The Wizard of Lies, recensione

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Parte placido, interrotto già dalla suspense repentina questo serpeggiante, nuovo TV movie di Barry Levinson, per la prestigiosa HBO. Fortemente voluto, nonostante molte difficoltà produttive, dal suo interprete De Niro e dalla sua socia in affari Jane Rosenthal, si staglia prominente nel desolante panorama moderno per la sua indubbia veridicità e la tensione che si respira in ogni fotogramma. Asciutto, levigato, qua e là bolso e soporifero come la recitazione di un De Niro talmente “assorto” nel personaggio da esserne quasi estraneo, sopraffino per la fotografia acquosa e increspata, un ottimo esempio di Cinema alla televisione, “dilatato” a due ore per esigenze capibili. La Pfeiffer è bravissima, rende al meglio il dolore della sua Ruth con passione e perfetta adesione al ruolo, divisa dall’amore incondizionato per un marito rovina-famiglia e la sua voglia di fuga da una realtà imprigionante, che la rende schiava dell’insopprimibile giudizio “superficiale” della gente pettegola e maligna. Nivola fa il suo dovere di figlio iper-sensibile, modellando un uomo oberato dalla figura “idolatrata” dell’idolo paterno, bluff colossale che lo “impicca” nella sospensione dell’incredulità. Molti dubbi rimangono dopo la visione e forse Madoff non è Ted Bundy ma egualmente un monster di proporzioni titaniche. Sofferente, lancinante nella sua apparente impassibilità introspettiva come un De Niro languido nel suo tramonto inesorabile e micidiale.

di Stefano Falotico

 

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