I due Papi, recensione

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Oggi, recensiamo per voi I due Papi (The Two Popes) diretto da Fernando Meirelles (The Constant GardernerCity of God), regista di abile e furbo mestiere, sapido allestitore di film spesso profondamente intrisi di magica trascendenza e spirituale metafisica.

Cineasta dunque quanto mai adatto ad adattare per il grande schermo l’opera teatrale del 2017, intitolata The Pope, sceneggiata da Anthony McCarten, plurinominato agli Oscar e specializzatosi oramai in lievi agiografiche di natura, potremmo dire, ecumenica e forse superficialmente buonista come dimostrano infatti i suoi forse sopravvalutati ed esageratamente incensati script de La teoria del tutto e di Bohemian Rhapsody.

Difatti, ne I due Papi (disponibile su Netflix da venerdì 21 Dicembre), si narra, romanzandola e fantasticandola probabilmente non poco, della vicenda riguardante l’amicale e affascinante rapporto privato fra Jorge Bergoglio/Papa Francesco (Jonathan Pryce) e Joseph Ratzinger/Papa Benedetto XVI (Anthony Hopkins), avvenuto fortuitamente in virtù di un cabalistico, imperscrutabile e forse propizio destino, dopo la morte, nel 2005, di Papa Giovanni Paolo II.

Dapprima, come sappiamo, fu eletto al papato Ratzinger che superò, nelle votazioni per ascendere al ruolo di pontefice, proprio Bergoglio. Al che Bergoglio, nel 2012, chiese un incontro a Ratzinger per parlargli personalmente, esponendogli inoltre, anzi soprattutto, la sua decisa intenzione di dimettersi.

Ratzinger, malgrado le pressanti e insistite richieste di Bergoglio, oppose ferma opposizione, rifiutandole in tronco.

Cosicché nel film assistiamo a un confronto-scontro teologico e intimo fra due personalità inizialmente agli antipodi. Incarnate rispettivamente dal tedesco Ratzinger e dalla sua apparente nemesi, Bergoglio. Il primo è ultraconservatore, aderente ferreamente alle più dogmatiche, assolutistiche e meno permissive regole della diocesi cristiana, mentre il secondo è figlio di una cultura liberale, peraltro accresciutasi nel tempo in seguito a un personale dramma occorsogli che lo maturò e segnò indelebilmente nel suo animo. Sin a condurlo a un processo di rinnovamento interiore e a un drastico cambiamento in aperto e controverso contrasto con molti precetti probabilmente antiquati della cristianità stessa. Ecco allora che I due Papi fornisce l’opportunità ai suoi due strepitosi, magistrali e impareggiabili protagonisti, Pryce e Hopkins, illuminati dalla grazia (è il caso di dirlo), di giganteggiare in una sfida recitativa straordinaria. Il film, difatti, sebbene emozionante e indubbiamente coinvolgente esattamente sul piano emotivo, se fosse stato spogliato delle loro superbe, estasianti, impeccabilmente perfette interpretazioni portentose e potenti, sublimi e squisitamente deliziose, giocate prevalentemente sui loro sguardi penetranti, sul dialettico loro rimpallarsi battute taglienti e provocanti, raffinate e sferzanti, non sarebbe certamente eccezionale. Poiché Fernando Meirelles, nonostante dimostri una collaudata professionalità, non di rado si lascia prendere la mano con alcuni siparietti estetizzanti da fiction televisiva.

Ma proprio grazie al tocco delicato dei suoi due trascinanti interpreti, a dispetto di un impianto troppo laudativo le vite da “santi” di Bergoglio e Ratzinger, I due papi colpisce sensibilmente al cuore.

di Stefano Falotico

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