Smetterò di essere “folle” quando mi adeguerò all’adatta foll(i)a del mondo, cioè mai, oggi è domani, non domato

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Apro gli occhi, inceneriti dalla brezza di un’atmosfera solforica, grattante le mie meningi acuitesi nel sonno perpetuo che non si placa. E, cristallino, però non m’abbaglia il mondo, semmai ordini gerarchici d’un nazismo di massa m’abbaiano. Non fatevi da questi né abbracciare né abbacinare. Ma quali baci, solo sal(u)ti, la mia, sì, che è salute! Meglio il prete sull’abbaino che blatera, farneticando l’onnipotenza d’un Dio perso. Tanto ciarpame, chiasso e frenesia, dove volete che io vada? In questo (con)testo? Non ho la vostra testa per qua in mezzo “tendermi”. Sì, son tutti te(r)si, asciugati dalle emozioni veraci, anestetizzati alla naturalezza dell’essere. E gioiscono di farfalle, fan al prossimo dei falli, che visione fallace. L’anelata, (di)sperata felicità tanto agognata a dove li porterà se non ad altri tormentosi porti? Riporta questo, uomo dal riporto.

Sto bene io, ché qui me la dormo, mai domo, sapendo che son più sveglio dei tanti “allegri”. Legiferano, invero non san tra le righe, non solo delle lor bianche camicie incravattate, leggere.

Eppur si dichiaran “legg(er)i” e gente come me (s)finisce male, fiore del male, invero, non sfiorire. Non mi devono sfiorare!

 

di Stefano Falotico

 

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