Most Beautiful Island, recensione dell’esordio alla regia di Ana Asensio

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Ebbene, oggi siamo orgogliosi di presentarvi in anteprima l’interessantissimo e affascinante Most Beautiful Islandthriller psicologico spagnolo di elegante fattura, che uscirà sui nostri schermi il 16 Agosto con ExitMedia, presentato con successo al recente Festival del Cinema Spagnolo.

Most Beautiful Island ha già ricevuto notevoli plausi da parte della Critica mondiale, tanto da totalizzare su Metacritic un più che lodevole 73% di voti positivi nella media recensoria, e si è aggiudicato molti importanti riconoscimenti di valore nei festival nei quali è stato presentato, vincendo il Premio speciale della Giuria all’ultimo SXSW di Austin e primeggiando da winner incontrastato al Sidewalk Film Festival come Best Life & Liberty Film.

Una pellicola girata in 16mm, scritta e interpretata dalla talentuosa e bella, conturbante Ana Asensio, qui al suo esordio assoluto dietro la macchina da presa. Insomma, questo film è stato per l’Asensio un vero e proprio tour de force da factotum versatile e sorprendente.

Una sceneggiatura, come detto, da lei stessa allestita, basata in parte sulle difficili esperienze vissute sulla propria pelle quando era un’immigrata. E questo prioritario, basilare tocco autobiografico è indispensabile per poter meglio farci comprendere la vicenda narrata, e farcene entrare in empatia, immergendoci appieno nel climax narrativo.

Lucia (Ana Asensio) è una giovane, coraggiosa donna che ha abbandonato le sue origini, la famiglia e il precedente lavoro, e ora si è trasferita nella Grande Mela, la tentacolare e pericolosa New York. Lucia ha un passato traumatico alle spalle e adesso, nella sua combattiva, tenace resilienza emotiva, deve fare i conti con una metropoli-giungla che cinicamente t’inghiotte, divora e sbrana se non possiedi un’enorme forza di volontà. Una città così tentatrice può rischiare presto di farti soccombere e devastarti.

Tanto da lasciarti smarrita nella sua melma. E poi da quella palude buia non ti può più salvare nessuno.

Lucia, pur di sopravvivere, accetta ogni tipo di lavoro, dal più umile al più trasgressivo e immorale.

Prima distribuisce volantini, conciata da pollo, poi fa la babysitter, quindi addirittura partecipa a una festa privatissima, un party piccante e molto privé in cui, in cambio di duemila dollari, deve lasciarsi guardare da dei voyeur. Ma è un party alla Eyes Wide Shut o qualcosa di più perversamente strano…?

Non possiamo naturalmente svelarvelo. Cosa succede in quella stanza ove, a turno, entrano le ragazze della festa?

Lucia, sì, solo lei senza nessuno, deve combattere con ogni mezzo lecito e non, giorno dopo giorno, ora dopo ora, pur di non farsi infangare nella dignità. In continue prove di resistenza che demoralizzerebbero chiunque.

Come andrà a finire?

New York è la città dei big, big dreams…

Possiamo dirvi che se amate i film dei supereroi Most Beautiful Island non è il film che fa per voi. Riprese a mano, pochi dialoghi, un’atmosfera di morte quasi esoterica percorre tutto il film e la scena del party dura quasi la metà del film. Lenta, lentissima, basata quasi esclusivamente sulle emozioni del viso di Lucia.

Fotografia essenziale, simil Dogma, di Noah Greenberg.

È il classico film che fa male ai perbenisti per il semplice fatto di essere moralmente, mortalmente ambiguo, forse non per altro, con una suspense nel finale in puro stile Hitchcock.

Il classico film che, appena capisci che piega prende, puoi respingere immediatamente o guardarlo, quasi da guardone, tutto d’un fiato per assistere allo spettacolo…

Abbiamo già detto troppo.most-beautiful-island-recensione-film-01-

di Stefano Falotico

 

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