Commovente, ai limiti della cerebrale commozione

Film Title: Ray.

Sì, rincaso già affaticato e mi stendo a letto, esausto, col volto ruvido che “morbideggia” i cuscini e se ne “asse(s)ta”, lasciando che gocce di sudore lievi ondeggino sulle lenzuola. Macchiandole dei miei sogni spezzati. M’immergo languidamente in un prossimo film di Taylor Hackford, con De Niro. Il suo titolo è The Comedian, la storia di un uomo burbero, “aggressivo”, che di professione fa il comico e copre di “offese” i suoi spettatori. An insult comic. E nel sogno m’identifico in lui che, credo, a comportarsi così, sia sommo e non somaro. Perché, tutto sommato, la vita va presa per il ver(s)o giusto e non si possono scansare gli orrori del mondo, spesso stampati negli occhi di chi “assiste”… allo spettacolo, passivamente arenato alle sue cer(tezz)e oscene. Un uomo da palcoscenico che irride la faciloneria della società, pronta sempre a plagiarti entro i confini di maschere sociali distorcenti la variegata unicità della complessità “flessuosa” delle nostre anime poderose. Ognuno/a con la sua storia, le sue ritrosie, i suoi ricordi appunto per lor natura a ritroso, addosso, ossuti se dentro non abbiamo vissuto molte emozioni, carnosi se abbiamo ecceduto nel “dilapidarli”, nell’esternarli con troppa “figa”, no scusate, foga, con troppo essere ardimentosi e mai abbastanza per noi, soprattutto. Egoisti del nostro (non) sentire. Ecco che poi la mia mente saltella altrove, e penso a quella che può esser stata la vita d’elephant man di André the Giant, costretto, anzi messo “alle strette” sin dalla nascita, da una grave, ormonale disfunzione genetica nell’allargarsi pian piano di “distrofica”, muscolare ipertrofia. Plaudito negli incontri di wrestling per il suo gigantismo “titanico”, mostruoso, deriso da dietro, da quando nacque per la sua “raccapricciante” forma iper-grassa da esagerato “(gr)osso”.

E piango… sì, non biasimatemi, piango sempre ma nascondo le lacrime nel riso. Rendendomi goliardico, “insultante” perfino per via d’una acuta, irreversibile depressione congenita. E, più avanza il tempo, più sto in tal male(ssere)… Sciorino un po’ della mia buffoneria nell’aria, insufflandola del mio cervello “marcio”, forse troppo sviluppato, perfettamente (s)composto, allineato a un “editing” sin troppo preciso di simmetrie visivo-percettive da rasentare il ridicolo. Ridete pure di me.

Poi mi sveglio. E, guardando di nuovo il mondo, urlo ridendo.

 

di Stefano Falotico

 

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