Com’è difficile essere dei “blade runner” nella società burocratica “moderna”

bd10

E il futuro incombe incerto, annientando le individualità e trascinandole verso una piatta volgarità di massa, ove i valori primari sono scomparsi, a favore di una deleteria, e come potrebbe essere altrimenti, robotizzazione delle coscienze, sempre più improntate all’egoismo capitalistico, ansiogeno e paradossalmente controproducente, allo sfrenato consumismo arido, alla vacuità dell’effimero più insulso, ove le persone vengono spersonalizzate e giudicate utili solo se aderenti a un sistema, appunto, erroneamente produttivo. Ove produttività non si allinea più a un concetto di valorizzazione dell’individuo, nelle sue uniche e speciali forme, come raggiungimento di un benessere vero col mondo che ci circonda, come interscambio simbiotico di pace, solidarietà e reciproco rispetto, come flusso culturale in continuo, progressivo migliorarsi, come superamento dei limiti barbarici e volgari, quanto piuttosto come ricerca esasperata di posizioni sociali discutibili, un nuovo, inquietante modus vivendi, ahinoi imperante oramai negli ultimi decenni, fascista e “repressivo” i Ryan Gosling di turno (e in questo “sprazzo” lodo Villeneuve, criticandolo, come già feci, per il resto), che ha sostituito l’uomo, in quanto risultanza magnifica di storia personale, di vissuti, di emozionalità, all’androide, all’uomo invece finto, schematico, altezzoso, rispettoso di un ordine precostituito e “prebiotico” che sappia solo e soltanto sopravvivere in questa spaventosa giungla, ove le verità sono ribaltate e non profumano più di autenticità, d’incontrastabile purezza dell’io, nei suoi disincagliati slanci, nelle sue sanguigne e veritiere, ripeto, passioni, nel sogno dei suoi desideri sinceri, nella volontà di essere piuttosto che orrendamente apparire. Ma vige questo falsissimo principio a cui molti si adattano per non morire, per non estinguersi, preferendo il surrogato della “roboticità”, la meccanica ripetizione d’automi di gesti e frasi fatte, di quello che hanno imposto loro di essere in questa parvenza alienante che è la società del “futuro”, del qui presente immutabile nel suo profilarsi inquietante.

Sì, possiamo prendere questo Blade Runner di oggi come un film filosofico, taluni critici hanno avanzato e sostenuto questo punto di vista, io direi che più che domande filosofiche pone quesiti esistenziali, gli stessi accennati da Scott, anche se questi temi, nel film di Villeneuve, non vengono mai davvero approfonditi, rimangono in superficie, sepolti da un’estetica grafica che, nella sua stilizzazione un po’ appiattente, nel suo bisogno di piacere a tutti, ha perduto, ma si sa, sono un nostalgico, la poesia dell’immaginazione che faceva grande il film di Scott. L’unicorno… i ricordi, la voglia insopprimibile di libertà, la fuga dalle costrizioni aberranti, la propria stessa voce narrante che cercava disperatamente di dare ordine al caos della propria anima “replicata”. Insomma, ci siamo capiti.

E, in queste (dis)connessioni, nell’incognita che è il mondo avanzo, oggi smarrito, domani più lucido, più vivo nonostante il buio e la pioggia, la neve e le intemperie della mia anima cavalcante idilliaci sogni di spensierata, “ecologica” beltà come quel viaggio “shining” di Deckard e Rachael.

di Stefano Faloticobladerunner

 

Lascia un commento

Home Blade Runner Com’è difficile essere dei “blade runner” nella società burocratica “moderna”
credit