In un mondo altro(ve), il Cinema di (i)eri

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Sempre più ravvisabile in me una necessità di (di)stacco dal mondo, ché mai e poi mai m’accomunerò alla massa carnascialesca e ogni tentativo d’inserirmi si rivela atroce-mente fallimentare, perché fallace è la mia anima dinanzi a una società così van(itos)a. E allora m’accordo a ritmi malinconici d’un Eastwood d’annata, giocando d’euforica danza “seriosa” in appassionati balli d’un bello tutto mio, segreto d’eremitica e coriacea “luccicanza”. “Shineggiando”, ecco che si (ri)posa la mia armonia col mio di mo(n)do e nella poetica rinomanza m’incanto, disincantato, slegato da schemi preconfezionati d’una “truculenza” mentale altrui che vorrebbe in paratie stagne della coscienza “celofanarmi”, racchiudermi in biochimiche pasticche per “indottrinarmi” alla loro induzione, “deduzione” del pen(s)ar(mi). Scorato, anche scoreggiando con eleganza senza par(t)i, gastrica-mente mi solfeggio in un altrove mi(s)tico, non compreso e oberato da scheggianti e saccheggianti insulti alla mia persona che, vista come “puttanesca”, vi giuro è meno troia del comune trotterellare da “trote”. Preparandomi le trofie, so che non valgo alcun trofeo ma, sba(di)gliato, sbando ove il cor(po) mi rinfuoca nell’apatia più pen(sier)osa d’un me stes(s)o che non ha da porgere guance in segno di gloria. Poiché, in quanto tale e non comun(qu)e taluno, affilo il mio “gozzo” nel deglutire un’altra (d)elusione, svoltando nel mio giardino di “pietra” senza chiedere altrui pietà. Questo sono, e giammai nel mio an(s)imo chiederò stolta compassione. Il Cinema è sogno, speriamo di proiettarmi, “piroettando”, anche la fantasia d’un incubo che, spalancato, alimenterà il mio sprigionante non domandar (per)doni ma solo realismo cupo d’una giusta visione pessimistica della vi(s)ta. Domani e domarsi mai più. Domandandosi e poco amandomi.

di Stefano Falotico

 

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