METAPHYSICAL Syndrome- Un cortometraggio forse medio, mediocrissimo o notevole?

metaphysical falotico

Per molto tempo, anzi mi correggo, da tutta una vita, la mia ovviamente, fui asfissiato nella claustrofobia fatale d’anguste e tetre voragini sconfinate d’uno spazio-tempo a me ignoto e forse remoto, vagando da vagabondo, mentalmente, a notte fonda fra i corridoi sinaptici della mia mente da me stesso celata in chissà quale nero anfratto spettrale.

Oggi, mi sento Il signore del male di memoria carpenteriana?

Un’incarnata e allo stesso tempo metafisica teca di cristallo ancora intatta nel conservare la mia purissima innocenza giammai infranta? Angelica, divina e al contempo diabolica?

Mentre sto filmando tali scorci pittoreschi d’un borgo rustico e medioevale, mentre sto qui, di mia voce narrante, a raccontarvi malinconicamente il mio essermi ottenebrato e incenerito nella polverosità della mia esistenza trasfusasi nella cupezza più profonda e recondita, nella visione di tale mio filmato particolare, state assistendo a riprese dalle inquadrature più o meno sghembe del mio peregrinare senza precisa meta lungo i dedali paesaggisticamente stradali di questa stessa cittadina antica e labirintica., da me or immortalata e da voi vista nitidamente attraverso la personalissima soggettiva dei miei occhi penetranti che la inquadrano a mo’ di vertiginosi piani sequenza emananti lieve acquiescenza movimentata del mio animo allineato a una poetica del mondo esoterica e stramba.

Scorrono sinuosi, in questi frame oscillanti e ondulanti, robuste torri senza precisa età, si scorgono vicoli serpenteschi dal ciottolato consunto e, annidati in essi, s’intravedono arrugginite vetrine annerite dal tempo che le sciupò oppure, usurandole con dolce lentezza interminabile, le forgiò nella beltà logorante eppur affascinante del tempo immortale e infinitamente, impercettibilmente letale che, alla pari d’una scala a chioccola sdrucciolevole, sale e scende nei suoi marmorei, imponderabili lineamenti mutevoli eppur insistenti, accordati universalmente al misterioso firmamento che, ribaldo lassù nel cielo, soprattutto durante il plenilunio più lucente, ognuno di noi barda coi suoi magnifici raggi sulfurei e risplende fantasticamente, avvolgendo la nostra piccola umanità decadente ed enigmatica nell’ammantarla di luminescenza soave e candida.

Illuminando flebilmente il nostro imperscrutabile, misterioso pianeta ancora strano forse in molte sue parti rimasto incontaminato, nel donarci un chiarore d’immacolata speranza eburnea e leggiadra.

Bagliori!

Ceruleo è il mio carnato, pallido fu il mio mortifero passato confuso da me trasfigurato.

Passeggio in modo fantasmatico in mezzo a una città forse senz’anima, orrifica e malefica, idilliaca o solamente deprimente, terribilmente… solitaria.

di Stefano Falotico

 

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