Il rapimento di Arabella – TRAILER
Un film scritto e diretto da Carolina Cavalli, Con Benedetta Porcaroli, Lucrezia Guglielmino, Chris Pine, Marco Bonadei ed Eva Robin’s. Holly, 28 anni, ha sempre pensato di essere la versione sbagliata di sé stessa e che la sua vita non sia andata nel modo giusto. Quando incontra una bambina di nome Arabella, si convince di aver trovato sé stessa da piccola. Decisa a scappare di casa, la bambina nasconde la sua identità e asseconda il desiderio di Holly: tornare indietro e diventare qualcuno di speciale. 

WAYWARD (Ribelli) – Recensione

Nell’entroterra all’apparenza pacifico del verdeggiante e pacato Vermont, s’annidano e velenosamente ramificano orrifici misteri tetri nati in seno a una comunità scolastica ove le psicologiche tecniche terapeutiche stanno sconfinando nel paranormale e macabro, affondando le proprie mefitiche radici nelle fosche notti dei sotterfugi esotericamente funebri…
Oggi recensiamo la magnetica e seducente miniserie tv Wayward, da noi sottotitolata Ribelli, distribuita su Netflix a partire dallo scorso 25 settembre e ai più, ahinoi, passata, se non inosservata, perlomeno non molto apprezzata da gran parte dell’intellighenzia critica che, stavolta, invece ci trova in totale disaccordo. In quanto, a dispetto di molti pareri sfavorevoli riscontrati, ci ha notevolmente intrattenuto e sovente addirittura ipnotizzato. Inchiodandoci al piccolo schermo dalla prima all’ultimissima puntata.
Creata, scritta e perfino interpretata in un ruolo principale che, nel prosieguo della nostra disamina, meglio specificheremo nei dettagli, dal giovane, polivalente e talentuoso Mae Martin, Wayward consta di otto episodi che scorrono speditamente della durata cadauno di circa 45’ netti, adrenalinici e bellamente affastellatici, intarsiati con soave gusto estetico nella messinscena che spazia variegatamente da attimi di puro terrore instillatoci con tocchi di suspense mozzafiato ad atmosfere crepuscolari intrise di lirica e lieve melanconia potente, a loro volta intersecate e diluite con garbo a momenti truculenti, sanguinolenti e pregni, perfino debordanti, di horror purissimo, avvicinabile, e non esageriamo col paragone, a prima vista azzardato, con alcune mastodontiche e indimenticabili pellicole thrilling ed horror di John Carpenter. Peraltro, non crediamo affatto sia un caso, Wayward assomigli tanto, non sol nella dicitura, bensì nelle ambientazioni e nei temi di fondo a base di trasgressiva ribellione adolescenziale e psicologica esplorazione del disagio misto a luoghi lugubri, all’ultimo opus, probabilmente e col senno di poi, un po’ sottovalutato del maestro poc’anzi citatovi, ovvero The Ward. Premessovi ciò, nelle righe immediatamente sottostanti fedelmente vi riporteremo, traendovela di semplice estratto, la concisa ma pertinente sinossi di IMDb. Che poi, con parole nostre, espanderemo nel fornirvi più esaustive delucidazioni e chiarimenti senza però incorrere in spoiler sgraditi: Una città bucolica ma sinistra esplora le insidiose complessità della travagliata industria degli adolescenti e l’eterna lotta della prossima generazione.
La città, per meglio dire, cittadina apparentemente ridente, florida ed immaginaria in questione si chiama Tall Pines. Ove la gente vive tranquilla, almeno così par a prima vista. Essendo libera dalla criminalità per cui i poliziotti stessi s’imbarazzano quando odono esser appellati e denominati con l’espressione impropria di forze dell’ordine. Tralasciando qualche inevitabile litigio e alcune “marachelle” e/o veniali bravate che dir si voglia, infatti, la polizia ha ben poco d’occuparsi in quel di Tall Pines, datone l’ambiente sonnacchioso e fin troppo monotono. Ai bordi di tal ameno borgo pittoresco, tra i suoi folti boschi, staziona una scuola speciale, retta dalla signora Evelyn Wade (Toni Collette, Giurato numero due). Donna dall’identità ambigua, è infatti arcigna, filantropa, strana, sinceramente affettuosa nei confronti dei suoi allievi o biecamente celante orridi scheletri nell’armadio sotto le mentite spoglie d’una pia signora insospettabile? Evelyn è autrice di un vademecum letterario molto influente, la tutrice, potremmo dire, e “curatrice” di tal Accademia, per dirla in americano, school/Academy molto sui generis ove i genitori spediscono gli studenti figli da lor considerati indisciplinati, problematici, in parole povere, non adatti alle normali istituzioni pubbliche. Affinché, in un posto più consono e maggiormente accogliente le lor richieste di teenager “spostati”, per esser eufemistici e leggermente edulcorati, possano esser (ri)educati attraverso trattamenti, in ogni senso, in linea e accor(d)ati con le loro differenti sensibilità emotive. Una confortevole e confortante struttura ove ognuno vien rispettato secondo un livello paritario, condividendo una vita comunitaria assieme agli altri, senz’essere giudicato e punito secondo rigidi parametri “standard” legati a mentalità sorpassate e può dunque serenamente istruirsi, socializzare e crescere, non soltanto culturalmente, secondo le proprie tormentose eppur umanamente adolescenziali caratteristiche “difficili”.
Nell’incipit, vorticoso e fulminante di Wayward, assistiamo all’affannosa e pericolosa fuga, di gran corsa notturna a perdifiato e di lisergiche immagini mozzafiato, perdonateci per il gioco di parole un po’ cacofonico, d’un ferito ragazzo braccato e inseguito da qualcuno o da qualcosa… Verremo a sapere che il suo nome è, anzi fu, Riley (Gage Munroe). Quindi, con una rapida serpentina visiva e un repentino spostamento geografico, la vicenda immantinente si concentra temporaneamente a Toronto su due ragazze, ovverosia la bionda e sbandata, scolasticamente svogliata Leila (un’eccellente Alyvia Alyn Lind), ancor traumatizzata dalla morte tragica della sorella, in “combutta” con la sua miglior amica del cuore, l’asiatica coetanea Abbie (Sydney Topliffe), sua compagna di classe, figlia d’un padre padrone, Brian (Byron Mann) dalla severità micidiale. Infermabile com’è oscenamente a sorvegliarla e redarguirla continuamente in modo intransigente e burbero oltre l’immaginabile e il disumano intollerabile. Tutt’e due finiranno, per motivazioni tanto analoghe quanto diverse, a Tall Pines. In parallelo, vediamo la “strana coppia”, anagraficamente assai distante, formata da Alex Dempsey (Martin) & dalla milf Laura Redman (Sarah Gadon, Ferrari, True Detective 3), in macchina e in prossimità di nientepopodimeno che Tall Pines. Prima, Alex e Laura convissero nella per loro troppo caotica e trafficata Detroit. Nella serena Tall Pines, risiederanno d’ora in poi, chissà se meno disturbati rispetto a prima per colpa non sol delle maldicenze della gente, in una comoda villetta rilevata da Laura in cui potranno, lontani dal chiasso e dalla baraonda metropolitana, godersi in santa pace la lor “chiacchierata” unione sentimentale. Laura aspetta un figlio da Alex e Alex, appena arrivato a Tall Pines, prende servizio come recluta poliziotto nella stazione del posto, affiancato da Dwayne Andrews (Brandon Jay McLaren), ex amico della stessa Laura. Qualcosa di losco ed oscuro sta nel frattempo segretamente accadendo o forse già nefandamente accadde e ancor sinistramente accadrà. Ne va posta fine quanto prima in modo radicale per estirparne il crescente male atavico. Che cosa sta succedendo, cosa succederà e come il tutto a finire andrà in tal conturbante e avvincente mystery thriller con venature e tonalità, non solamente fotografico ambientali, raffrontabili, seppur con le dovute differenze qualitative, a Twin Peaks? Cos’è e cosa esattamente rappresenta il cosiddetto “salto” di cui si fa perenne menzione? Veramente è la fulgente, battesimale fonte salvifica beatamente miracolosa dell’agognata rinascenza dopo una sterminata afflizione lacrimosa?
Cosa funziona in Wayward
Parte in quinta e poi rallenta bruscamente il ritmo, ammortizza la tensione ed entra in modalità volutamente en souplesse, metaforicamente parlando, per presentarci con calma i vari personaggi, delineatici con cautela, vividamente e improvvisamente quindi entra nel vivo della storia, divampando emozionalmente, per noi spettatori, episodio dopo episodio. Toccando soprattutto il suo culmine nel prefinale rivelatorio. Giostrandosi in maniera magistrale, ribadiamo, fra squarci fiammeggianti mixati a momenti onirici e poetici, amalgamati e intervallati garbatamente e in modo bilanciato a frangenti prettamente paurosi, financo raccapriccianti Magmatiche aleggiano profondamente sulfuree le ombre derivative e chiaramente imitative, da intendersi nel senso migliore, del magico Cinema carpenteriano e lynchiano in tal originale serie tv ragguardevole. Toni Collette, il cui personaggio simboleggia l’emblematica incarnazione del “seme” della discordia, ancor una volta, dimostra il suo valore d’attrice, dominando la scena a ogni minima apparizione e la sua spettrale, al contempo ipnotica Evelyn, in virtù della sua sempre più indiscussa bravura e dell’infusale propria capacità recitativa ricolma di sottilissime sfumature espressive, emana inquietudine a pelle in ogni inquadratura. Impressionante l’esponenziale crescita artistica di Collette nell’ultima decade, cioè va robustamente ravvisato ed evidenziato a “lettere cubitali”. Nella compagine, si fa notare John Daniel nei panni dell’ipersensibile e buono di cuore Rory.

Cosa non funziona in Wayward
Gli episodi centrali, secondo il nostro umile ma obiettivo parere, sono i più deboli, non sol narrativamente intendendo. In quanto le lor micro-trame all’interno dell’intero puzzle conclusivo son irrilevanti e dispersive. Inoltre, Wayward ha qualche cedimento strutturale per colpa di molte incongruenze e buchi di sceneggiatura che andavano rivisti e a cui bisognava prestar più accortezza. Le belle, varie regie però ben si coagulano fra loro, assumendo unitaria compattezza di stile e dunque Wayward, malgrado le sue evidenti pecche e visibili momenti di noia, non ne risente sostanzialmente in termini d’intrattenimento, brillantezza e lampante originalità cristallina, seppur rimarchiamo, derivativa.
Wayward è una serie da vedere a ogni costo, assolutamente imperdibile, per noi, trascurandone le perdonabili difettosità dettevi, pienamente promuovibile, anzi a pieni voti già promossa. Presto da rivedere ma il nostro ottimo giudizio non rivedremo… Siamo del tutto, infatti, certi del suo valore.
di Stefano Falotico
La sorprendente, inaspettata e terrificante morte di DIANE KEATON sconvolse tutti, non soltanto Woody Allen! R.I.P!

From DEADLINE:
Diane Keaton, the actress known for roles in Annie Hall and The Godfather, died October 11 in Los Angeles. She was 79.
The Oscar winner’s family revealed that she died in California, but no other details have yet been revealed. Keaton’s death was first reported by People.
Born Diane Hall on Jan. 5, 1946 in Los Angeles, Keaton moved to New York to pursue an entertainment career, studying acting at the Neighborhood Playhouse and making her Broadway debut as an understudy in Hair. Keaton went on to star in Woody Allen’s production of Play It Again, Sam in 1969, earning a Tony nomination for Best Featured Actress in a Play. Allen later cast her in her Oscar-winning role in Annie Hall (1977), also working together over the years in Manhattan (1979), Radio Days (1987) and Hollywood Mavericks (1990).

Following her onscreen debut in Lovers and Other Strangers (1970), Keaton made her breakout performance in Francis Ford Coppola’s The Godfather (1972), reprising the role in The Godfather Part II (1974) and The Godfather Part III (1993). Keaton was also known for her performances in such films as Looking for Mr. Goodbar (1977), Crimes of the Heart (1986), Baby Boom (1987), Father of the Bride (1991), The First Wives Club (1996), Marvin’s Room (1996), Something’s Gotta Give (2003), The Family Stone (2005), Book Club (2018) and Mack & Rita (2022).














