“King Kong” (Peter Jackson), recensione

Leccami la banana, oh mia biondina!

Leccami la banana, oh mia biondina!

Bionda, tu mostra al “mostro” come ti deflorasti (s)venduta al Peter Jackson non più Pan, Peter ora è un urlatore di banalità al soldo del mangiarsi… in banana

Adoro gli scimmioni ché, trogloditi afferranti l’Empire State Building, surclassano le classi “pr(ivil)egiate” della “svettante” borghesia meschina e bassa, battendo in pelosi pettorali il lor amore odiato per la bionda a commuoversi in “forestale” inalberarlo e adirar i cacciatori nel predatorio (non) intrappolarlo… dentro il blockbuster. Sono una bestia!

Peter Jackson incarna il panzone per antonomasia seppure, dopo (ac)curate e dimagranti cure, è oggi un “bel” fig(ur)o, con calvizie temperata sol d’incipiente stempiatura tenuta a bada da lozioni di (s)fiducia dei suoi ammiratori “(de)crescenti”.
Ravvisai un regista destinato a “infoltire” di grandi opere la sua filmografia, un ambizioso cineasta sfrenatamente titanico, senza macchia del “peccar” d’eccesso. Invece, come sovente avviene, anch’egli ingabbiato dalle ingarbuglianti logiche redditizie del sistema hollywoodiano, ha ceduto la sua fantasiosa creatività al conto suo in banca “lievitante”. La fiaba del brutto che poi ricco si trasformò in brutale sfigurar se stesso nella filigrana di falsità.
Dapprincipio fu lo stile, adesso è mesta e furba pastorizia. Ah, serbai ammirazione per Peter ma s’è esacerbato di sebo ormai “impomatato” al pettinar il Cinema nel carezzarlo a mo’ “arruffianante” e non più crespo vivace, ciuffo pazzo, genialmente arruffato di rampicante spiccar come le migliori sue ex pellicole dal notevole, acclamante ranking. Acclarato dopo una manciata di creazioni ancestrali dal sapor medioevale, dal celtico scalar “barbaro” le vie impervie ma folgoranti dell’estro più personale, eccolo precipitare nel mercificarsi lercio. Non lesinando a elemosinare i suoi spettatori con ammiccamenti leccanti lo stuprare miti e leggende popolari abdicanti in far(se) “sfarzose” quasi però pantomimiche, tanto per accrescere appunto la nomea di hobbit vivente. Da gigante a nano nel giro di pochi secondi e molte multisale. So solo che la pigrizia mentale di costui sta di nuovo allevando la sua pancia, la macchina da presa lui prendeva per le corna e stordiva le nostre visive cornee nel luccicarci di meraviglioso, adesso invece prende soldoni incassanti, dunque annoia e scassa, si sa… l’adipe dei dollari facili è partorente nuovo grasson stanco e ripetitivo, fra “borbottare” sequel stracchi, realizzati soltanto per assegni miliardari da strappar all’offerente major dei pastrocchi con occhio rivolto sempre alla massa digerente ogni porcheria e dunque al piattume più spazzatura, dietro esecutive produzioni piazzate con lo stampino, migliaia di copie stampate ed eclettismo quindi del Peter appiattito, non più appetitoso e infatti senza la fame che fu come dimostra la sua magrezza ambigua, già che “in giacchetta” arricchendola in non più lustrarci di quando ci spiazzava con fotogrammi accecanti. Al massimo, ora, è robetta da spazzolare. Cinema alle doppie punte. La prima rivolta alla vetta della classifica rampante, la seconda ad abbassare il livello qualitativo per quantificare quanti fessi imbriglierà nel rimbambirli con le favolette da “barbabietola”.
Questo King Kong fa infatti schifo. Da qui parte la sua dipartita.
Lo dichiaro apertamente, sfido qualsiasi altra opinione a smentirmi.
Travisa completamente il senso di tal appunto mitologica creatura e l’addomestica per (s)fruttare le forme scoscianti della Watts Naomi più qui “disboscata” del solito e svestita con parsimonia. Kong diventa un T-Rex da Jurassic Park, gli tira solo per Naomi la topolona al fine di spelar i suoi di boschi frutti e, con effetti speciali alla b(u)ona, spillare monete a chi le spenderà ingenuamente per esser imboccato dentro un’avventura tanto roboante di “lunghezza” da gorilla mandrilli quanto poi “sgolati” nell’eiaculare i momenti topici, da contar sulle punte delle dita stavolta, a final visione, un non proprio fine, a conti (s)fatti, “Che razza di cazzatona”. Un, due, tre, pochi minuti da ricordare. Neppure Naomi perché è di fisico minuta e, per di più, neanche si vede molto. Ah ah.
Il peggiore film in assoluto che si poteva concepire su Kong.
A questo punto, meglio quello “creato” da Carlo Rambaldi. Meglio Mariangela di FantozziFra i due scempi obbrobriosi, scelgo sempre quello/a che pesa meno. Ah ah.

(Stefano Falotico)

 

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