TERRA DI CONFINE – OPEN RANGE, recensione

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In occasione della sua uscita in Blu-ray 4K, oggi recensiamo lo splendido, ahinoi, ultimo film per la regia di Kevin Costner, cioè Open Range. Almeno, per il momento.

Terra di confine – Open Range, film del 2003, purtroppo alquanto sottovalutato ai tempi della sua distribuzione nelle sale. Poiché gli incassi non furono soddisfacenti e molta Critica sbadata, superficiale e arrogante oltre l’indicibile più incomprensibile, la stessa Critica che oggi, quasi unanimemente, contrariamente a quanto pomposamente affermò con prosopopea disarmante e tramite giudizi severamente impietosi, l’ha rivalutato appieno, dopo averlo apertamente snobbato e liquidandolo in fretta e furia, supponentemente, definendolo sbrigativamente un mediocre western facilmente dimenticabile.

Niente di più falso e assurdo. In quanto, il bel Kevin Costner, di Open Range anche ottimo protagonista dalla recitazione ineccepibile e carismatica, dalla presenza scenica spiccata, dopo il trionfo planetario e oscarizzato del suo superbo, inarrivabile e innovativo Balla coi lupi, insignito di sette pregiatissime e assai meritate statuette dorate insindacabili e sacrosante, dopo il suo L’uomo del giorno dopo, ambizioso e anch’esso da ristimare notevolmente, eppur per molti, ancora una volta, da accantonare e obliare prestamente, aggiungiamo noi in modo sesquipedalmente erroneo, si presentò alle platee del mondo con tale Open Range, per l’appunto.

Scontentando, come già dettovi e or rimarcatovi, la maggioranza della gente e dei critici. I quali presero una cantonata di proporzioni ciclopiche poiché Open Range è un capolavoro. Un epico e al contempo intimista, particolare e assai personale western dalle tonalità crepuscolari e soavemente malinconiche, impregnato di romanticismo struggente, un’opera di raro pregio e suadente bellezza, rifulgente di mirabile sofisticatezza omaggiante perfino il classicismo dei migliori John Ford di sempre.

Della durata di due ore e venti minuti circa, Terra di confine – Open Range, su sceneggiatura di Craig Storper, è tratto dalla novella, inedita in Italia, The Open Range Men di Laurain Paine.

Trama, molto sintetizzata:

Siamo nel Montana del 1882. L’aitante cowboy Charley White (Kevin Costner), il corpulento Mose (Abraham Benrubi), il giovanissimo Button (Diego Luna) e l’anziano eppur ancora gagliardo Gelsomino Spearman, detto Boss (Robert Duvall), sono quattro mandriani che, lungo le verdeggianti praterie sconfinate dell’America, conducono il gregge regolarmente al pascolo.

Qualcuno, non staremo a dirvi chi, in assenza di Charley e Boss, è stato ammazzato vigliaccamente e il bestiame derubato. Al che comincerà la caccia spietata all’uomo o ai banditi che hanno commesso il vile, imperdonabile affronto. Fra inevitabili colpi di scena e non pochi tradimenti violenti…

Intanto, nel succedersi incalzante degli avvenimenti, prima della risoluzione a fuoco del finale della resa dei conti con tanto di sparatoria mozzafiato e al cardiopalma, entra in gioco anche l’amore di Charley per la sensuale, avvenente, matura Sue Barlow (Annette Bening). E i loro cuori s’infiammano di passione dolcemente armonica.

Nel cast, fra gli altri, Michael Gambon e James Russo.

Fotografia elegantissima di J. Michael Muro per un anomalo western romantico al massimo, d’altissima scuola registica, sopraffino e sia diretto che interpretato da Costner in modo carismaticamente divino.

Imperdibile, straordinario, fuori dal tempo, Cinema puro nella sua essenza più adamantina, emozionante dal primo all’ultimo minuto, di gran classe e da vedere se non l’avete mai visto per la prima volta oppure da rivedere assolutamente quanto prima.

Secondo me, capolavoro. O quasi. Se non vi sta bene, lasciatevi cavalcare dalle vostre donne. Comunque, più che uomini cowboy e da cowgirl, siete messi a pecora. Sembrate delle povere pecor(in)e smarrite come quelle che vengono, in tale film, fottute. Ah ah. E non fate i santarellini.

di Stefano Falotico

 

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