Triple Frontier, recensione

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Ebbene, dallo scorso 13 Marzo è disponibile su Netflix il nuovo film di J.C. Chandor (1981: Indagine a New YorkMargin Call), interpretato dal trio Ben Affleck, Oscar Isaac e dal sempre più lanciato, atletico Charlie Hunnam.

Di questo film se ne parlava da anni. Inizialmente Kathryn Bigelow era stata interessata a dirigerlo e gli interpreti designati dovevano rispondere ai nomi nientepopodimeno che di Tom Hanks, Will Smith e Johnny Depp.

Dunque, la Bigelow, pur continuando a rimanerne produttrice su invariata sceneggiatura, malgrado qualche inevitabile aggiustamento, del suo compagno Mark Boal, già autore per lei delle sue ultime pellicole, The Hurt LockerZero Dark Thirty e Detroit, ha preferito abbandonare la regia.

Passata, come sappiamo, a Chandor. Quindi, vi è stata una trafila interminabile e logorante di attori presi in esame per le rispettive parti. Si era pensato a Tom Hardy e Channing Tatum e, quando le riprese parevano già esser pronte, vi è stata a sorpresa la defezione dei due succitati attori e i ciak son stati nuovamente rimandati.

Al che, ecco che è entrata in scena la coppia di fratelli Ben e Casey Affleck a cui dovevano andare i ruoli principali. Casey Affleck ha dato però, dopo pochissimo, forfait e alla stessa maniera, in un primo momento, anche Ben sembrava che si fosse dissociato dal progetto. Salvo poi ricredersi e firmare ufficialmente assieme a Oscar Isaacaficionado di Chandor, e al gagliardo, biondo Hunnam.

Inoltre, perfino il due volte premio Oscar Mahershala Ali pareva, a un certo punto, poter entrare a far parte del ricco parterre.

Quindi, dopo innumerevoli rimandi e un casting alquanto movimentato e confusionario, Chandor ha dato finalmente il via a questa produzione targata Netflix.

La storia di cinque commilitoni delle Forze Speciali, amici anche nella vita privata che, su allettante proposta di Santiago Garcia, detto Pope (Oscar Isaac), uniscono le loro forze e la loro esperienza in campo bellico per stanare un pericoloso narcotrafficante che alloggia segretamente in un covo iper-sorvegliato e nascosto, segretamente e loscamente ubicato in quel lembo di terra definito Tripla Frontiera, cioè quell’area cupamente verdeggiante che segna il confine tra il Paraguay, l’Argentina e il Brasile.

Una missione ad alto tasso adrenalinico e assai rischiosa. Anche altamente fruttuosa, in caso di successo, in quanto potrebbe dare ai cinque boys tanti bei soldi, fortuna e gloria.

La situazione però si complica e la loro caccia all’uomo innesca tutta una serie di reazioni a catena ed eventi imprevedibili, difficilmente domabili.

Chandor, su musica martellante e scoppiettante firmata Disasterpeace, giostrando con le luci livide e chiaroscurali della bella fotografia acquosa di Roman Vasyanov (FuryThe Suicide Squad), a sua volta immersosi nella folta vegetazione di questa fitta giungla rigogliosa, schiarendola con i suoi colori nebbiosamente pigmentati e pallidissimi, poi improvvisamente divampanti in un rosso accecante e di un bianco spettrale fra le montagnose rocce nevose delle Ande, dirige un buon thriller abbastanza appassionante. Con un colpo di scena molto prima della fine da lasciare scioccati.

Sostenuto da un’affiatatissima compagnia di attori in ottima forma in cui svetta, vivaddio, un Ben Affleck qui molto in palla. Permetteteci il gioco di parole. Nonostante, ci sia da dire che, in più di una scena, soprattutto all’inizio, appaia fisicamente molto appesantito, esageratamente taurino e gonfio in viso, Affleck si dimostra in questo caso un interprete di notevole peso. E la sua presenza, raramente così carismatica e incisiva, si fa sentire lungo l’intero arco di durata del film.

Triple Frontier fatica un po’ a carburare, la prima mezz’ora e molto lenta e forse le sue complessive due ore e cinque di minutaggio risultano, onestamente, eccessive.

Ma, una volta ingranata la marcia, imbrocca la strada giusta, avvince e diverte con gusto, sorprendendoci con non poche finezze inventive, a dispetto di una caratterizzazione, va detto, un po’ debole e monocorde dei singoli personaggi.

Come si diceva una volta, tagliati con l’accetta e unidimensionali.

Triple Frontier non è un filmone ma si lascia vedere volentieri.

di Stefano Falotico

 

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