Personalissimo omaggio a Robin Williams (1951-2014)

di Stefano Falotico

Robin Williams

Ebbene, anzi malissimo, purtroppo è morto Robin Williams.

Ma non è morto, appunto, di morte “naturale”. Bensì, sebbene la stampa americana, che ha diffuso stamane la notizia, ancor non possa pronunciarsi ufficialmente, poiché deve aspettare prima l’autopsia, pare che il nostro amatissimo Robin, sì, noi cinefili lo chiamiamo solo per “nome(a)”, si sia suicidato. Probabilmente, si è impiccato, asfissia…

Ecco, quando una persona si suicida, le cause che stanno dietro questo gesto non potranno mai essere individuate con certezza. Sì è suicidato lui, non gli altri. Gli “altri”, al massimo, potranno, come già “doverosamente” han (dis)fatto, allestire tanti “didattici” memoriali funebri, in cui, citando le sue migliori interpretazioni, commemorandolo attraverso la galleria dei suoi indimenticabili personaggi, non faran altro invece, a mio avviso, che indurmi a una tristezza ineludibile, una tristezza sconcertante, glaciale da inaridirmi anche in un “lapidario” prender ancor più coscienza che, agli occhi del prossimo, una volta morti, siam soltanto un R.I.P. banale, in memoria non tanto dei posteri, quanto a “cele(b)rità” dell’articolista più sveglio, “vivo e vegeto”, in grado di scrivere l’articolo più “colto” e “furbo” per agguantare il plauso alla sua panza tronfia da trofei. Insomma, la vita del grande Robin s’è “scremata” d’incenso, e i “giornalisti” pensano a “stamparlo”… nero funereo su bianco cereo, incensando sé stessi, da sciacalli nello sfruttar l’ennesima tragedia altrui a conferma agghiacciante del semplice ma vero proverbio latino mors tua, vita mea.

Ecco, molta gente crede che io sia un sensitivo. Io sono (ir)razionale, e non credo alla veggenza o ai poteri paranormali, a quei prefiguranti eventi futuri che, come in tal “caso”, (im)mor(t)almente si rivelano poi tragicamente reali, come se, appunto, un effetto (ir)ragionevolmente telepatico, di “morte in diretta”, avesse squarciato la tua anima, “illuminandola” di una morte poi così “annunciata”.

Robin Williams soffriva da anni di grave depressione. Eh sì, una “malattia” che vien dall’ignoranza di massa spesso scambiata addirittura per fastidiosa malia. Perché questo “male oscuro”, ch’è la depressione, par sinonimo di stronzaggine agli occhi della gente “comunemente” mortale e (im)morale, è soltanto il condannabile (cap)riccio di un’anima troppo viziata.

Dinanzi a tali oscene mentalità, oramai che abbiam varcato il nuovo millennio da un pezzo, credo che i pezzi di merda siano loro. E da me meritano, a virtuosa, non retorica ma purissima verità, un orgoglioso, personalissimo “cordoglio” senziente davvero (a) Robin Williams. Il resto sarà una “processione”, questa sì, spettrale da morti viventi, d’una sua filmografia “puntigliosa” nel lor elencar i momenti belli da ricordare…

No, io non starò a citarvi la sua biografia. Procedendo indietro nel tempo nel risalir ai suoi esordi, enumerando i suoi attoriali migliori trascorsi. Non “sigillerò”, come von Sydow de Il settimo sigillo, i ruoli per cui ottenne le nomination all’Oscar e di come lo vinse “solo” come Miglior Attore non Protagonista per Will Hunting, nella parte, guarda la fatal assurdità, di uno psicologo che combatte per d(on)ar una visione più ottimista della vita al prossimo.

Se ti chiedessi sull’arte, probabilmente mi citeresti tutti i libri di arte mai scritti… Michelangelo. Sai tante cose su di lui: le sue opere, le aspirazioni politiche, lui e il papa, le sue tendenze sessuali, tutto quanto vero? Ma scommetto che non sai dirmi che odore c’è nella Cappella Sistina. Non sei mai stato lì con la testa rivolta verso quel bellissimo soffitto… mai visto. Se ti chiedessi sulle donne, probabilmente mi faresti un compendio sulle tue preferenze, potrai perfino aver scopato qualche volta… ma non sai dirmi che cosa si prova a risvegliarsi accanto a una donna e sentirsi veramente felici. Sei uno tosto. E se ti chiedessi sulla guerra, probabilmente mi getteresti Shakespeare in faccia, eh? “Ancora una volta sulla breccia, cari amici!”… ma non ne hai mai sfiorata una. Non hai mai tenuto in grembo la testa del tuo migliore amico, vedendolo esalare l’ultimo respiro mentre con lo sguardo chiede aiuto. Se ti chiedessi sull’amore, probabilmente mi diresti un sonetto. Ma, guardando una donna, non sei mai stato del tutto vulnerabile… non ne conosci una che ti risollevi con gli occhi, sentendo che Dio ha mandato un angelo sulla terra solo per te, per salvarti dagli abissi dell’inferno. Non sai cosa si prova a essere il suo angelo, avere tanto amore per lei, vicino a lei per sempre, in ogni circostanza, incluso il cancro. Non sai cosa si prova a dormire su una sedia d’ospedale per due mesi, tenendole la mano, perché i dottori vedano nei tuoi occhi che il termine “orario delle visite” non si applica a te. Non sai cos’è la vera perdita, perché questa si verifica solo quando ami una cosa più di quanto ami te stesso: dubito che tu abbia mai osato amare qualcuno a tal punto. Io ti guardo, e non vedo un uomo intelligente, sicuro di sé, vedo un bulletto che si caga sotto dalla paura. Ma, sei un genio, Will, chi lo nega questo. Nessuno può comprendere ciò che hai nel profondo. Ma tu hai la pretesa di sapere tutto di me perché hai visto un mio dipinto e hai fatto a pezzi la mia vita del cazzo. Sei orfano, giusto? Credi che io riesca a inquadrare quanto sia stata difficile la tua vita, cosa provi, chi sei, perché ho letto “Oliver Twist?”. Basta questo a incasellarti? Personalmente, me ne strafrego di tutto questo, perché sai una cosa, non c’è niente che possa imparare da te che non legga in qualche libro del cazzo. A meno che tu non voglia parlare di te. Di chi sei. Allora la cosa mi affascina. Ci sto. Ma tu non vuoi farlo, vero campione? Sei terrorizzato da quello che diresti. A te la mossa, capo.

È retorica! Ma il film Will Hunting è melodrammatico e comunque funziona…

Molta gente sostiene che io e Will Hunting siamo molto simili, due (ri)belli abbastanza cinici, forse troppo romantici per credere al buonismo, questo sì, invece, deleterio, ipocrita e maligno. Perché fa tabula rasa del prossimo, spersonalizzandolo e trattandolo prima da “grande” se dice a metà la nudità di chi noi siam, e si dà alle cos(c)e giuste, “sane”, che non arrechino (di)sturb(at)o, insomma, la gente ti lecca il culo se sei ruffiano e omologato, se fingi spaventosamente di essere “felice” come tutte le persone “brave”. Ma, se invece sveli il vero tuo profondo, lacrimando di obiettività, anche di durezza spietata, non solo verso il prossimo, bensì rivolto soprattutto al tuo (av)volto(io) che (non) ti piace, confessando le tue fragilità, le tue paure intime più nascoste, insomma, proprio la tua vulnerabile e sacrosanta umanità, la gente… sapete che fa? Ti manda a cagar’! Questa è la triste verità.

Ecco perché sono depresso. Perché questo mondo è sbagliato, è orrendamente “sbadigliato”, anzi. Cioè, appena riveli il tuo “malessere”, ecco che qualcuno ti “porge” uno sbadiglio e anche uno “schiaffo in faccia”, definendoti “sfigato”.

Perché le tue sono chiacchiere, la vita è questa e devi accettarla.

Invece, io non l’accetto. Sono uno “psicotico”, “socialmente pericoloso” e tanto di diagnosi lo “attesta”, “grazie” a teste psichiatriche con le “palle” al posto del cervello, sì, uomini “forti”, che tarpano il volo libero del tuo “uccello”, con la “potenza” abusante di “potere” e di caste non castissime, coi testicoli lor tostissimi, guai a “tastarli”, altrimenti chimicamente ti castrano, sono (in)toccabili…, loro fan e disfano, sì, diagnosi di “schizofrenia e atimia su depressione bipolare”, tendente forse al volo giù dal balcone o al cap(pi)o al collo perché tanto, per come son fatto, lo prenderò sempre in culo, tanto vale che “tagli la corda”. E scappi, perché a questo mondo interessa la tua “anima” solo se sgobbi, lavori “duro” e scopi come un porco, stando zitto e muto. Vai con le mule e io con Dio! Altrimenti, scoperai solo a terra o appeso nell’aldilà… Allora, muoio!

Invece, io non mi arrendo. Non lo dà vinta a questa società di pazzi. Di maniaci sessuali, di adoratori del luogo comune, di piccolo borghesi spaventati da chi la pensa diversa-mente, da chi lotterà sempre per portar avanti le sue idee fortissima-mente!

Io non so però niente. Non sono un veggente. Non so neppure “vivere”.

Stamattina, prim’ancor ch’apprendessi della notizia della morte per suicidio di Robin Williams, ero a un bar. C’erano pochi clienti. Il caffè era al solito amarognolo come il mio cuore, ma basta “zuccherarlo” e il gusto della vita puoi riassaporare più “dolce”. Tristemente addolcito se lo imbottisci… di farmaci e allorché diventa schiumoso di salivazione con “bava alla bocca”. Ma (lo) bevvi tutto… di un fiato! Molto affaticato, fighissimo! Sfincato, pressochè spacc(i)ato, inculato. Ma vaffanculo!

Eh no, non me la date a bere.

Ecco, circa un mese, fui colto da un enorme sconforto. E, a tarda notte, telefonai alla polizia, dichiarando che volevo farla finita ma, prima di ammazzarmi, ed ecco il perché ho telefonato alla polizia e non al Pronto Soccorso, volevo chiarire con “essa”, essendo, come purtroppo credevo, deputata… d’organo istituzionale, presumevo, (in)felicemente “giustiziere”, volevo parlare dell’ingiustizia atroce che m’ha condotto a così intristirmi tanto da voler mollare…

Vengo tenuto “sul filo”… del rasoio perché devon accertarsi che, nel frattempo che potessero arrivar le “alt(r)e forze” all(in)eate, sì, i “rinforzi” che m’avrebbe davvero “rinforzato” di (co)raggio, io non potessi commettere gesti inconsulti. Dopo una quindicina di minuti al telefono, ecco che suonano alla porta. Il poliziotto, dall’altro cavo telefonico, però mi “(co)stringe” alle “(st)rette” di non chiudere la cornetta. Che “cornuto”. Perché deve “appurare” che i suoi colleghi, nel mio appartamento, io faccia “accomodare”. I signori si accomodano e “comoda-mente”, intanto rilassatomi per un cazzo, espongo loro la mia situazione.

Ecco, nel lontano 2008, mi mandarono un ricovero coatto perché ebbi l’intrepidità di ribellarmi a una manica di ma(ia)li. Quindi, andavo “fermato”. E, da allora, è cominciato un calvario, sia giudiziario che ancor più “problematico”.

Sì, con impressionante “freddezza”, esposi ai poliziotti, i quali, tutta la mia storia, a “grandi linee” annotarono sul tacc(uin)o, che sono precipitato in questa “crisi” e ho dovuto patire l’idiozia di gente stupida ché, se alla mia età non andavo alle feste e (t)rombavo scorrazzante “felicità”, afferrando una ragazza per i capelli, sbattendomene…, ero da trattare, appunto, non tanto coi guanti bianchi ma con le pinze… ad annerirmi e spappolarmi.

Bene, ci salutiamo, mi augurano “buonanotte”.

Dopo un mese, avendo loro fatto verbale, vengo contattato di nuovo dal Centro di Salute Mentale, da cui ero stato dimesso perché è tutto “pene” quel che per 5 anni è stato sedato e bombardato, avendo io avuto (e chi ha “dato”, l’ha sol “ricevuto”), questo è il “bello”, ragione da vendere.

Insomma, sono una persona sin troppo “(in)stabile” di mente per non potermi neanche lamentare. Quindi, hanno bisogno di ulteriori “accertamenti”. Certamente…

Ed è per questo che, molto tristissimamente, L’attimo fuggente è un grande film, assolutamente, capitano, mio capitano! Miei cari “cap(oral)i”, che (non) volete capire un cazzo di niente!

 

Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita…

 

Peccato che a molta “gente” questo non interessi. Anzi, ne vengono stressate. Interessa solo se stai 8 ore in fabbrica a spaccarti il culo e poi aspettai il sabato sera per rompere altri cu(cu)li… che cazz(on)i. Li pagano con gli interessi, almeno?

 

– Stefano, “sostanzialmente”, tu che fai, “a conti fatti”, nella vita.

– Niente di che… negli ultimi dieci anni, ho scritto quasi una trentina di libri. Non è un’iperbole, sono proprio una trentina. Alcune persone, hanno letto alcuni dei miei libri e mi hanno ringraziato, perché ho salvato loro la vita. Dopo averli letti, sì, hanno compreso ciò per cui davvero vale la pena, e non (il) pene, di vivere.

– Fai “solo” questo?

– No, “faccio”… anche altro. Amo il Cinema, ascolto musica, adoro la bellezza, specie… se femminile, ma mi trovo con 5 an(n)i di vita rubati. Comunque, sto “benissimo”.

– Bene…, con te, comunque, io non voglio uscire. E, se da domani, non ti alzi e ti “adatti” alla scem(enz)a di massa(ie), io ti romperò di nuovo i coglioni…

– E io stavolta ti sbatterò in carcere. E lì, povero stronzo, sarà davvero “rehab”. Così, capirai!

 

Ciao, Robin.

 

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