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“Il mistero di Sleepy Hollow”, recensione

Night is Burton!

Night is Burton!

 

Ogni mister(y) è un Illuminato e va svelato, attento al cavaliere senza testa che svelto (de)capita

Poesia di mio zuccone:

la zucca non è una fata Turchina,
è una strega maledetta d’arpionare in quant’arpia,
ella saccheggia di (c)alza a pennello e di carbone va annerita,
sfilandole i calzoni e mostrandoglielo “mostruoso”,
infil(z)ante di “caramello” e,
nel bruciarla…,
rintuzzar quel che,
rizzante,
la sua prosapia da zietta zittisce,
poi,
(de)fluendola in spada fosforescente,
arrugginendo ruggente
di acquaragia nel gracchio non radioso,
lo estrae ancor ardendosi
ché,
la vecchiaccia non attizza
il tuo strizzato giovincello tizzone volenteroso

Stizzendoti,
intirizzita non ti svezzò,
strisciò ma non la sradicasti
dal suo marcio guscio
e,
pentendoti di generoso dat(tter)o penetrante
ma non permeandola,
ti smarrisci per altre  impervie selve oscure,
come blair witch project,
spaventato dall’orrida asprezza
della sua avvelenante mela
a tua quercia disboscata da tal olezzo,
imboccando la via mesta fra un dartela a gambe
per salvarti la pellaccia
fra erbe,
forse droganti,
meglio comunque dell’acida senza canestro,
meglio,
sì,
la fragola campestre,
forse sarà un fungo ancor più deludente
ma questa puzza
e
ti ammoscia il pelo
per impianto tricologico
ai limiti del vomito

Tale componimento falotico è da tutti i bambini recitato a memoria al grido ululante di questa Notte di Halloween nell’ormai famosissimo motto dell’“Ammazza… quanto sei brutta… la vecchia col flit”.
Non flirtare con una scassapalle oramai andata a “puttanona” ché ti taglierà solo i maroni, perché fa bollire le caldarroste, dunque (o)mette le castagne al fuoco… spento e neppur ti g(l)a(s)sa come del morbido, fondente marron glacé.
Dinanzi a questo “dessert” al “tuo” desertico e assiderato, salvati col Cinema di Tim Burton,oasi favolistica anche se sempre “onanistico” dentro storie “rustiche” di freak,
comunque un bel (mi)raggio, seppure al lunar crepuscolo,
in confronto, e in fronte, ai “terroristi”.
Sì, il Cinema di Kathryn Bigelow era vampiristico nei suoi strange days migliori, poi si prese troppo sul serio, vinse bei Oscar grazie al suo “sedere”, eh già…
a sessanta an(n)i è ancora un bel vedere, ma preferivo Point Break alle “adrenaline” di Hurt Locker e compagn(i)a bella.
Beato lo sceneggiatore.

Altro che Zero Dark Thirty, qui abbiamo un Christopher Walken che decolla di fulcro narrativo “centrante” in miracolo del cameo inventato da un Burton davver geniale.
Il fascino di Chris sta nei suoi occhi “alla diaccio”, invece Tim gli arde il viso e lo rende visibile solo atterrente verso la fine di volto incandescente a impaurirci nel (sob)balzare davanti al “brutto” che (ci) piace.

Puro horror (s)mascherato da giallo in costume, in epoca senza Tempo, in leggend’arcana su canini sanguigni del Chris indiavolato, del Depp nostro più amato, una cera bianca e cerulea come la Luna, della Christina più Ricci(oluta) e ambigua, dei paesaggi evocativi in bitorzolute foreste animate, in spaventapasseri ed efebico Ichabod Crane, scienziato un po’ vagabondo, senza macchia dirimpetto al nero… cavaliere errante che a tutti recide il cranio per poi darsela in buio col cavallo…
Non è un racconto di Italo Calvino ma un colpo di “malocchio”, appunto, che fa il culo allo stregone, perché Depp è come me, se ne fotte delle superstizioni, se la fa un po’ sotto però poi ti spezza le ossa. Insomma, ti mostra per il mostro che volevi nascondere.

Questa recensione è galattica, ora andate a festeggiare.

Io, lo zio Fester, ve lo ordino.

Ah, comunque odio Halloween. Non è una nostra festa.
Che sono queste cere “cristiane” pagane?. Meglio, a questo punto, Cher. Oh, sapete la verità? L’ho vista l’altra sera in un programma statunitense.
Cazzo, quelle cosce non sono malvage. Eh no, anche se all’anagrafe è (ri)fatta. In breve “lasso”, il mio cazzo raggiunse un grande share.
Un Depp glielo darei. Tu no?
E allora per te il trucco, mio “tocco”, da Frankenstein.

Ricorda: lascia stare Dracula e anche Wolfman.

Insomma, sono un genio che mette i brividi? Copriti, fuori fa freddo, mi raccomando… “tienilo” al caldo e offrile dei “cantucci”. Quando la pelle “vien” accapponante, lo “zampone” è San Silvestro o nella gatta zuccherante di 31 Ottobre prima di “Ognissanti” e dei defunti…? Nel dubbio, fottitela, affonda. Ficca anche nella cripta, sii lindo nella sigillata.

Oh, mio Dio, sono un Signore gelante.
Ah ah. Molla la crema, è mia.

Come dico io, sembro una zucca vuota, invece ce n’è… di “sale”. E, salivando, anche in ascensore un po’ ubriaca fa più gonna di mio “strudel”.

Lo sleepy hollow sono qui a voi, mie damigelle. Vivo nella penombra, faccio quasi pena, il pene un po’ addormento adorabilmente adombrante, eppur (non) è né lombrosiano né dormiente.
Svegliandosi, va vagliando… e, maculante, non è proprio immacolato.

(Stefano Falotico)

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“The Departed”, recensione

Ti credi migliore di me, stronzetto?

Ti credi migliore di me, stronzetto?

 

Bene o male? Un casinò

Salve, il mio nome è Henry Hill, non Enrico. Sebbene sia di origini italiane.
Di cognome faccio però Liotta. Suona bene Ray, come primo pseudonimo? Fa tipo Rat Pack, topo e batti le tappe, stappa i tappi e riempi i buchi dei ficcananaso, quali noi siamo, i bravi ragazzi.

Ne avrei da raccontarvene, ma partirei dal basso ove vivo adesso, cioè lo scantinato.
Qui, le bottiglie di vino invecchiano come gli anni migliori, devo solo preoccuparmi dell’allagamento quando piove. Sia mai che spunti qualche spia, detta da me la Piovra.
Non sono un padrinoCoppola romanzò Puzo ma noi, come già avrete annusato, non ambiamo a quella puzza… Non siamo capostipiti di nulla, un po’ clandestini. Ecco, questo sì.
Viviamo quando la Luna scopa le stelle e scivola adrenalinica dentro nostre carrozzerie su impellicciate donne che trattiamo coi “guanti”. Mia moglie, ad esempio, era bella. Ora, è sempre stata una poco di buono ma, da bona, adesso va rabbonita di sberle. Vuole che io mi penti, le implori scusa in ginocchio. Cazzo, era una Lorraine rubacuori e confesserò, per l’amore “tradito” che ci lega, una (in)fedele versione dei fatti.

Da che mi ricordi,
la mia vita era già condannata al patibolo. Sempre a prenderlo, a riceverle. Mi avete visto? Ho occhi fascinosi su carisma tenebroso, d’altezza sopra la media e una risatina beffarda da far tenerezza e quindi farsele tutte. Si sa, coniugo male i verbi ma nello “scioglilingua” poetizzo ogni sen(s)o vitale con “tagliente” romanticismo magnetico. Già, l’attrazione risiede nel sedere, secondo il gentil sesso? Di mio, ho un portamento sensuale, assomiglio a Richard Gere con uno gigolò mafioso nel DNA che scovan da lontano…
Nel cruscotto, c’è sempre la calibro rubata al poliziotto, nel baule qualche cadavere. Me la caverò da tutti gli impacci, ma nessuno può salvarmi dalle donne. Neanche Jack Nicholson.

Doveva andare così, nella merda e nelle polpette di sangue della madre di Pesci. Ma mi piace sguazzarci, era ciò che (non) volevo.

Guardatevi. Siete felici? No, guidate con la station wagon sempre all’erta di non sbandare appena il culo del cartellone pubblicitario, sopra il guardrail, in lingerie intima v’ammicca di stare all’erta se incrocerai il “sinistro” di una guardia forestale col fuoristrada e licenza di “Stop”. Ah, quello ha il fucile, sa come romperti le traveggole, poi ti multa per “rallentamento in prossimità della curva pericolosa”, perché hai rispettato troppo il “rosso” del darle precedenza con airbag dei tuoi coglioni esplosi in manovra azzardata di zigzag fra i pantaloni e cambio di “frizione” in folle… Ricorda: anche la figa più oliante, adora il traffico senza pause imbarazzanti. Altrimenti, inchiodi e si (s)gonfia, caro pallone di cazzo fritto.
Insomma, rispetta il cuscino salvavita e modera la barriera di contenimento.
Rispetta quelli che stanno dietro, non pensare col senno di poi a quel posteriore.
Era solo virtuale, la botta in testa invece è da traumatologico.
Frattura multipla su craniata non preterintenzionale in dritto tua su “dirittura” del frontale.

Ora, Henry Hill è il protagonista di Goodfellas e questa recensione dovrebbe riguardare The Departed.
Qui, Scorsese non ha centrato il “remake” e la polizia ha ammazzato tutti.
Vera Farmiga sa…

Non ho altro da dire.
Se non vi basta, arrestatemi. Credo sia sufficiente questa testimonianza.
Ah, chiedo al giudice solo un favore.
Leo DiCaprio mi sta simpatico, è molto bravo, se però Martin girasse The Irishman con De Niro, Joe e Pacino, rivalutereste in peggio questo The Departed.
Fa ribrezzo rispetto al resto. Stranamento gli avete dato tanti Oscar e pollici su. Ah, dimenticate le ebbrezze dei bei tempi.
Ok, vaffanculo. Per perdonarvi dai vostri errori da avvocati alla Cape Fear, basta questo premio alla penale colpa?
Era prima da glorificare Martin. Dai, dai.

Arrivederci.

(Stefano Falotico)

 

“Army of Darkness”, Review

Io vi spacco il culo!

 

Dalle ombre darkness, l’eroe precipita in trono reale su zigomi foschi

Ash in Raimi “lynchiante” su asce recidenti Necronomicon rimbalzato dalla tomba ischeletrita delle case demoniache. Ash cavalcante un’epoca caotica e oscura, Ash ch’esorcizza l’esercito a suo battagliero adirarsi fiero, dai Ash, senza varechine di limpidi splash, fulminali con luridezza e asciuga le labbra d’una zuccherosa bionda per rabbonirla in pettorale tuo affamato, invocherà clemenza ma “impietoso” sarai “impietrito” di Cuor romantico, ergendoti in brame notturne dallo spiritico tuo teschio carismatico.
Ash il mito, immortalissimo! Duellante spadaccino fra mostri ballerini, che fan ridere anche i becchini, e arpie con i piedi puzzolenti come tua zia. Energico, Ash stritola il suo sangue, lo plasma a Bruce Campbell più amato e, armante, grida guerra inferocente.
Ash il perdente nato, “matto”, il jolly ripescato da qualche cazzo di storia strampalata d’una fiaba nera come le inquadrature “rustiche”, artigianali e dunque artistiche nel lor parossismo secco, come lama azzannante, come sfere di cristallo frantumate di streghe spappolate dall’universale figlio di puttana irresistibile. Dalla battuta sempre pronta, freddura brillante vivida anche se lercio d’indumenti “slabbrati”, abiti fuori moda d’un Cinema anacronistico sempre a me splendente. Riflessi svegli, cari dormiglioni.
Invadete le tangenziali, rallentando il traffico con la vostra fottuta appunto lentezza a cui offro, con parsimonia “antipatica”, l’enfasi di ralenti acceleranti in frizione su volante dentro le traiettorie tortuose d’una mia steadicam nervosa ad alto volume in stereo spaccacrani, highway isterica, rombante e roventissima, deformo le strade a contromano di “sterzarle” in mia anima galoppante.

Qui Sam Raimi tocca apici “fradici” di medioevale titanismo. Capta il senso dell’esistenza, della lotta nostra da “avviliti”, dei mortificati e li spinge alla rivolta avvincente. Infliggendo la sconfitta ai piccolo borghesi, qui incarnati da quest’orda urticante di bruciati vivi. Catapulte, puttanelle, coltelli, truculenza, splatter che ingoia i nemici e li “arrotola” in gore travolgente, con schizzi eleganti di ferocia maledettamente bella.
Questo Ash che se ne fotte delle regole, che manda quel beccamorto di Enrico il Rosso a farselo dar nel culo, poi se n’allea di “tiramenti” empatici, senza pensarci due volte eccolo che infila la lingua in Bridget prima di sfondarla nella “dissolvenza” a cambio di scena su sorriso stronzo stampato in faccia alle palle mosce.

Arriverà il seguito, non vedo l’ora che Ash, del reparto ferramenta, metta a ferro e a fuoco di nuovo questi zombi.

Ash, un incapace, una motosega. Un genio assoluto.

(Stefano Falotico)

 

Woody Allen o Clint Eastwood? Meglio “Ombre e nebbia del revenant”, fra la neve si vede? Secondo me, si gela. Figurato, sfigato o ramificato? FIFA? No, alle sfere preferisco le fighe

Di come mi trasformai nei più grandi del Cinema, (in)compreso Woody Allen ma non raccolsi neanche un Oscar, però un posto nel carro merci: nessuna prima fila, solo i tramonti… del “Monco

La mia è una lunga storia, miei filibustieri. Comincia da quando nacqui ma, all’epoca, il Mondo non esisteva. Fui io a crearlo, un’invenzione bislacca di cui sinceramente mi pento.
Oltre a badar a me stesso, i problemi sono iniziati col sesso. Da allora, le prime scimmie hanno cominciato a imborghesirsi. Con l’evoluzione, alterati nelle spontanee erezioni, si fan ad affidare ora agli psichiatri mut(u)ati alle diagnosi formato “cazzo di cane”.
Gli uomini hanno perso le emozioni sincere, si son disinfettati con tropp’ovatta.
All’uovo di Colombo preferisco chi tromba sodo.
Sì, io non darei una lira a questi, sedan sol per rabbonirti ma ricevon le porcelle grazie alla tua elargita parcella, così mangian a sbafo le bone, a te non resta neppure il resto. Questa è una beffa, buffoni! Non sbavate! Non me la bevo. Lei te lo beve in un bicchiere.
C’è poco da ridersela sotto i baffi.
Sì, ti scarnificano, previo pagarli per le loro puttane (im)pazienti, quindi rimani pelle e ossa. Oltre allo scavo “archeologico” per farti… risalir la china, previo lavaggi mentali di varechine, t’imbarbariscono di rabbia, mantenendo l’esclusiva della visita “urgente”.
Ah sì, prima ti pungono, poi vengon unti dalle più “piagnucolose”. Vicino alle poltroncine, se lo fan “poltrire” con fazzoletto all’occorrenza. Basta con questi monologhi della vagina! Non vaticiniamo! Basta col Vaticano. Evviva il WC!
Serve a pulire le merde

Di mio, posso dire che sono Zelig, conservo ancora una libertaria visione alla Robert Redford e tendo alla malinconia con picchi scroscianti quando nessuna scoscia per me.
Sono o non sono una zebra? Sì, maculato e non juventino.
Fra l’altro, mi sto (dis)umanizzando in Buster Keaton, sembra che sia catalettico, invece emotivamente fremo. Infatti, mi daran questo danno, l’infermità con tanto di sigaro…
La mia vita è falotica… un Clint. Un clic, uno sparo, clisteri, miei pappagalli me la son fumata. Ingozzatevi. Meglio il gargarozzo che sputa il rospo!
Non è irato, credo tiri per il grilletto… Non è disagio, vi massaggio io!

I più grandi film, firmati Eastwood, sulle ingiustizie: Walt Kowalski qui a me incarnato, infatti si parte da Gran Torino… basta con le stronz(at)e. Cazzo! Tuffiamoci in “fredda” vasca! Basta con Vasco. Contro Rossi, uso la svastica!

Arida è l’umanità quando, testarda, non vuol capire, anzi s’ostina con far da caporale.
La classe privilegiata decreta canoni di “normalità” campati per aria.
Chi s’accontenta, gode? Al limite della saturazione, delle sopportazioni. Poi scoppia.
E, chi scopa con troppa prosopopea, vien travolto dalle rivolte.
Talora, infatti, capita che un “taluno” non sia uno qualsiasi. E proprio non ci sta, che gran “testa di cazzo”, una “capra” incaponita, appunto. Ma, se sopra la panca la capra campa, sotto la panca non tutte le “capre” dormono… sempre. Ribaltano i detti e i dittatori. Alle vacanze a Capri, prediligo che sia tu a crepare! Sono imperatore totoiano. Isolato fra le sottane, senza Sole, impietrito e nel culo solidific(c)ato. Miei asini, non ho molto da spartire col vostro Bacco anale. Sono sabbatico, ballo la samba tra la fauna. Ho propensione al lento. Un (i)solista. Quasi surfista. Talvolta, eh già, si (ri)svegliano. E “sbarberanno” chi li “agnellizzò”. Il “bambino” ha sviluppato… lo stesso infrangibile, irto pelo dei “lupacchiotti” e non è uno scout. Scotenna. Che Odissea!
Dio, dove sei? Ulisse che fesso! Tutto per quella penna baciata di rima e telaio?
Si scatenerà il finimondo!
“Svettanti”, codesti bellimbusti martirizzarono, giudicaron di martelletti, martellando sempre sull’additare nella piaga. Inutile infervorarsi per spiegare. Ti piegano alle lor direttive. Non sbraitare, ti sederanno di bavagli. Tacendoti ad altro taglierino. La Legge del Taglione è più loro abusare non prevedendo che, se accoltellasti le anime, un ribelle potrebbe fregarsene del tuo sadismo e “revolverare” d’amplificato boomerang. Sì, soffre di un inguaribile masochismo, quindi non ha nulla da perdere. Anzi, l’aggrada proprio che insistano veementi, che lo “violentino”. Ciò alletta il crimine del (ri)torto. Non vuole sentire ragioni, anche se lo “imprigioneranno”. Preferisce pigiare, anche pigliarlo, piuttosto che farsi addormentare nel “pigiama” di tal osceno costume.
Evviva il nudismo! Che son questi scostumati consumisti col costumino? Siano onesti con noi stessi. Non ci avete steso! Si mostrassero per quel che hanno. Il mio è in tensione!
Perché credo di avere ragione di inutili invenzioni? No, ho ragione, ché è “diverso”. Dunque, sragiono.
E non andavo minato dalla contaminazione. Lui, cioè (D)io, non si fa corrompere, romperà le catene e sveglierà, “lentamente”, le false coscienze dei “paciosi” dormienti. Meglio le vigne, almeno te la svigni.
Non si può addomesticare, ma non mastica risentimento. Non è rancore, è giustizia. Di vino! Basta divinizzarvi! Rizzatelo anche fra i divanetti!
E c’è una profonda “(in)differenza”. Con l’omertà puoi “asso(r)dare” ma la vocina dei colpevoli si sta ingigantendo di colpa torturante. Proporzionata alle angherie dei loro reiterati soprusi, dell’esagerato “spingere”.

Sette film monumentali ove le regole dei bastardi vengono soverchiate titanicamente da chi ha avuto il “pericoloso”, lodabilissimo coraggio di aprire bocca. Ha spalancato le fauci.
E (non) ha tenuto chiuse le pall(ottol)e.
Gli altri registi non c’entrano il bersaglio, molti attori sono io.
Quindi, sono Clint.
E Woody Allen? Vive a Manhattan. Prima o poi verrò alle mani con Woody.
Ma le riceverò.

Gran Torino

“Da manicomio”, da ospizio, un vecchietto rompicazzo, “volgare”, ignorante, della sua fottuta guerra non frega un cazzo ad anima “viva”.
In questo quartiere, sotto la scorza dell’orientale… contemplazione, stanno avvenendo troppe porcate. E questa è una di quelle troppo grosse. Perché non si può perdonare.
Non si deve, è un dovere morale. Il prete prova a dissuadere il nostro “vecchio”.
Non lo fermerà nessuno. A costo d’una missione da kamikaze. Sono cazzi! Miei bulli, al Clint saltan le rotelle!

Debito di sangue

Io potevo sospettare di tutti, tranne di te, sei il mio unico e “migliore” amico…
Adesso, te lo chiedo da signore, potresti cortesemente “voltarti?”.
Mostrami la schiena… mostro.

Mystic River

Ogni parola è superflua.
Una storia talmente incredibile che un libro di Stephen King sembra, a confronto, una barzelletta.

Invictus

Com’è possibile vivere una punizione del genere, protrattasi illimitatamente, e avere una forza sovrumana per reagire e vincere l’impossibile? Nella grandezza, risiede la “generosità” che lascia senza fiato.
Come una meta che si credeva irraggiungibile. Invece, Mandela riscoccante ha scioccato tutti. In questo stupore, il silenzio è d’obbligo.
Non è agiografia o retorica celebrare la stupefacente invincibilità del Cuore.

Million Dollar Baby

Va bene, chiudiamola qui. Mi sembra una straziante sofferenza.
Doveva essere un momento di rinascita. Ringraziamo l’omicida…
Sono Kevorkian, pratico eutanasia. Che Dio ti benedica.

Gli spietati

Torna per ammazzarlo. Non gli sembra il tipo e la provocazione continua.
E chi ha detto al “nostro” che non era… il tipo? Un tizio accanito. Assomiglia molto a mio padre. Se le lega al dito… Poi t’ammazza come un animale. Nel bel mezzo del non te l’aspettavi… pensavi fossi un rincoglionito da tè “inglese?”. I canini! Avete sfregiato una cagna. Non sono una cariatide!

Potere assoluto

Nessuno confesserà. Sei stato l’unico testimone dello scandalo…
E allora lo (in)castrerò. Se non mi credi capace, ti sei sbagliato.
La tua vita, “presidente di che?”, è finita.
Di solito, quando un’ossessione mi fa “male”, la devo curare…
Sai, più passano le stagioni, e più la ferita cresce. Anziché addolcirsi, diventa sempre più forte. E adoro metterti paura. Questa tua paura la voglio.
Mi riconcilia…

 

 

(Stefano Falotico)

 

La legge(nda) di Johnny Depp, gli zingari sono più sexy, “gonzi” e ronzano d’avventurieri…

Johnny Depp Brave

 

Sono più brave…

e rinchiudo nelle bare i bari

Heart in auge delle nostre anime (dis)armate, articolate senz’esibizionismo degli “articoli”, mani in alto teppisti dei cuori, siete inariditi e noi invece scendiam dalle Alpi, sbarchiamo dalle navi per gelarvi nel sepolto già blindarvi ov’ancor più artici tremerete di freddo e fame che scippaste. Eguale è il nostro sdegno, ché avviliste la dignità di noi coraggiosi.

Intrepidità ci scote, di percosse vi (se)viziamo, d’ozio marmoreo non ci diamo la vostra mossa, gustiamo mousse del tiramisù più dolce alla vita, fra donne innamorate da sparger di glassa “rinfrescante” in calorifero ringhiar dentro tende da indiani fumanti caldi scirocchi, e poi sospirar lievi la prateria sconfinata della fantasia.

Il livor vostro nei nostri riguardi non ci concerne.

Ci “congedaste”, confinandoci in riserve ché sper(on)aste, con silenziante sparo, sparimmo senza lasciar tracce… di sangue con cui, “affettati”, recideste e intagliaste i visi pallidi di voi imbellettati dietro una “levigata” maschera.

Invece resistiamo e non desisteremo, siamo l’insistenza pari alla vostra ostinazione.
Alle persecuzioni con cui c’incuneaste nella calma apparente.

Ascoltate come la nostra voce, dall’oltretomba, sobriamente è già prossima a dilaniarvi?
Agguerritevi, incagniti urlateci la rabbia di non averci (de)moralizzato.

Tanto anelaste a diffamarci, ché volete solo voi le fette della torta, ma scordaste la “ciliegina” di noi infarcenti la finta vostra pasticceria di amarognola “cremosità”.

Siam tornati più incattiviti di prima.

Noi siam “marchiati” dalla nascita dall’“onta” dell’alterità.

Siam diversi ma non ci rispettaste. E quindi perché mai dovremmo adattarci al vostro “stile?”. Noi continuiamo a vivere così, che vi piaccia o meno, se no sarà guaio ribaltato, carro armato nostro corazzato e sempre più rinforzato, battagliero e florido nell’imbestialirvi tanto che v’inacidiremo d’identica flora… intestinale.

Noi siam “vegetali” fra la vegetazione, porgiam fiori alle donne nostre che defloriamo con l’incantate poesie melodiose del Cuor maiuscolo. Supreme, si svestono, in fretta ci cavalcano e godono innalzate a “unicorni”. Bianco candore e nessuna vostra volgarità celata dietro l’eleganza di plastiche…

Siamo la chirurgia che le brama e ora siamo noi a sbranarvi. Dalle brine del nostro gelo, s’è inorgoglito il rigoglio del nostro rosso… di sera.

L’asso di scopa, la figa vera a mazzate contro voi, gli ammazzatori.

Le nostre fighe profuman di rosa, sono cerbiatte e non come le vostre lorde ratte.

Le trangugiate in cene baccanali, noi danziamo invece con le ancelle più pure, elevando… a Bacco l’imboccarlo di nudità senza i timori “reverenziali” delle vostre vergogne.

Oh sì, prego… “vossignoria” c’umili d’offese, siete solo intimidatori ai vostri reiterati crimini. Noi ce ne fottiamo.

Saliamo le savie montagne dei di voi peccati, preghiamo il Signore solo della vita, liberi dalle idolatrie, dai pensieri omologanti, dalla “forma mentis” deforme del vostro inappellabile giudizio. Noi leggiamo leggeri la nostra autenticità, ci barderemo di fierezza anche animalesca, e non badiamo oramai più a dar retta alle vostre direttive.

Ci direzioniamo a genio del piacer estemporaneo, dell’esistenza captiamo la librata impudicizia e considerateci pure bidoni d’immondizie.

Sono il pupillo di Tim Burton, il braccio destro di Emir Kusturica, la rettitudine moralissima delle giustezze, dell’indiscutibile Bellezza.

Se non vi aggradiamo, ribadiamolo… digraderemo dalle valle a vostre lagrime.

Ma poi non piangete ché già (es)torceste, non ci sentiste… voi che sentite solo sconcezze e frasi fatte. Siete sol che lo stampino delle merde che pesteremo e non potete calpestarvi.

Avrete pugni in fiacca. Noi battiam… la fiacca. Ce ne freghiamo della “bella” fica.

Indossiamo il papillon, siam fiocchettini di “neve” giammai fiochi ma fuochi, perennemente “fuori”, ai border… della splendida alienazione.

Amiamo Nizza e Bordeaux, vi leghiamo di frizzi e lazzi e vi prendiam per il lazo.
Siam rudi e da rodeo.

Io sono Johnny Depp. Sulla mia faccia leggerai le leggi della mia origine zingara.

Johnny Depp è un coraggioso, io sono bello come il Sole ma vivo nella cupezza a tratti scalciante su scalp(it)o alle (bag)asce!

Sono “fortunato” come Johnny…

La mia sfiga esistenziale si misura da questo: ieri ho effettuato il pagamento tramite PayPal a youcanprint.it per l’acquisizione, leggasi 30 Euro, del codice ISBN d’attribuire a un’altra mia nuova opera di self publishing che pubblicherò, appunto, con loro. Oggi, è scattata l’offerta della promozione gratuita. Insomma, avessi aspettato solo due ore e non avrei speso un cazzo tranne la spedizione.

Tutto vero, fra pochi giorni sarà disponibile, un’opera falotichesca di quasi 350 pagine.
Il correttore di bozze stava impazzendo per colpa dei miei voli “pindarici” ma è rimasto impressionato più di una stampante a colori.
Svelerò il romanzo con calma, a tempo “debito”.
Compreso Petér Farsang, illustratore americano, che m’ha concesso la cover previo “pedaggio”.

Sì, Johnny sta con Amber Heard, io leverò presto le ancore, cantando con gli indiani l’ambra delle aurore.

Su questa stronzata, vi lascio a culo vostro.
Di mio, ce l’ho cronenberghiano.

Anzi no, dobbiamo chiarire la clausola:

ho telefonato per chiedere uno strappo alla regola. Mi han detto che, pur avendo saldato alle 22, due ore prima della Mezzanotte, la fattura non è retroattiva.
Ho risposto che però potrei inserire il “bonifico” in forma lor passiva.
Ha agganciato la cornetta, un cornuto di merda.

Come si suol dire, ho le corna in testa, nei testicoli no.
Johnny Depp invece è Johnny. Non puoi dirgli nulla. Sta con la faccia da mammalucco, ove noi uomini sappiamo, e tutte le donne pilucca.
Sì, abbiamo la stessa “ottica” della vita. Lui basa (il) tutto sugli occhi e ottiene il plauso delle gnocche, io confondo l’albicocca con le poche ciocche di capelli rimastemi, causa stress.

 

La “fine”, di “fino”, this is the end

Mostro… il “mio” a una di Facebook:

– Dal cel non lo vedo.

– Basta che vedi l’uccello vero? Adesso sei (s)collegata sui viali? Ecco il cavo!

– Mi raccomando, fai il bravo…

– Anche tu. Stai a cuccia, mignotta. Stasera non dar(me)la, domani troverai uno di denari. Io uso il “bastone”. Adesso, vado a giocare a briscola.
– Ehi, figlio di puttana!
– Non sono tuo figlio!

 
La picchio e la lascio con lo “smalto”. Le unghie sono mie.

 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

 

“Per qualche dollaro in più”, recensione

Quando la musica finisce

 

L’età dell’incoscienza, della giovinezza sverginata e stuprata, dell’insanabile torto mai cucito, la vendetta odora d’ocra impolverato ai piedi delle rive sanguigne

Ci sono film che non invecchiano. Anzi, col tramutarsi delle stagioni, respiran il sapore nostalgico d’una poesia incantata, incuneata nervosamente a spettro gelido dei crepuscoli nostri. Quando l’alba tremava per un bacio o impavido scheggiavi la Luna ombrosa in veglie tanto funebri e laconiche quanto diurne in erto, selvaggio accorartene, aggrappato alle melodie del Tempo infinito. Il Tempo maiuscolo era illusoria svenevolezza dell’anima, un ritmo “isterico” della frenesia cardiaca, delle onde oceaniche in tuffi vigorosi ad altri antri divoranti del cielo romantico. E qui vivevi, come il grande Cinema. Vibravi, sì, di vita!
In uno spazio tutto suo e tuo, un ritornello personale che oggi, distratti dalla noia del globo piatto, s’è scor(d)ato, flebile in me invece tambureggia, riscocca languido e appunto sonante risorge. Anzi, lo sorseggio come caldo liquore.
Rammemorando echi dei vivi ardori, d’aridi paesaggi imbruniti nel Sol levante dell’immoto fluirmi, sperduto a cornice dell’amor perpetuo.
Sibillino e poi sibilante fra labbra “stordite” d’una fisarmonica mesta, apparentemente riposata. Avventura che si tranciò, divelto è quel soave dormiveglia.
Dalla “trincea” riemerge piano, prima ancor sonnecchi, sveglio in pieno e miri i bersagli.
E fuggono. Prima “picchiando”, dopo cagandosela. Un tremolio… invertito, d’una orizzontale revenge ché dovevi ucciderlo quando potevi. Ma non ci sei riuscito, ogni losco stratagemma è qui un frontale spaventoso come un atterrito, sudante Volonté appena riparte la musica del duello finale… Lì, comincia davvero ad aver paura, un fantasma lo tormenta, un crimine che (non) si perdona e che vorrebbe tacere con un “freddarlo”. Non si può dimenticare. Da ambo le parti, a singolar tenzone. Adesso che dinanzi a te c’è l’incarnazione del tuo peggiore incubo…

Questa è una storia di vendetta, monumentale, epica al tinteggiante dì del Dio Morricone, una ballata al diapason carillon che inseguirà la preda a costo di rischiare tutto. Di morire due volte…

Due “scapestrati” cacciatori di taglie si mettono sulle tracce di una banda che ruba, ammazza, rapina e semina il panico.
Una “società” che unirà l’utile al dilettevole per far piazza pulita? Non ci sono indiani ma solo visi pallidi. Coriacei, abbronzati, roventi. Al sangue.

Sì, la trama è un pretesto. Perché il capolavoro è dominato da un’irreparabile ossessione che martella le tempie del cattivo e aspira le vene del buono… più “saggio”.

Certo, c’è la “strategia” non solo filmica dell’infiltrato, dei depistaggi, dei sottili equivoci, dei dialoghi tagliati al contagiri come una punizione… da 40 metri perfettamente bilanciata in secca rasoiata, l’umorismo colore “carta vetrata”, l’amarezza sacrosanta di fondo, lo scandirsi narrativo, veloce, calmo, abrasivo, tormentante, dilatato, folgoranti, esasperanti primi piani, l’adorante Clint col sigaro “di traverso” malfamato, onesto e non sa fumarlo eppur devi fumarti un carisma così, il suo ciuffo indimenticabile fra la pettinatura perfetta e il soffio increspante del caldo soffocante, l’arsura d’una forma concentrica di rara sottigliezza, il candore della “violenza”, la metrica “saltellante” di Sergio Leone, il proustiano già c’era una volta, chi bramasti, chi uccidesti e come morirai.

La storia la conoscete.

Le ombre camminano sul carro dei morti ammazzati… nessuna retorica, un leitmotiv che lentamente svanisce.

Nell’assopirsi del rosso tramonto.

Ti dissi che avresti pianto tu. Ma non volesti darmi ascolto.

Indio, tu il gioco lo conosci…

Questa è una recensione o una lirica personale?

No, una litania…

 

Io non cambio mai musica. Non lo sapevi?

 

(Stefano Falotico)

 

 
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