Alle mascher(at)e del Festival di Venezia, preferisco il mio can(to) da Mercante, (ridon)Dante

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Attorno al selciato del mio cam(m)ino, in tal vi(t)a impervia d’erosioni e scrosci “artificiali” d’una immaginazione senza fronzoli, dalle ribalde ali “smagrite” e stanche, arranco, sognando un vascello colmo di pirati e un galeone da “dipingere” nella tiepidezza della mia nostalgia mai doma né rassegna(ta) delle stampe.

Da tempo, sì, infatti, ho un sogno ossessivo che mi perseguita. Al “chiarore” spettrale della Luna nera, quando il suo plenilunio, così d’incubi foriero, mi (s)f(i)ora, molto prima della schiarente, robustamente schierata, schienante, fatal aurora, vedo nella mia fase REM Jack Nicholson, in pensione, in pena, che, nella sua vasca idromassaggio da bagno, gioca con le paperelle, sguazzando nella sua noia arrabbiata, ulula, sì, se le paperelle nel “lago” del suo corpo intanto bagnato non nelle stessa di(re)zione si muovon di lor versi fatati. Un plof fatale e Jack urla come un animale!

Questo è un vero verso: all’onda naufraga del mio cele(b)re destino, cavalco un divertito delfino, (s)finendo (s)mor(t)o su una spiaggia del Lido, ove Bill Murray afferma che il “suo” miglior film è Ghostbusters e invece, nella lost in translation di sbagliati somewhere, rinnega Lo sbirro, il boss e la bionda, ripudia il suo “atroce”, magnifico, irraggiungibile Ricomincio da capo e m’induce, rattristandomi, a prender coscienza che anche lui al commerciale s’è facil(ment)e svenduto.

Orson Welles, ove sei adesso che i battiti delle mie ciglia, increspate come il mar più mosso e profondo, an(s)imandomi di rimpianti frangenti e di polvere mia franante, genialmente mi rendono un terzo uomo che prediligerà sempre alle belligeranze del falso progresso odierno da orologi a cucù una guerra per la conquista d’un aldilà buddistico?

Solite passere(lle) di donne plastificate, in figa(te) e indiana fila impomatate con uomini di fil(ett)o, superbi del lor trucido cor(p)o ammogliato al mol(l)o dei luoghi comuni. E la Critica non ha più valore! Anguilla, se ci sei, punisci questi viscidi!

Film d’ogni razza e religione della però peggior specie, mischiati in un crogiuolo “programmato” da squallido Concorso. Meglio il Canal Grande e lo spuntar d’un (in)aspettato squalo. Ché tutto/i si magna!

Ehi tu, donna, leva le “ancore”, ancora, dai.

Tu, uomo, pigliati una penna e lascia che il “gabbiano” tuo, col vento in “poppe”, forte si rizzi dritto ove si alla(r)gano.

Così, nel pen(s)ar patetico, so(no) quel che (non) dico, bisbiglio, origlio, borbotto, ti do una botta e via…

Ove la barca va, lasciala andare.

 

di Stefano Falotico

 

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