I dieci comandamenti di Ridley Scott… ai poster(iori)

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di Stefano Falotico

Una leggenda, quella del “piccolo” Mosè, che il grande Cecil B. De Mille ritrasse nel suo mastodontico, “imperituro” capolavoro, sorretto dal legnosamente affascinante Charlton Heston e dal carisma “cranico” del pelato Yul Brinner, il magnetico “robot” dagli occhi cupamente avvolgenti in tal mondo di (dis)umani.

Ora, Ridley Scott si cimenta con la sua versione. Storica, spetterà deciderlo alla critica e a noi spettatori. Saremo “inghiottiti” dal Mar Rosso aperto in forza d’urto imperiosa, scalpitante rabbiosa ribellione del Christian Bale “ebreo” in corazza(ta) suggestiva, o verremo travolti dalla computer graphic di un’opera spaventosamente post-moderna nel senso peggiore del termine… della “notte” cinematografica? Sommersi da un pastrocchio senza capo né coda eppur “scorrazzante”, quanto “scoraggiante”, del Joel Edgerton più (s)truccato in posa da faraone egizio credibile come Madre Teresa di Calcutta a vender la cicuta? Laddove, la zampata “artigianale” d’effetti speciali “antichi” restituì forza visionaria alle sacre scritture nel De Mille di pietra miliare imprescindibile, Scott sarà un “replicante” del miracolo o ha partorito, invece, un kolossal coi tristi “cris(ante)mi” del più abusato ecceder di kitsch peccaminosamente “blasfemo?”.

Non pronunciar il nome di Scott, invano, (in)fedele del suo Cinema. Perché Scott esordì col “kubrickiano”, alla Barry Lindon, (tras)lucente, I duellanti, si cimentò con tutti i generi, degenerando assai fra pellicole alimentari, peplum “oscarizzati” di maniera, merda “pura” come Soldato Jane, crociate e altre, non so se alte, oltre le tempeste del nostro speranzoso incrociar le dita. Probabilmente, dopo la visione, dopo tre ore di “religioso silenzio”, urleremo la bestemmia più sacrosanta e liberatoria, quel catartico “Madonna impestata, Dio mio, ho assistito a una sesquipedale porcata!”.

Se sarà una boiata, io (non) so, anche se Sigouney Weaver, così (s)concia(ta), più che Nefertiti, mi sembra brutta infernale. Invecchiata da mostra… “sacra” e con un’espressione accigliata dell’essersi incarnata nel parto suo dell’Alien la clonazione dell’ottima figa e attrice che fu. E invece ora è (ri)cotta e sexy quanto la pasta frolla.

Popolo d’Israele, forse è meglio il vello d’oro rispetto a tal Scott che Hollywood rende aureo. Stupida Los Angeles.

Questo film s’annuncia sotto i peggiori auspici, pioveranno rane, “ortaggi”, una grandinata di fi(a)schi, un Bale, anziché “beatificato”, da prender a sberle su sua faccia da culo “inoppugnabile” dell’aver azzardato troppo di “versatilità”. Va bene che interpreterà Steve Jobs, che fu Pat Bateman e Batman, ma Mosè che c’azzecca? Scagliate Di Pietro contro Bale, forza, linciatelo di pietre. Siate impietosi. Va impietrito.

E allora, come il mitico Edward G. Robinson de I dieci comandamenti, rivolto la “rivolta” e incito la foll(i)a, piglio uno spettatore malinconico da “La Mer” e gli faccio ascoltare “Com’è profondo il mare”. Poi, gli grido: “Per fortuna, è morto Lucio Dalla! Basta, con questi lamentosi!”.

E, con la gente che mi alza in t(r)ono enorme, salgo sul Sinai, sgrido tutti gli asini e mi sostituisco a Dio, inventando l’undicesima legge:

desiderate la donna d’altri, perché fa più trasgressivo, e i trasgressivi te lo ficcano in culo!

Al che, andiamo tutti a mangiare le “faraone” col contorno di patate e i tacchi(ni) di tutti i coglioni che ancora pendon dalle labbra di tal polpettoni.

Al polpettone, ho sempre preferito la carne al sangue, e ai “dolcini” un po’ di “salatini”.

Non ci son cazzi.

Ora, che si “aprano” le acque femminili, dalle Alpi alle Ande, sin a scioglierle in bocca come l’Alpenliebe, detto sesso orale. E, “salendo”, va da Dio alla faccia di ogni povero Cristo che invece deve “sudare” e lavorar “duro”, mettendo su famiglie disfunzionali dei “matt(on)i” dalla mattina alla sera, mentre io sto nel castello di ve(t)ro e, di mio (a)“dorato”, regalo e do… da uomo re(g)ale, senza ecumenismi retorici eppur di “comunione” a Sodoma mentre tu stai, a novanta, in Gomorra.

Al che, giunge un pastore senza pecorine e, sfacciato, mi domanda io che faccio nella vita.

E, di freddura falciandolo, appunto gli rispondo: di mio, non faccio un cazzo, basta che tu ti faccia il culo e lasci i culi a me, compreso il tuo, però da sfondare al fine che si abbia una società senza rotture moralistiche da fighette.

Mio Fantozzi, facci! A me, essendo Totò in popò, mi faccian il piacere!

Questo si chiama genio.

Dunque, giunge ancora un disturbatore e mi definisce solo un ma(ia)le.

Io ci sto, perché sappiate che i maiali son meglio dei vegetali, no, volevo dire dei vegetariani.

E non mi metterei contro uno così, fratello. Ti fa a polpette.

 

M(or)ale della Storia: ai dementi, ho sempre preferito esser un comandamento, no, un comandante.

Insomma, chi va piano va sano e lontano? No, perché io son co(s)mico e irrito il suo comod(in)o, cornificandolo. Ah, Commodo, vai al Massimo. Vivi da leone e morirai nel for(n)o.

Alle reliquie di San Gennaro, preferisco la lingua di Gennara, ai santini e ai sandali, saldarlo senza scont(r)i.

Ci sarà qualcosa in cui Credo? Sì, agli atti apostolici dello scemo cattolico, io crepo perché mi rattrista la falsità degli uomini che si castrano pur di non confessare la verità. Meglio il mio atto (im)puro fra buddiste, musulmane, magrebine, africane, argentine, spagnole, baci alla francese, e succhiamelo altrimenti ti fulmino!

 

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