Dopo Maps to the Stars, doveroso excursus poetico (e)temprale nel bisturi del Cinema di Cronenberg

The Dead Zone Walken

di Stefano Falotico

Incantato, com’è giusto che sia. Io, dinanzi al Maestro, sempre m’inchino sebbene questo suo ultimo, per me capolavoro, non abbia riscosso i consensi pressoché umani delle sue opere precedenti. O meglio, diciamo che i cinefili, dopo la visione di Maps to the Stars, si stan a mio avviso semplicemente contendendo lo “scettro” di chi scrive(rà), come sovente avviene in questa società competitiva d’esibizionismi futili, la recensione più stroncante ma appunto “esposta” di bella argomentazione da risultare incorniciabile e da “Ma sai che, sì, pensandoci, meditando sulle parole di ‘sto tizio, non è un granché?”.

Ecco, io non do retta ai detrattori di maniera, figuratevi se do “udienza” ai ratti del “dolce stilnovo” per quattro applausi su qualche blog ove si leccheranno a vicenda di condivisioni “Mi piace”. E apprezzamenti ruffiani.

Cronenberg è ben oltre le dicerie e, a tal proposito, ancor omaggiando il compianto Philip Seymour Hoffman, vi ricordo la sua “predica” ne Il dubbio, in cui con encomiabile classe sfotteva i creduloni dell’ultima ora che, di maldicenze appunto, seguono i pecoroni, persuasi a lor volta e a forma di squallido involto da tali cattivi pastori, che scelleratamente si fan chiamare recensori, e in verità di dico di non bestemmiare in nome di Dio. Cioè David. Perché David, come insegna la bibbia, accecherà i miopi, che si trastullan da giganti della carta stampata e invece verranno accecati soltanto dal mangiar le (lor) mentine da Golia…, caramellandosi balsamici, e imbalsamati, nelle didattiche presunzioni “linguistiche” da chi sol fa prender aria fresca alla bocca. Ah ah.

David(e) è sempre più svelto e raggira i maligni, dunque le malelingue, essiccandoli di “pasticche”, trattandoli come i personaggi putrescenti e viscidi del suo capolavoro lucidissimo.

Ora, io non sono il messia, Dio me ne scampi, perché David invece lo è e m’illumina. Dunque, con grande umiltà, io siedo alla destra del Padre, benedicendolo. David, cioè (D)io, ah ah, m’intima a confessare e a rivelargli il segreto del suo Cinema. Ora, molti “dotti”, che come abbian sopra detto han rotto, si fissano che David abbia le fisse della psicanalisi. No, Freud e Jung ben poco centrano col suo Cinema, diciamo che sono un altro fondamentale basamento teorico della sua sviluppata poetica. Se un tempo si disse di Lui che fu un rivoluzionario per visioni crash, oggi lo rinnegate e lo accusate di prendersi troppo sul serio e d’esser la(g)noso, di ribadire l’ovvio già contenuto nei libri proprio psichiatrici.

E invece l’acqua calda, che (ri)bolle in pentola nella mente sempre prolifica di David, va ancor (s)coperta.

Perché è proprio sul concetto di tempo che io mi concentrerei. Sul cerchio della vita.

Che mi dite de La zona morta? Di Spider? Non sono forse due mo(n)di horror di concepire come noi la viviamo, quindi la vedemmo, anche se le nostre alterazioni potrebbero indurci a tornar, con la memoria, indietro?

Sì, è così.

E non è forse A History of Violence un ritratto del tempo che, (s)fortunatamente, ritorna e di violenza turbinosa (di)strugge l’animo come un tornado?

Sì, David credo che ami la canzone degli Eurythmics, rimembrando che here comes the rain again.

Così è.

Sia lodato. Sempre sia lodato.

 

Lascia un commento

Home Another bullshit night in suck city Dopo Maps to the Stars, doveroso excursus poetico (e)temprale nel bisturi del Cinema di Cronenberg
credit