Omaggio Oscar 2014 – La grande bellezza della mia città, purtroppo…, vista dall’alto in basso, e la trivellazione da speleologo della mia anima con topografia alla mia grandezza

Ammiriamo, delusi

Ammiriamo, delusi

di Stefano Falotico

L’eternità è un incommensurabile attimo di lucida vanità

In questo 2 Marzo domenicale, m’accingo a riflettere, saggio e monumentale, sulla mia esistenza…

Mi son svegliato di cattivo umore, forse cagionato dalla digestione turbolenta mal metabolizzata d’un sabato burrascoso, nel quale ho strisciato da solito inguaribile pagliaccio. Ma del mio clown vado fiero, ed è gastrica, sempiterna, ribollente vivacità che mi rincuora… l’assaporare la freschezza del mio sorriso turbante, spesso accigliato, grottesco, arguto a cornice di mie smorfie decadenti, offerte in sacrificio per voi ché, lustrandomi giocondamente fra l’assalente, imbattibile noia che vi domina e da cui rifuggite, orrendamente impauriti, dietro risa di putrida ordinanza, rafforza invero la mia libera, imprendibile anima addolorata, così lontana dalla buona società ruffiana, ah ah, la mia anima temuta, sorvegliata, oh sì, sorvegliata a vista dalle vostre stesse ipocrisie e dal rinnegarvi in dolci raggiri, tanto illusi d’esser felici e contenti, ma solamente, intimamente più soli.

Al sistema becero e qualunquista (as)soldati in maniche finto eleganti da brillanti manichini di bel garbo…

Invece io, sgarbatamente, un po’ cosciente Pinocchio, un po’ Jep Gambardella, un po’ fabbricante di emozioni contro i vostri impietriti visi da adulti legnosi e delusi come un rimbambito Geppetto, svierò sempre on the road del mio cuore, sbandandovi allegramente perché son l’incarnazione gioiosa, spericolata e iridescente, mai a domarmi nell’emozionalità viva e pulsante, scevra da tutti i freni e dal vostro patetico frignare ingannevole, nel godere illimitatamente e d’infinità mai schiava dei vostri obblighi da viventi subalterni, dunque da morti dementi, immolato a totale, disarmante anima eterna. Anche soffrendola pericolosamente.

Così, abbacchiato da tanto non stupirmi più oramai delle vostre accidiose carnalità laide da bravi umani, ah ah che imbellettati animali, posso permettermi il lusso di punzecchiarvi e, con grazia, suprema maestria, spirito giovanissimo e ribaldo, in quanto virtuoso io immortale, perfino ferirmi dentro a detonazione fiammeggiante, sull’affamato addentar spietato la mia vita ancora oscillante, opaca ieri e domani luminescente, in remissione dei vostri peccati consapevoli. Eppur, mentendo a voi stessi, tumefatti dalle castiganti inibizioni soffocanti, che voi stessi v’infliggete d’ora in ore e orge morenti in (s)gelate pose, perpetraste l’angariarmi inusitato ma otteneste da me soltanto altro riso sfacciato a sbugiardare, di mio corrosivo, sfrontato blandirvi e morbidamente accarezzarvi, i vostri festeggiamenti ilari. In verità, vi dico…, in fondo in fondo solo oscenamente inguardabili, tristi e amari.

No, in verità non vi amate.

Così, pensando a ciò, appena il canto del gallo in tal alba di domenica scoccò, destandomi ancora di tutto mio cuor, sebben proprio, dalle vostre inedie pseudo effervescenti, amareggiato un po’, su strascichi del baccano d’(i)eri già in nuovo stamane, brindai di prim’appunto mattina con dello schiumoso champagne. Dunque, miei cari uomini…, mi cucinai pancetta e uovo… sodo. Rendendomi, così bagnato di liquore, a voi inauditamente odioso. Lo so… e me ne vanto, sbellicandomene… da pellicano.

Quindi, afferrai il volante della mia macchina, nel subbuglio del mio mai digerirvi, e perlustrai le vie, ancor appannate dai raggi leggeri di tal nebbiosa città di Bologna, dai sabati sera lussuriosi e dunque opachi, per esplorare… la città in ogni vicolo cieco, ad apertura della mia anima mai tramontante.

Bologna

Bologna è una città antica dai verdi fasti medievali. Ma ora, adattata al porcile di massa nazionale, a sua volta globalizzato di anali pasti mondiali, è decaduta nell’università che fu(ma) la (siga)retta più nelle anime bruciate.

Oggi è Domenica e stanotte, a Los Angeles, consegneranno gli Oscar.

Ma è presto per prepararmi a tal celeberrimo, annuale avvenimento. Ho tempo per tosarmi, osare e sfottere su mio pallore rosato.

Posso ancora per un po’ russare.

Girovagare prima di docciarmi, ché anch’io all’anal(e)vento dovrò, prima del calar… di tutto…, brindare!

Così, ho deciso… che oggi pomeriggio mi recherò in Piazza del Nettuno ove, da decadi oramai immemorabili, il rocker attempato di strada Beppe Maniglia, icona cittadina d’ogni ribelle, canterà a squarciagola con in mano la sua chitarrina.

Quindi, dopo essermene allietato, ammirerò  la basilica di San Petronio, seconda per enormità dell’atrio solo a quella di Roma, San Pietro appunto, e sarò imprigionato, vicino alla Standa, dalla sindrome di Stendhal, nel godere la bellezza delle miniature in bassorilievo, incise nella roccia da Jacopo della Quercia.

Sì, mentre voi, dopo aver lautamente pranzato, ancor ridendo sotto i baffi, forse da vostra suocera a cui avete rubato un altro mangiar a sbafo, mentre voi, sì, miei signori posati, stravaccati (s)comodi sul (di)vano, sul water…, ancora sarete presi da possenti dolori di stomaco a causa del marcio amaretto, io a casa tornerò.

E ancora, nel frattempo, mediterò. Mediterò sulla mia città e sui vostri fegati, miei fritti vili tanto coraggiosi così dalle frivole e golose fitte afflitti. Alla tenitrice del bordello avete pagato l’affitto?

Dai, continua a mangiar la frittella e non pensare, ché la figa in padella ti rende duro, ah ah, ma anche di denaro lordo… ohibò! Questa è Bologna!

Ché proprio non mi sopportate e mi ripudiate col vostro modo finto di fare… fare in senso anche sessuale, infatti vostra moglie finge. Tranne con me.

Mi fermerò a un bar e ordinerò un cremoso cornetto, alla faccia delle vostre nuziali torte… e dei cornuti!

Osservandomi così indaffarato, ah ah, un ragazzino sputerà nel piattino in cui mangio, perché mi vorrà rinfacciare che non vado bene a questo mondo pesante di pene…, e mi denuncerà solo perché gli appaio malinconico. Sì, gli provoco irritazione per colpa di quel che percepisce come tristezza.

Al che, prima di rincasare e potermi gustare… la notte degli Oscar, una foto, da me scattata nel pomeriggio, di “grazie” gli porgerò.

E cioè la Genesi della Porta Magna di Jacopo, che lui ha (detto per) inciso, anni e ani fa, a facciata di Bologna.

Questa città di tromboni e dottori Balanzoni da tutto fumo e troppo arrosto. Di tortellini e prosciuttare goliardie. Socmel… che gnocca!

E, bevendomelo in un boccone d’acqua piovana, essendo Bologna sempre umida, lo digerirò col suono onomatopeico del mio più “gentile” pet(t)o in suo pollo, gnam gnam.

Ah ah.

Io non m’inserisco… io fuori ve lo caccio!

 

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