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Eyes Wide Shut/Doppio sogno di Kubrick in Schniztler

L’isolamento crea scompensi psichici e nessuno ti dà credito? C’è sempre l’abbonamento alla via etere(a) e per il prestito mi affido alle banche


Versetto numero 666 d’un pattuito Faust a patta verace


Udite come “rimbomba” la perfezione cromatica di Kubrick, perfezionista “agli estremi” del suo crudele e spietato assillarsi da intellettuale e come bramava attimi splendidi di fratture sue al sanguinar le pareti mentali della luccicanza.
Fra i suoi progetti irrealizzati, una monumentale biografia su Napoleone l’imperatore autoesiliatosi. Personaggio titanico, grande come la vita e minuscolo a misura della statu(r)a.
Nicholson doveva essere l’interprete ma Pacino avrei visto calzante perché già di Al si parlò e forse vedremo in serie televisiva.
Con la benedizione di Stanley, (de)costruttore di Freud, della psicanalisi, prima di Lynch, insegnante demiurgo di Scorsese.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Eyes Wide Shut (1999)
  2. Shutter Island (2009)
  3. INLAND EMPIRE (2006)
  4. Shining (1980)
 

American Hustle

Chi è il falsario?

Chi è il falsario?

By Davide Stanzione

American Hustle rappresenta in gran parte il compimento del climax apparentemente inarrestabile della carriera David O. Russell: dopo l’ottimo The fighter e il bello anche se smaliziatissimo Il lato positivo, ecco arrivare un film che trasporta su delle corde ancora più elevate lo stile robusto e classicissimo di un regista che parla (e ascolta) attraverso i suoi personaggi, vettori quasi sensoriali della storia narrata, centro indiscusso e continuo punto d’approdo di uno sguardo avvolgente ma discreto, mai invasivo. Interessato al suo sfavillante quartetto d’archi (Bale, Adams, Cooper e Lawrence in gara di bravura) e a nient’altro, perché è già tutto lì. Può bastare, e di fatto basta eccome. Per i fan di De Niro, un’apparizione da antologia e tutta da ridere.

 

“Wag the Dog” (Sesso & Potere), recensione

De Niro & Hoffman, goodbye USA

De Niro & Hoffman, goodbye USA

di Stefano Falotico

Il cane (che) si morde la coda e, svegliato, abbaia agitando quella dell’intelligence

 

Ad apertura del film, una didascalia beffarda s’incide già a metafora dell’opera di Barry Levinson: «Why does a dog wag its tail? Because the dog is smarter than the tail. If the tail was smarter, it would wag the dog» («Perché un cane agita la coda? Perché il cane è più intelligente della sua coda. Se invece fosse la coda, più intelligente, agiterebbe lei il cane»).

Una massima che detta così non significa nulla, ma appartiene all’universo sottilmente provocatorio del grande David Mamet, lo sceneggiatore di questo profetico e seminale, grande film sottovalutato di Barry Levinson. Sì, Levinson dirige “semplicemente” l’ingegnosa, acuminante partitura dialogica di Mamet, “limitandosi” a un “compitino” di fascinosa diligenza e rinomata classe attoriale, incentrata sulla dicotomia agli antipodi di due mostri sacri, De Niro e Hoffman, per la prima volta davvero assieme dopo essersi soltanto “sfiorati” nel tribunale di Sleepers, sempre del nostro Barry, fra l’altro. Ma orchestra un pamphlet “pasticciato” nei migliori ingredienti: direzione a “quadratura del cerchio”, intrisa di cosmico pessimismo e messa in scena cinica, dunque a scatenare nostre risate amare e a profonderci un sano cinismo realista, terribilmente ammonente, casting perfetto di caratteristi che non puoi dimenticare… sono volti “superflui” ma carismatici, schiettezza delle inquadrature, veloci e dirette, tagliate col “bisturi” della fotografia acquosa di Robert Richardson, e due, sottolineiamolo, magistrali interpreti in stato di grazia, sobri, misuratissimi, calibrati fra due stili recitativi qui sfruttati nell’eccentrico scontro-incontro “inconciliabile” fra l’“inusuale” verve d’un De Niro che, di freddure e battute rapidissime, elargisce “aforismi” (d)istruttivi e pedagogici in monologhi ficcanti come la sua (in)colta barbetta ispida e pungente, e di un Dustin “ridicolo”, geniale megalomane-factotum, ispirato dichiaratamente al vero produttore Robert Evans, tycoon della Columbia Pictures, celeberrimo negli States per il suo modus vivendi bizzarro e per i suoi vestiti “fuori moda”. D’annotare, inoltre, che è probabilmente uno dei primi De Niro drammaticamente comici degli anni ’90, dopo la sua riuscita incursione brillante di Prima di mezzanotte e l’invece sbagliato “esperimento” del remake di Non siamo angeli.

Basato sulla novella “American Hero” di Larry Beinhart, acquistata personalmente da De Niro, qui infatti accreditato con la sua Tribeca, il soggetto “capita” fra le mani dell’amico di Bob, Mamet appunto. Già penna, lì non però “azzeccata” del già citato …angeli, e del capolavoro depalmiano Gli intoccabili e poi, due anni dopo, dello splendido canto del cigno di Frankenheimer, il crepuscolare Ronin.

Ebbene, la trama di Wag the Dog (così è il titolo originale) è “banale”: a pochi giorni dalle nuove elezioni, il Presidente degli Stati Uniti viene accusato di scandalo sessuale da una boyscout in “vacanza premio”. Una storia che anticipa il “fattaccio” Clinton-Lewinsky, tanto per far capire quanto sceneggiatore e regista hanno centrato lungimiranti gli eventi reali che di lì a poco sarebbero occorsi…

Allo scopo di distrarre l’attenzione pubblica sullo sgradevole evento, ingigantito dai mass media e che quindi inficia notevolmente la reputazione dell’uomo alla Casa Bianca, per sbrogliare la matassa viene contattato Conrad Brean (De Niro), braccio destro fedelissimo del Presidente, specializzato in “chiacchiere” però enormemente persuasive.

Il suo piano è questo, “folle”, appunto: inventarsi la balzana idea che esista una guerra in corso contro l’Albania. In realtà, non c’è nessuna guerra ma, nell’epoca della televisione e dei sistemi di comunicazione che posson contraffare perfino le informazioni più importanti, basta ricrearla al computer, propagandola via cavo. Tanto la gente beve tutto, crede a quello che vede.

Per realizzare il suo strategico “depistamento”, Conrad si affida alle mani d’un produttore hollywoodiano oramai in pensione.

La guerra viene riprodotta artificialmente, con tanto di motti patriottici e retorica da Nato il quattro luglio e canzonette country… sdolcinate ma “toccanti”. A effetto, diciamo così.

Il Presidente verrà rieletto ma il “viso” della bandiera a stelle e strisce è corrotto da un velenoso omicidio (non vi svelo altro), soprattutto inflitto alla propria infranta purezza. Oramai perduta.

Amen

Amen

 

 

Scorsese & Dream?

background Wolf of Wall Street

Wolf of Wall Street

 

di Stefano Falotico

Nei vertici marmorei, fibra che s’arroventa, arrovellato Travis macina chilometri di strade, piange corroso, e il turbinio emotivo esplode. Fragore di morti, giusti, di quel carnale letamaio che arrugginisce le membra delle anime turgide, bianchissime, candide.

E v’è paura nel suo sguardo finale?

Sì, perché the departed, spaccato fra bene e male, ricomincerà specchiante. Schieramenti fra indiani buoni, o di ambiguità elusiva a una realtà malfamata, affamatissima, impazzita alla Shutter Island per un’arca oramai perduta, l’estinzione di sé nel caos del proprio cogitare, di quel Rat Pack che sognò di girare, intitolandolo Dino, con Tom Hanks nei panni appunto di Dean Martin, Jim Carrey/Jerry Lewis e John Travolta in Sinatra… Sinatra, la voce spezzata d’una vita immane, grandiosa quanto diabolica su mille vagabondi, “mafiosi” occhi blu.

Uno dei suoi tanti progetti in favore e contro l’American Dream.

Il resto è Storia. Proiezioni nel futuro.

Siamo tutti king of comedy.

In cerca sempre del domani (in)certo, sbandiamo, sogniamo.

 

“Intervista col vampiro”, recensione

Che cazzo vuoi?

Che cazzo vuoi?

Ove la mia anima s’abbevera di estasi, il sangue virginale s’incenerisce nella cenere del Tempo, e non v’è pace nel giammai arrestare il piacere

Prego, si accomodi. Come mi trova? Come un francese bacio alla bocca dal solletico accentato in una plein forme? Di grand class, perdoni solo la rochezza della mia gola, ancora assetata, le narrerò le prodi gesta del qui presente-assente, sempre altrove, dark incarnato in (ri)nascita svenevole della perennità, cioè val a registrar un (suo, grazie) Louis de Pointe du Lac, ultimo dei maledetti, d’una stirpe oggi estinta dal chiasso “moderno” e dalle sdolcinate passioni d’una borghesia malevola.
Bene, appunti sul suo taccuino “digitale” ogni puntiglioso “scagliar” la mia forbita lingua nelle forbici avvolgenti di tal recherche aspirante, oda come già scandirò eterno la sete d’una gola secca che da molto non scopa, neanche a terra. Sa, son un lupo pigro, sebbene preferisca il vampire al wolfman… ah, i licantropi soffron del problema a me “invertito”, la dualità della metamorfosi falsa, troppo irosa e in tal doppiezza ambigua si fottono di vizi capricciosi e mai davver (l)ambiti. Invece noi, baciati dai diabolici angeli, ci tempriamo nelle notti senza fine, affilando i denti con “arguzia” e ozio scevro d’ogni complesso di colpa. La nostra missione, Dio non me ne voglia, ché tradirlo è stato un patto luciferino con la follia più ribalda, ah povero Faust… quanto gli siam debitori, è infil(z)arci nel plenilunio ardente e cuocer a puntino le bambine coi canini. Anch’io non son esente da tal morso… ma v’è, come l’evocai, una sottile differenza fra noi non morti e i lupi (dis)umani. Noi brandiam alla fonte più pura del peccare nello sverginare i colli eburnei d’ogni razza più limpida su sgolare le fami dello spellarle con acume e sbriciolante godimento edonista insuperabile. Noi siamo gli untori a tinger di macchie indelebili le donne nel profumarle del nostro sanguinario odore libero dai vostri sudori perniciosi, pestilenziali, ammorbanti e impertinenti!
Noto che anche lei s’è adattato, signor… mi ricordi pure il nome, ah sì, scusi… Daniel Malloy. Mi permetta anche d’ironizzare alla base dello stuzzicarla un po’ di mia sensualità perfin, finissima, omosessuale e ferocemente provocante… Mallot fa rima non baciata con mandibola e pen slogato nella penna stilografica dentro il sistema delle scartoffie prostituenti e delle brutte anatraccole a chinarle in succhiarglielo a mo’ di far soggiogate e lei, arrabbiato, se per leccar loro troppo piacevole, senziente quelle fighe vendute nel crepitio della sua slogatura? Ah ah! Andiamo avanti, cioè (di)dietro… ché il Tempo è un’astrazione e a me piace distrarla con tal “toccarla” e ricordarle che non tutto il mal vien per nuocere alle ginocchia…
Bene, le posso offrire innanzitutto una sigaretta? Son confezionate con prestigioso levigarlo sulle cosce delle nere di New Orleans quando il voodoo permea i loro plurimi e multipli orgasmi di savie iniezioni aromatiche come il vento ustionante delle selvagge vagine in calore durante le stagioni dell’amore sconfinato e più d’umidità, a luci rosse, lacrimante. Sì, se son ros(s)e (s)fioriranno. Io le foro quando è nero il colore… su bianca pelle nel sangue lor rubar ancora. Altro che collari. Basta che si curino con la penicillina. Io tolgo la pelliccia, regalo il liscio.
Aspiri il suo nervosismo, non abbia paura. Sono un vampiro, non un cannibale. Non tremi. Ora, alzo il termosifone. In quest’umile dimora fa molto freddo. Non ho pagato la bolletta e il riscaldamento è quindi poco autonomo. Più che bollente-algido, son al verde di fis(i)co. Oltre ad avermi segregato in questa tana più “triste” di quella del vero e unico Dracula, m’han costretto al patire… ma io non mi redimerò in Chiesa. Mi tartassano questi riscossori delle tasse ma io son un tasso e me lo sbatto. Quindi, per cagione di tali vigliacchi impostori, fumi affinché il bruciore della sua angoscia si allievi in abbrustolirla nel fiammeggiare con me dentro i recessi remoti di quest’anfratto gelante.
Di vite ne ho avute e superate tante. Un Tempo, fui proprietario terriero ma persi tutto. Volontà divina d’una fottuta (s)figa. Mia moglie e suo figlio… mi bruciarono fra tali pareti infernali di quest’approdo reumatico…
Poi, come il nostro Faust goethiano, incrociai un matto, Lestat. Un farabutto che più filibustiere non si poteva. E mi “spos(s)ò”, illudendomi che avrebbe alleggerito la pena della mia dolorosissima, incolmabile perdita. Donandomi l’effimero (mi)raggio della non vita. Con la sola clausola che la luce solare un po’ sarebbe stata a me “ottenebrante”.
Poi fu la volta di Claudia. Rovinata anche lei da questo sciagurato demonio con le “sembianze” di Tom Cruise nel suo ruolo peggiore. Anne Rice non lo voleva per la parte, spesso è la produzione a renderci (im)mortali. Tom Cruise è sempre stato un bastardo fortunato, secondo me non vale un cazzo. Meglio il fascino effeminato d’un macho alla Brad Pitt. Non crede? Oggi, ho cinquant’anni e, per via della mia romantica maledizione, ancora “vengo” più coccolato dalle femmine. Questione di “durare” e di carisma più bravo a scegliere i ruoli e la faccia giusta.
Signor Slater, che film ha girato ultimamente? Fra noi, esperti delle tempeste temporali, umorali e ormonali, possiamo dircela. A parte quell’avventurella con Sharon Stone, fra l’altro mai acclarata e per di più una Sharon già molto “provata”, lei è allo stremo della sua carriera sfibrata. Il bulbo non è quello d’una volta, sa? E neanche peloso in mezzo. Ah ah!
Non la salverà von Trier con le sue ninfomani. Mi dia retta. Si segga e si tenga la sua vitarella… annoti le mie peripezie di notti insonni e non strette da suo solit(ari)o “caffè” ristretto.
Ah, i distributori automatici degli ufficetti. Uff, “che palle”.
Perché la sonnolenza è (a)tipica dei vampiri e di questo strano Neil Jordan. Ah ah!
Invero, inutile ricamarci. Questa mia interpretazione fu molto sopravvalutata all’epoca.
Come del resto Banderas. A lei pare credibile uno spagnolo da Melanie Griffith in cena orgiastica su capelli lunghi e cera su una bionda da svastica? No, infatti è una stronzata e basta.
Finiamola qua.
Ora, accenda il lettore Dvd. Inserisca un cazzo di film horror davvero metafisico e non questo pastrocchio “mio”. Nel 1994, battemmo alla grande il Frankenstein di Branagh.
Detta fra noi, non sparga la voce in giro…, oh, io ancora ci campo con questa Interview…, De Niro è un monstre. Io sono “sacro” grazie solo a quella puttana di Angelina Jolie. Se non fosse stato per tale “attivista” da Biafra, ah, infatti sta dimagrendo a vista d’occhio, oggi girerei forever love cretini e mai più Vento di passioni da dar in pasto alle teenager dissanguanti. Sia lodato Tarantino. Sempre.
Ha qualcosa da ridire?

(Stefano Falotico)

 

Ha finito di rompere i coglioni?

Ha finito di rompere i coglioni?

Eh sì.

Eh sì.

 

 

Stefano Falotico intervista Federico Frusciante in merito a Martin Scorsese

Che cazzo facciamo? Le cenine?

Che cazzo facciamo?
Le cenine?

 

1) Martin Scorsese. Quale dei film dei suoi ultimi anni hai apprezzato di più e su quali/e hai delle riserve?

Degli ultimi 15 anni, direi… Al di là della vita, Shutter Island, Hugo Cabret. Qualche riserva per The Aviator.

2) Da anni Scorsese sogna di girare Silence, un film religioso ambientato nel Giappone medioevale del diciassettesimo secolo. Probabilmente, riuscirà a concretizzare il suo sogno la prossima Estate. Che tipo di opera ti augureresti? Come L’ultima tentazione? Provocatoria?

Spero che valga anche solo la metà del capolavoro da te citato… ma con Scorsese butta sempre bene.

3) Da anni, si parla anche di un grande progetto biopic su Sinatra. Lo sapevi che anni fa, a poco dal primo ciak, saltò in aria il film Dino, biografia invece su Dean Martin col cast già assoldato e pronto? Tom Hanks/Martin, Travolta/Sinatra, Jim Carrey/Jerry Lewis. Ti sarebbe piaciuto vedere questo film che, invece, mai vedremo?

Scorsese per me vale sempre la pena e ogni suo progetto non andato in porto è un male per il Cinema.

4) Nella parte del Butcher, doveva esserci De Niro. Ma si ritirò all’ultimo per problemi legali con la ex moglie, che poi ha sposato di nuovo. Come avresti visto Bob al posto di Daniel Day-Lewis?

Male. DDL è un attore perfetto per la parte, De Niro avrebbe avuto la solita faccia inutile degli ultimi 10 anni.

5) Per finire proprio con De Niro. Dopo Silence, Scorsese ha finalmente dichiarato che girerà The Irishman. De Niro nei panni di Frank Sheeran, a quanto pare uno dei mandanti dell’omicidio Kennedy e di Jimmy Hoffa, che sarà Pacino. Credi che, per l’ultima collaborazione, Scorsese e De Niro ci regaleranno la coppia d’oro che fu o, appunto, De Niro è oramai “rincoglionito?”.

De Niro non è rincoglionito, è senza stimoli secondo me. Fa di tutto, quando dovrebbe accettare ruoli più interessanti ed evitare merda, ma quest’ultimo progetto sembra ben promettere.

 

Stefano Falotico intervista Federico Frusciante in merito a Stanley Kubrick

 

Scrivendo, impazzendo, interrogando da demiurghi

Scrivendo, impazzendo, interrogando da demiurghi

 

1) Il tuo film preferito? Non rispondermi “Sono tutti capolavori”. Ti chiedo quello del Cuore.

2001 e Stranamore li adoro fino alla follia.

Shining

2) In Arancia… non assistiamo alla scena dello stupro così come in Shining il sangue è davvero poco rispetto a quello che (non) potevamo aspettarci, ma il terrore nasce dall’inconscio. Dalla “Cura Ludovico” di Stanley che ci apre gli occhi, eyes wide shut. Concordi? Quali aggettivi ti saltan in mente (dimmene tre senza pensarci troppo) appena evochi la nomea dell’immenso Kubrick?

Precisione, freddezza. Come sostantivo: forza.

Shining 2

3) Secondo me, il “peggior” film di Kubrick è Full Metal Jacket e non Spartacus. Non ti spiego perché, anzi sì. Full è “calcolato”, Spartacus è parzialmente “sbagliato”. Quindi, fra i due (im)perfetti, opto per quello che sbaglia di più, di meno. Tu quale metti in “ultima” posizione, se dovessi fare una classifica (im)possibile?

Eyes Wide Shut

4) Bando alle ciance. Credo che Cronenberg si creda migliore di Kubrick. Non l’ammetterà mai ma è così, secondo me. Secondo te, invece?

Credo che Cronenberg si ritenga migliore come regista horror e non posso che dargli ragione , ma Shining rimane un capolavoro.

5) Secondo me, Jack “Torrance” Nicholson è già pazzo prima di “diventarlo”.
La tua “visione”, o versione, invece?

Questa è una delle cose tra virgolette criticabili del filmone di Kubrick, ovvero il fatto che non esista cambiamento nel personaggio di Jack che è già folle sin dalle prime inquadrature. Ma lui è sempre stato lì per Kubrick, no?

 

SHINING

 

 

“Grudge Match” Premiere, De Niro & Stallone

De Niro perché porta il cappello? Perché, attualmente, è pelato per esigenze di copione.
Sta infatti interpretando la parte di Ray Arcel in Hands of Stone, questa volta nei panni di tal allenatore storico.
Vedi, alle volte? E la Basinger è un maschiaccio.

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“Caccia spietata”, recensione

Ti ho trovato

Ti ho trovato

 

Never turn your back on the past


Uno slogan a promuovere un intero grande film incompreso. D’una “banalità” stupefacente eppure non c’è altro da aggiungere. Funziona diretto e secco come questa regia di David Von Ancken.
Presentato al Toronto Film Festival, inspiegabilmente mal distribuito qui da noi, è un’opera di tale eccentricità “balorda” da far sì che io, eletta stramberia incarnata nell’impersonare tal “vizio”, non potessi sfuggire al suo fascino “roccioso”, grezzo e tanto altamente sofisticato, di scuola pregiata e sottilissima, per l’eternità esser invaghito sobriamente di esso. Incatenato!
Diretto con maestria “spaventevole” per bravura tecnica, tempi perfetti su sincronizzati due volti “intagliati” nella pietra dei duri, Neeson e Brosnan, è un film costruito sul “nulla”. Una storia proprio di vendetta dalla trama tanto semplice da toccar livelli d’un parossismo acuminato in bellissimo frangermi dentro le sfumate increspature color crepuscolare del Cinema rovente, denso, forse oggi scalfito dalle “modernità” plastificanti. Appiattenti anche laddove basterebbe, come in questo splendido caso, solo “girare” e fluttuare liquidi di frame tra i falchi delle montagne. Dando fiato al “coraggio” della celluloide, impressionando i fotogrammi nelle immagini di paesaggi mozzafiato inquadrati con scaldanti filtri a bruciarci l’anima d’emozione fervida.

La vendetta arriva per chi sa aspettare…

Anche in questa tagline, nulla di nuovo sotto il Sole. Solita “sciocchezza” della revenge da servi fredda, nella calma diabolica. Invece, i raggi solari schiamazzano tensivi in lune d’enorme attrazione ipnotica, suadenti a elevar sonanti nostre liriche da licantropi agguerriti.
Sì, il regista, un “uomo venuto dal nulla”, ci regala il John Hillcoat che abbiamo sempre sognato e che forse mai sarà. Un western poetico come pochi, ma davvero profumato di ruggine e pura road… centrifugata nella “clessidra” della rabbia, di entrambi i contendenti a contundersi, consuma(n)ti a lubrificarsi un po’ di armonia e poi, di scatto, a fuggire, inseguire o essere inseguiti, più che dall’ombra del nemico, dal tormento metafisico. Dal demone del passato tornante, “orrendo”, a squamarti dentro, a farti urlar di gelo e paura nelle notti scure delle foreste in cui ti rifugi nell’estemporanea requie. Illusoria, come il canto “sirenesco” dei wolf, come un rocker triste che piange e ride nel virtuoso suo “catarro” su chitarra bluastra d’illividita limpidezza sgolante, inferocita in rugiade mansuete, linde e dolorose. Dell’esistenzialismo oltre le regioni confinanti dell’anima stanca. Qui, si combatte, le palpebre si stan chiudendo ma si apron d’incanto. E si feriscono. Le gambe crollano e vien scandita la battaglia che, anche se arranca per la bandiera bianca del predato già quasi abbrancato, si risveglia sempre incazzata e brada. Anime selvatiche.
Siamo nelle dirupi di Ruby Mountains, i lupi ululano, i cuori duellano e i coltelli sposano i fucili di arsioni all’amore, rubato, inganna(n)ti “per la pelle” a scannarsi per “stupidi” orgogli da uomini.
Siamo in “zona” guerra civile. Un sudista ce l’ha con un nordista. E, sino alla fine, non capiremo perché. Solo qualche “illuminante”, non tanto, flashback, qualche apparizione tra urla e fiamme.
Non voglio svelarvi chi (non) vincerà in questa fascinosissima sfida.
So solo che la fotografia, immortale, stupenda, è del grande John Toll. Direttamente dal suo amico Malick.
E il cameo di Anjelica Huston dice tutto.
Due interpretazioni titaniche su cui la spunta Brosnan “per un pelo”, nella sua prova migliore di sempre. Ma Neeson rivaleggia comunque di Liam chiaro come un miraggio sorseggiato nel deserto arido e fresco. Un Liam tosto, sgorgante.
Il titolo originale, poi, Seraphim Falls, oh mie cascate, vale già il prezzo forte.
Ora, stacca il biglietto e bacia il devil.
Qui c’è poesia, ragazzi. Cazzo.

(Stefano Falotico)

 

Seraphim Falls

 
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