Venezia 74, la gondola dei ricordi

 

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Con grande sconcerto e ineludibile vostra amarezza, probabilmente gioia inesausta, affermo in tal mio presente (in)stabile, precario, e sofferente di soldi, che quest’anno non sono al Lido a gustarmi il Festival per motivi logistici di mia natura “australopiteca”. Invero, è stata una mia scelta, poiché nessuno mi costrinse a non essermene recato, io, forse uomo di Recanati, come il caro, depresso Leopardi, a cui m’accomuna il naso aquilino, l’indubbia indole troppo introspettiva, un’atimia comportamentale che va ad attimi, le troppe estemporanee divagazioni della mia mente mai doma, forse oggi un po’ addormentata o forse solo stanca come un disidratato dromedario. Eppur non m’addomestico e in tal festa quest’anno non m’addobbo. Spesso, in passato, fui ingobbito e le mie vigliaccherie indussero il mio cor(po) a rimpicciolirsi come nel film di Payne, per non patire gli strazi della crescita e i compromessi maledetti della vita adulta. Così, dinoccolato e con gli occhi “di traverso”, molta della mia adolescenza la passai in queste serate al Lido, ove vidi registi di ri(s)ma presentar capolavori e anche attori mediocri a spacc(i)arsi per grandi uomini. Ancor rimembro, quando la coscienza mi è amica e mi coccola nel ricordo più mellifluo di carezze ai miei polmoni affamati di poesia, Clint Eastwood e David Lynch, sfilanti e la mediocrità infilzanti. Oggi, mi aff(l)iggo in una melanconia dagli slanci a singhiozzi, equivocando la vita in tante dissipazioni di me perso e di peso, eppur non sconfitto. I soldi stentano, non me lo posso più permettere, e davvero mi miniaturizzerò per risparmiare energie utili alla sovrappopolazione delle mie molteplici personalità oggi così e domani di là. Oltreoceano dichiarano che il film di Payne è un capolavoro, da noi son stati molto più esigenti, cauti e severi. Insomma, non sono ancora calvo, eppur sapeva Calvino col suo dimezzato…

di Stefano Falotico

 

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