I geni sono tutti malinconici e anche “malconci”, Manchester By the Sea

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Posso asserirlo con orgoglio sesquipedale e savoirfaire della mia anima integra e non ancora corrotta dalle iniquità bestiali di quest’animalesca massa sociale. Sono un genio, e come tale “erro” e mi elevo quel tanto da sprofondare in basso, ove le scogliere di Dover scivolano nel Christopher Nolan più Inception della mia fatiscenza risorgimentale. Perché sogno, e sognando trascendo così tanto da scendere appunto ove al comune mor(t)ale non è concesso “cadere”. Questo si chiama splendido decadimento. Non ced(iment)o e le mie ansie sempre più cemento, alla faccia di chi mi apostrofa (con far) demente.

Sì, la gente “normale”, non capendomi, mi tratta da perfetto idiota. All’inizio, vuoi anche compagnie ridanciane di mortifera “tranquillità” borghese, che mi etichettavano come matto, ne soffrii e patii lo strazio poi della mia ribellione, finendo in (re)parti psichiatrici che, su di me, sulla mia dignità usurpata, abusarono “schiettamente” di patenti e diagnostiche follie, dettate dalla presunzione di “referti” superficiali, non indaganti la profondità abissale del mio essere così spericolato nell’esplorazione viv(id)a della mia anima. Sì, oggi questa diversità non mi fa penare ma sempre più, godendone, in grande pensare.

Pochi “pazzi” come me han partorito, appunto, libri di sobria e raffinata levità, sprigionanti il gusto sincero, quasi bukowskiano, della via vera, delle emozioni, che io comprendo alla radice e le sviscero mai estirpandone la purezza, pochi pazzi come me posson vantarsi di essere fra i letterati e i pen(s)atori più prolifici sulla faccia della Terra. Così, immagino l’Inghilterra e poi l’Irlanda dublinese, interrogandomi sulla “povertà” degli operai e sulla pia vi(s)ta cas(t)a delle rive più marine, e continuo, non “lavorando”, a marinare questi “laureati” che si (s)freg(i)ano con “referenze” che dovrebbero, suppongono loro, renderli migliori di me. Io li getterei in pasto agli squali, qual sono, negli oceani più vasti della mia superiorità, che non ha bisogno, eppur sogna, di pezzi di carta, buoni solo a mio (av)viso per pulirsi il culo e leccare soldi facili sopraffacendo il prossimo coi ricatti del pensarsi meglio di lui. Molta gente, che pescioloni, a questi trucchetti abbocca. Meglio boccheggiare come me, uomo che non ha bisogno di tali becchi(ni) per vivere la sua fan(tasia). Ah, quelli in verità esigono, ed “erigono”, solo bocchini. Sboccati. Meglio i miei scritti alle volte boccacceschi, emananti il pudore non carnale della (meta)fi(si)ca linda come la pesca liscia delle sere di maggio quando, sbocciando, si mette nelle boccucce, morbidamente digerendola… questa vita di mer(da).

di Stefano Falotico

 

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