hit:

Marlon Brando/Fronte del porto
Robert Mitchum/La morte corre sul fiume
Anthony Perkins/Psyc(h)o
Robert De Niro/Taxi Driver
Al Pacino/Il padrino (Marlon Brando l’abbiamo già citato, e comunque il film è “suo”, Marlon è solo iconico)
Leonardo DiCaprio/Shutter Island (sì, questa è la sua interpretazione epocale, lui è, a vita e morte, Daniels)
Clint Eastwood/Gran Torino

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Christoph Waltz
    Bastardo!
  2. Johnny Depp
    Edward
  3. Nicolas Cage
    Sailor
 
credit