Twin Peaks, recensione del primo episodio

01102010

Ebbene, siamo tornati tonitruanti a Twin Peaks e Dio benedica David. David chi? Lynch, naturalmente, colui che sinuosamente, muovendosi fra i “serpenti” della sua rete percettiva “malata”, crea opere per le nostre sinapsi addormentate da troppo mal di stomaco e “gusto” di massa. Egli elabora storie senza storia, provenendo da un universo senza tempo, in cui forse è l’incarnazione della scatola di vetro che un ragazzo ingenuo osserva fra i fantasmi del suo riapparire allucinante e allucinogeno. Scorre poesia dell’incanto in quest’ora frastornante, slabbrata, piena di primissimi piani esasperanti ove il weirdo la fa da padrone e, come il fantasma di Bob, vampirizza carismaticamente il flusso liquido di questa spettrale meraviglia. Siamo dalle parti di Eraserhead, anche nelle sue “pareti”, nelle particelle dell’Inland Empire di Lynch. Una trama senza trama, senza direzione, slanci onirici e la Loggia Nera con un “maggiordomo” da Famiglia Addams in un bianco e nero magnetico di potenza arcana come un fire walks with me di anni novanta arroventati nella nostalgia. E Badalamenti fruscia tra rumori metallici e il nostro “imbarazzo” di fronte a tale “lentezza”, a tale abbagliante bellezza.

 

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