Stefano Falotico, fanatico Principe, falò delle vanità

L’altezza del Principe

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Untouchable, viaggia ad andatura stagna che tocca tutte mie tonte, se la spassa sui monti in vita sua magra, distaccata, “remissiva” ma non in remissione dei peccati, anzi ch’evacua a flatulenze schiaffeggiate d’una socialità ingorda, da Tempo immemore di se stessa naufragata e “rubiconda” sol d’esondar “maieutica” al Male (in)visibile. In cui tutti paion contenti ma, fra le righe rugose della plasticità liftata, dei divani scamosciati, come me intravede sorrisi d’un dabbene marciume. Porcil di notti quasi mai in bianco ma lardose nelle “lapidarie” a sessi esibi(zionis)ti con le lampade, circensi della movida simil Lambada famelica dei culi, dell’inter tenderlo perché mai si (di)sp(r)ezzino quelle irrimediabili vogliettine a fragole di gote “beate”.

Oh, chi è il Principe? Dotto e letterato, non ha lauree da sfoggiare ch’è in vivere alla giornata fra un delirar alle derive squaglianti, per annerire lo squallore, e un sollazzo scoiattolissimo, lesto rubacuori delle “finissime”, si squama già nell’indelebili acque schiumose d’un piumaggio candido in mezzo a corrotti squali, apre bocca sboccatissimo e la bagna dentro il vortice trangugiato delle umidità morbidine, ammorbanti delle donnacce incerte, “moribonde”, già morte, le stuzzica a tambur dei suoi burri battenti e “imbrattanti” come graffiti sui muri intonsi, cari lattanti,  in quanto tal streghe, proprio desiderose di bruciarlo, ora “traboccano” di pellicce arrostite, ung(u)enti “cremosi” e consumati in d(i)rittura d’un pettinarsi “arredato”. quasi mai data nella perfezione puttana molto barcollante, dei moti perpetui da pseudo depresse croniche eppur sincronizzate alle corse “lanceolate”, scosciate d’uno sgambar mobili(a) sul solito sperar che il Sole abbeveri la fragilità torpida degli altri mobilieri inver poco veri. Bugiardi che le ammirano, sognando di “frantumarlo” in grazia sudata del lì in mezzo “aggraziato”, rizzato e cazzo ci s’augura non di precoce eiacular, sfanculato per tropp’eccitato, a razzi di schizzi imbarazzanti.

Principe (non) sono, Amleto lieto e mai laido come voi sempre a puntar il dito e anche qualcos’altro nel “corteggiare” l’a(m)bito didietro. Tutto “tornito”, sì, scivola mansueto ma non si sa mai se verrà nel ver amor.

Adorabili quanto il mio che te lo spacca.

Oggi una mora ti lecca, domani un biondino con le “orecchie” (non) a sventola… ti violenta perché antipatico gli stai proprio sul culo che, rosso rosso, quando gl’entran diventa bollente. Un latente omosessuale, soffrente d’invidia, costui è. Già, partorita dal di “lui”, che “elevato” e semmai col dottorato solipsista d’intellettual schizofrenicamente ammal(i)ato d’una bellezza tutta di testa passiva per attivissimi testicoli penetranti a sfinter attivista, profession che pratica a volontariato, spingente in un(i)ta congiunzione d’attratti, reciproci ma(s)chi, capatonda eppur quadrata, nei suoi glutei se li gode da cerchiobottista dei girotondi fancazzisti.

Come se li fa lui, neanche tu che fai appunto un cazzo.

Il Principe si può (per)metter di dolce fare niente, prepara torte “surgelate” e primi piatti freddi con pomodori sul naso serviti alle anoressiche di questa bulimica società di cessi e delle acide. Egli piglia in quel posto ogni fessacchiotto, mostra il pel alle orsacchiotte e di scrotal “sacco” svuota le sue noie spermatiche ai nani che mai vibreranno come il suo “viverlo”, emotivamente asceso, l’onanismo più “scemo”.

Perché gli scemi aman invece le relazioni pubbliche, divoranti pub(escent)i nel gran “cosino”, scusate casino, dell’ipocrisia (di) “casta” in case legnose.

Ottuse e infrangibili, mai si dichiareranno armadietti previo “chiave” perché  il lord(o) scheletro conservano “eterni” nella mummificazione oggi per un’altra durissima, sbriciolata figa, domani ossobuco e ossimoro “tirarlo” nel vento più opportunista e anche, se di pagamento (rac)comandante, per piegarsi a novanta pur d’ottenere la promozione della gerarchia salente. Sì, ho visto uomini puri che furon sodomizzati come segretarie troie, a “posteriori” (ri)valutate, pur di “agguantare” dei “posticini” caldi e (s)comodi.

Il Principe se ne fotte. Il Principe va dal direttore più ricco di questa zona, non solo erotica, e tutto rettissimo glielo ficca ritto. Il direttore lo boccia, chiama centri di salute mentale e cliniche nel fallimentar tentativo di subito bloccarlo. Affinché non si ripetano più i suoi “disturbanti” peti e il presunto pazzo “prenda” ripetizioni per viver “sano”. Come tutti questi untori.

Ma il Principe subisce, incassa e non va a ritirare la pensione dietro lavoretti “lascia stare” ché il Mondo (non) va così.

No, decido io dove deve andare. Decido il come, il comò, il mio remar sul lago di Como e anche entrar in coma.

Amo infatti il sonno dei sognatori.

Buona Notte. Non svegliarmi altrimenti t’addolorerò.

Crepa, idiota. Continuo a creder in me anche se nella credenza non c’è il caramel. Cremino e da tortine alla Cameo, cretino di “caramelli”, io son Amleto e tu sei lento come il cammello.

Da me solo che calci, caro “cul(at)one”. Sono la culinaria al buon gusto degli stupidi. Come te la cucino io, neanche la vendetta che va servita di tua “frutta” secca. Sì, te l’ho disboscato. Beccati la mia “patata”, dicasi anche palate. Te lo sbuccio. Mi chiamano, come Daniel Day-Lewis di Gangs of New York, il Butcher.

E sapete perché sono il Principe?

Presto spiegato eppur durevole poiché amatore davver toro. Avete tortissimo. Ecco quindi le torte e i bracci torti, miei storpi. “P” sta come pisello e come quindi “traslato” uccellone di “pene”, soprattutto vostre, vidi adolescenti immolarsi al “Credo” dei valori e invece vendettero i propri “gioielli” per “vendemmiare” nelle uvine.

Alcuni si son maritati nonostante i tradimenti appunto “ripetenti”. A questi basta una benedizione alla Domenica e sempre il loro mirerà un’altra fica ché Dio la benedica.

Che mariti impeccabili. Da me se “lo” meritano. Non ho meriti da esibire in quanto mer(l)o, in tal villaggio mi chiamano colui che non solo non lavora il primo Maggio ma tutto l’an(n)o guarda gli usignoli spelati dal suo albero grondante. Ah, che grondaie. Che godimento, miei dementi

Il Principe non lavora. E non dovete rompergli il cazzo.

Se no, spariranno tutti i vostri “cazzi”. E non solo dal cosa e come ti è “preso” di volerlo… prendere in giro se il Principe, si sa, della tua fottuta vita “normale” non saprà mai che farsene.

Il Principe è unico. Combatte Prospero di Poe Edgar Allan ed è morte rossa fra tal mascara e mascher(at)e. Schieratevi di volontà e bone… len(z)e a dargli(ele)…, miei allenati. Il Principe rimarrà alieno a tutti voi mostri lanosi. Oggi si mostra, domani si maschera. E non capirai mai quando se la toglierà per togliertelo. Inanellerà botte, miei or(b)i.

Il Principe è un vampiro che regge ogni (r)aglio. E te le dà… a ragion di raggio. Non lo raggirerai mai nella tua incoraggiante esistenza da Levante.
Levati tu! Guarda come ti (tra)monta.

Sì, torturando perché cambiassi, pensaron mal di farmi del bene.

Fui io appunto a farglieli con tanto di “bavaglio”. Che pranzo.

Applauso!

Firmato Stefano Falotico

 

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